Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 657 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 657 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ROMA il 27/08/1975
avverso l’ordinanza del 13/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13 giugno 2024 la Corte di appello di Roma ha rigettato la richiesta, presentata nell’interesse di NOME COGNOME volta al provvisoria sospensione dell’esecuzione della pena accessoria del ritiro, per un anno, della patente di guida, a lui irrogata con sentenza del 15 febbraio 2022.
Il giudice dell’esecuzione ha, in proposito, ritenuto – sulla premessa dell’emissione, nei confronti di COGNOME, di ordine di esecuzione contenente anche la pena inflittagli con la sentenza sopra indicata con contestuale sua sospensione (per essere la pena detentiva espianda inferiore al quadriennio) e della presentazione, da parte del condannato, di richiesta di ammissione a misure alternative alla detenzione, in atto pendente – la propria incompetenza a provvedere in merito all’istanza tendente alla provvisoria sospensione dell’esecuzione della pena accessoria del ritiro della patente di guida.
Ha, nondimeno, aggiunto che, ai sensi dell’art. 51-quater legge 26 luglio 1975, n. 354, spetta al Tribunale di sorveglianza, nell’eventualità dell’ammissione all’esecuzione della pena in forma alternativa, determinarsi, tenuto conto delle esigenze di reinserimento sociale del condannato, in ordine alla sospensione dell’esecuzione delle pene accessorie.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, del quale si darà atto, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Denuncia violazione di legge e vizio di motivazione sul rilievo che il giudice dell’esecuzione è pervenuto al rigetto dell’istanza senza considerare che l’esecuzione della pena accessoria del ritiro della patente di guida incide sulla possibilità di espiare la sanzione principale mediante affidamento in prova al servizio sociale, che postula lo svolgimento, da parte sua, di attività lavorativa, quale conducente di veicoli, che sarebbe inibito dalla transitoria inibizione alla guida.
Assume che, in forza del combinato disposto degli artt. 662 cod. proc. pen. e 51-quater legge 26 luglio 1975, n. 354, le pene accessorie possono essere eseguite solo dopo che sia scontata quella principale, laddove venga formulato, dalla competente magistratura di sorveglianza, un giudizio di incompatibilità, sicché, fino a quando ciò non accada, deve ritenersi sussistente una situazione di temporanea inefficacia dell’esecuzione di tali pene.
Tanto, aggiunge, in piena coerenza con il tenore dell’art. 47, comma 12, legge 26 luglio 1975, n. 354, che prevede che l’esito positivo dell’affidamento in
prova al servizio sociale determina l’estinzione, oltre che della pena detentiva, degli altri effetti penali, nel cui novero rientrano, ai sensi dell’art. 20 cod. pen. pene accessorie.
Osserva, con specifico riferimento alla fattispecie concreta, che l’imprescindibile necessità di essere abilitato alla conduzione di veicoli in funzione dell’affidamento in prova al servizio sociale e del conseguimento dei connessi obiettivi rieducativi rende assolutamente incompatibile l’esecuzione della pena accessoria con la misura alternativa richiesta, sì da giustificare l’intervento del giudice dell’esecuzione, cui l’art. 676 cod. proc. pen. assegna competenza anche in materia di pene accessorie e titolare di penetranti poteri di accertamento e di valutazione in funzione garantistica e di assicurazione della razionalità del sistema processuale, secondo quanto riconosciuto da un filone ermeneutico via via consolidatosi con l’avallo del massimo consesso nomofilattico.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
NOME COGNOME dovendo espiare la pena detentiva residua di tre anni e sette mesi di reclusione, è stato raggiunto da ordine di esecuzione per la carcerazione del quale il pubblico ministero ha, contestualmente, disposto la sospensione ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen..
Il condannato ha quindi presentato, nel termine di legge, richiesta volta ad essere ammesso a scontare la pena nella forma alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.
La questione sottoposta al vaglio della Corte di appello di Roma – e, oggi, della Corte di cassazione – attiene all’esecutività della sanzione accessoria del ritiro, per un anno, della patente di guida, disposta, ai sensi dell’art. 85 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con una delle sentenze con le quali è stata inflitta a COGNOME la pena della cui esecuzione si discute.
In proposito, l’art. 51-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, prevede, al comma 1, che «In caso di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, sono eseguite anche le pene accessorie, salvo che il giudice che ha concesso la misura, tenuto conto delle esigenze di reinserimento sociale del condannato, ne disponga la sospensione».
La menzionata disposizione, riferita all’ipotesi di positivo scrutinio della richiesta di ammissione a misura alternativa alla detenzione, va letta, con specifico riguardo all’affidamento in prova al servizio sociale, in combinazione con l’art. 47, comma 12, del medesimo testo normativo, novellato dall’art. 1, comma 7, legge 9 gennaio 2019, n. 3, che, nello stabilire che «L’esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale, ad eccezione delle pene accessorie perpetue», chiarisce, a contrario, che l’effetto estintivo si comunica al ritiro della patente, sanzione accessoria temporanea.
Se si considera, poi, che, per costante giurisprudenza, «In tema di pene accessorie, l’esecuzione può avvenire in qualsiasi momento successivo alla formazione del giudicato, potendo essere posticipata a quella della pena principale nel solo caso in cui risulti con essa incompatibile» (Sez. 1, n. 368:70 del 03/02/2023, COGNOME, Rv. 285281 – 01), è agevole arguire che la regolamentazione della materia ammette che, in costanza di sospensione della pena principale ed in pendenza di procedimento finalizzato all’ammissione a misura alternativa alla detenzione, la sanzione accessoria possa, come accaduto nel caso di specie, essere eseguita in forza di autonoma determinazione delle autorità competenti.
Il ricorrente lamenta, in proposito, che l’anticipata esecuzione della sanzione accessoria si riverbera sulla sua aspirazione ad espiare la pena principale in forma alternativa, che ne risulta irrimediabilmente pregiudicata, perché gli preclude, in concreto, lo svolgimento dell’attività lavorativa sulla quale è incentrato il percorso rieducativo che egli dovrebbe seguire in caso di ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale.
Invoca, pertanto, l’intervento del giudice dell’esecuzione, da attuarsi in virtù della generale competenza attribuitagli dall’art. 676 cod. proc. pen. ed al precipuo scopo di evitare che l’esecuzione della sanzione accessoria preceda quella della sanzione principale, dovendosi, al riguardo, ravvisare una franca incompatibilità tra la contingente inibizione alla guida e la misura alternativa sottoposta al vaglio del Tribunale di sorveglianza.
L’assenza, nell’art. 656 cod. proc. pen., di specifiche disposizioni sul punto e la conseguente preclusione ad un intervento del Tribunale di sorveglianza, diretto all’ampliamento dell’oggetto del provvedimento di sospensione adottato ai sensi del comma 5, espressamente circoscritto alla pena detentiva, imporrebbero, dunque, nell’ottica del ricorrente, il riconoscimento al giudice dell’esecuzione di un potere, in certa misura, sostitutivo, precipuamente finalizzato a salvaguardare le chances del condannato di essere ammesso alla misura alternativa alla detenzione.
5. Il ragionamento non persuade, perché trascura, da un canto, la finalità propria della sanzione accessoria del ritiro della patente di guida e, dall’altro, la possibilità di garantire – sulla base della pertinente disciplina, testé richiamata – adeguata tutela agli interessi del quale il condannato è portatore.
Sotto il primo profilo, è utile ricordare che la sanzione di cui si discute rientra nel novero di quelle penali, quantunque accessorie, anziché amministrative.
In questo senso militano, in primo luogo, sia la rubrica dell’art. 85 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, intestato, appunto, «pene accessorie», che il tenore letterale della disposizione, a mente della quale «Con la sentenza di condanna per uno dei fatti di cui agli articoli 73, 74, 79 e 82, il giudice può L.] il ritiro della patente di guida per un periodo non superiore a tre anni».
Ulteriore, ed autorevole, conferma della natura penale della sanzione si trae, d’altro canto, dalla giurisprudenza costituzionale e, in particolare, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018, che, occupandosi del diverso istituto della revoca della patente ex art. 120 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ha ribadito, con argomentazione a contrario, che il ritiro previsto dall’art. 85 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, «risponde ad una funzione punitiva, retributiva o dissuasiva dalla commissione di illeciti».
Rebus sic stantibus, la divaricazione della disciplina rispettivamente applicabile, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, alla pena detentiva ed a quella accessoria trova congrua giustificazione nell’esigenza di assicurare, quanto alla seconda, la concorrente funzione preventiva, onde non è dato apprezzarsi alcun deficit di ragionevolezza in un assetto normativo che confina alla sanzione detentiva l’oggetto della sospensione disposta dal Tribunale di sorveglianza in presenza delle condizioni indicate all’art. 656, comma 5, cod. proc. pen..
Né, va aggiunto a confutazione della residua obiezione del ricorrente, la sua aspirazione ad essere ammesso all’esecuzione della sanzione detentiva in forma alternativa risulta in alcun modo pregiudicata dall’anticipata esecuzione della sanzione accessoria.
La delibazione dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale dovrà, invero, necessariamente tener conto della prospettiva di reinserimento lavorativo e della possibilità, prevista dall’art. 51-quater, sopra riportato, che il Tribunale di sorveglianza, in caso di positiva valutazione dell’istanza ex art. 47, disponga la sospensione dell’esecuzione
del ritiro della patente in funzione delle ravvisate esigenze di reinserimento sociale del condannato.
La circostanza che COGNOME, fino a quando il Tribunale di Sorveglianza non si sarà pronunciato sulla richiesta di ammissione a misura alternativa alla detenzione da lui presentata, sarà sottoposto all’esecuzione della pena accessoria non determina, dunque, compromissione alcuna del suo interesse ad avviare un percorso rieducativo imperniato, tra l’altro, sulla dedizione al lavoro, cui potrà, se del caso, accedere una volta ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale, dovendosi, nelle more della decisione del Tribunale di sorveglianza, garantire adeguata tutela alle concorrenti esigenze preventive a cui presidio il ritiro della patente è posto.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/10/2024.