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Esecuzione pena straniera: no a peggioramenti

Un uomo condannato in Svezia per traffico di stupefacenti viene trasferito in Italia per scontare la pena. Il Tribunale di Sorveglianza nega le misure alternative applicando rigidamente la legge italiana. La Cassazione annulla la decisione, affermando un principio chiave: nell’esecuzione di una pena straniera, il giudice italiano deve considerare i benefici maturati nel Paese di condanna e non può aggravare la posizione del detenuto. La motivazione del tribunale è stata giudicata carente per non aver valutato correttamente questo principio.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esecuzione pena straniera: no a peggioramenti ingiustificati

L’esecuzione pena straniera in Italia è un tema complesso, che bilancia la sovranità nazionale con i principi di cooperazione giudiziaria internazionale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un cardine fondamentale di questo sistema: il divieto di aggravare la condizione del condannato. Quando una persona viene trasferita in Italia per scontare una pena decisa all’estero, il giudice italiano non può ignorare i benefici che sarebbero spettati al detenuto nel Paese di condanna.

Il Caso: Dalla Svezia all’Italia

La vicenda riguarda un cittadino condannato in Svezia a otto anni di reclusione per traffico di ingenti quantità di stupefacenti. La sua condanna è stata poi riconosciuta in Italia, dove l’uomo è stato trasferito per l’esecuzione della pena.

Arrivato in Italia, il detenuto ha presentato istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova ai servizi sociali o la semilibertà. La sua richiesta si basava su un presupposto cruciale: secondo l’ordinamento svedese, dopo aver scontato i due terzi della pena, avrebbe avuto accesso a una forma di liberazione condizionale automatica. Pertanto, continuare la detenzione in carcere in Italia rappresentava un ingiustificato peggioramento della sua condizione.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta, dichiarandola inammissibile. La motivazione è stata laconica: il giudice ha affermato di dover applicare esclusivamente la normativa nazionale. Secondo la legge italiana, la pena da scontare era troppo alta per accedere all’affidamento in prova, e non era ancora stato scontato il quantum necessario per la semilibertà, soprattutto considerando la natura ostativa del reato commesso.

L’Esecuzione Pena Straniera secondo la Cassazione: I Principi Violati

La Corte di Cassazione, investita del ricorso del detenuto, ha annullato la decisione del Tribunale di Sorveglianza, rinviando il caso per un nuovo esame. I giudici supremi hanno evidenziato due errori fondamentali nel provvedimento impugnato: la contraddittorietà della motivazione e, soprattutto, la totale omissione dei principi che governano l’esecuzione pena straniera.

Il Divieto di Aggravamento del Trattamento Sanzionatorio

Il punto centrale della sentenza della Cassazione è il richiamo al principio di non aggravamento, sancito sia dal codice di procedura penale (art. 735) sia dalla Convenzione di Strasburgo. Quando l’Italia accetta di eseguire una sentenza straniera, deve farlo tenendo conto della posizione giuridica del condannato nel momento del trasferimento.

Questo significa che il giudice italiano ha il dovere di accertare, anche richiedendo documentazione all’autorità straniera, quali benefici il condannato ha già maturato o avrebbe maturato. L’applicazione della legge italiana trova un limite invalicabile nel divieto di rendere il trattamento sanzionatorio più severo di quello previsto nello Stato di condanna.

Carenza e Contraddittorietà della Motivazione

La Cassazione ha inoltre censurato la motivazione del Tribunale di Sorveglianza come palesemente carente e contraddittoria. Da un lato, il provvedimento menzionava norme che consentono di superare certi limiti di pena per le misure alternative, ma dall’altro rigettava l’istanza proprio sulla base di quei limiti.

Soprattutto, il Tribunale non ha fornito alcuna spiegazione sul perché avesse ignorato la dettagliata argomentazione del ricorrente riguardo ai suoi diritti maturati secondo l’ordinamento svedese, limitandosi a un’affermazione apodittica sulla necessità di applicare la legge italiana.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sulla necessità di un corretto bilanciamento tra l’ordinamento nazionale e gli obblighi internazionali. Sebbene non esista un’applicazione automatica dei benefici stranieri in Italia, il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di considerare la posizione giuridica del condannato nel suo complesso. Ignorare i diritti maturati all’estero equivale a violare il principio di leale cooperazione e il divieto di reformatio in peius del trattamento sanzionatorio. Il Tribunale di Sorveglianza avrebbe dovuto analizzare nel merito la richiesta del detenuto, valutando come adattare i principi dell’ordinamento straniero a quelli italiani, senza limitarsi a un rigetto basato su una meccanica applicazione delle norme nazionali. L’annullamento con rinvio impone quindi un nuovo giudizio che tenga conto di questi principi fondamentali.

Le conclusioni

In conclusione, questa sentenza rafforza un principio di civiltà giuridica: l’esecuzione pena straniera non deve trasformarsi in una trappola per il condannato. La cooperazione giudiziaria si basa sulla fiducia reciproca e sul rispetto dei diritti fondamentali. Il giudice nazionale, pur applicando la legge italiana, deve agire come garante di un trattamento equo, assicurando che il trasferimento del condannato non si traduca in una sanzione di fatto più aspra di quella originariamente inflitta. La decisione del Tribunale di Sorveglianza dovrà ora conformarsi a questa chiara indicazione, procedendo a un esame approfondito e rispettoso dei diritti acquisiti dal detenuto.

Quando una pena inflitta all’estero viene eseguita in Italia, si applica solo la legge italiana?
No. Sebbene l’esecuzione sia soggetta alla legge italiana, questa applicazione trova un limite fondamentale nel divieto di aggravamento della pena rispetto a quella che sarebbe stata scontata nel Paese di condanna. Il giudice italiano deve tenere conto dei benefici già acquisiti o maturati dal condannato secondo l’ordinamento straniero.

L’esecuzione di una pena straniera in Italia può peggiorare la situazione del condannato rispetto a quella che avrebbe avuto nel Paese di condanna?
No, il principio consolidato, derivante sia da norme interne (art. 735 c.p.p.) che da convenzioni internazionali (Convenzione di Strasburgo), vieta espressamente che il trattamento sanzionatorio del condannato possa essere più grave di quello previsto dalla normativa straniera.

Un beneficio come la liberazione condizionale ottenuto all’estero viene applicato automaticamente in Italia?
No, la sentenza chiarisce che non vi è un’applicazione automatica dell’istituto straniero. Tuttavia, il giudice italiano ha l’obbligo di valutare la richiesta del detenuto e di considerare i diritti maturati all’estero. Una motivazione che ignori completamente questo aspetto è illegittima e carente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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