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Esecuzione pena sostitutiva: obblighi del condannato

La Corte di Cassazione ha stabilito che nell’esecuzione pena sostitutiva, come il lavoro di pubblica utilità, spetta al condannato attivarsi per iniziare la pena dopo aver ricevuto la notifica. La sentenza chiarisce che la mancata presentazione presso l’U.E.P.E. giustifica la revoca della pena sostitutiva, differenziando la nuova procedura da quella prevista per reati specifici come la guida in stato di ebbrezza. Il caso riguardava un soggetto che, a causa di un obbligo di dimora in un’altra città, non aveva iniziato il lavoro di pubblica utilità né richiesto una modifica, portando alla revoca del beneficio.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esecuzione Pena Sostitutiva: La Cassazione Chiarisce gli Obblighi del Condannato

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiarificazione sulla procedura di esecuzione pena sostitutiva introdotta dalla Riforma Cartabia. La decisione sottolinea il ruolo attivo che il condannato deve assumere per dare avvio alla pena, come il lavoro di pubblica utilità. Questo principio segna una netta distinzione rispetto a procedure precedenti e stabilisce che l’inerzia del condannato può portare alla revoca del beneficio. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla decisione di un Tribunale di revocare la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità a un soggetto condannato a cinque mesi di reclusione. La pena, da svolgersi presso un’associazione in un determinato Comune, non era mai iniziata. Durante l’udienza per la decisione, la difesa aveva spiegato che il condannato non aveva potuto iniziare i lavori perché sottoposto a un’altra misura, l’obbligo di dimora in un Comune diverso. Il giudice dell’esecuzione, rilevando un inadempimento che perdurava da quasi un anno e la mancata attivazione del condannato per modificare la prescrizione in base alla sua nuova situazione, aveva disposto la revoca della pena sostitutiva.

Contro questo provvedimento, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che non spettasse a lui attivarsi per l’esecuzione, ma che l’impulso dovesse provenire dall’autorità giudiziaria.

La Procedura di Esecuzione Pena Sostitutiva e gli Obblighi del Condannato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e cogliendo l’occasione per delineare con precisione la procedura esecutiva delle pene sostitutive disciplinata dal nuovo art. 661 del codice di procedura penale e dall’art. 63 della L. 689/1981.

La Corte ha chiarito che, a differenza di altre procedure (come quella prevista per il lavoro di pubblica utilità in caso di guida in stato di ebbrezza), il nuovo sistema pone specifici oneri a carico del condannato. La procedura si articola così:

1. Impulso del Giudice: Il giudice che ha applicato la pena trasmette la sentenza all’ufficio di pubblica sicurezza (o al comando dei Carabinieri) e all’U.E.P.E. competente.
2. Consegna e Ingiunzione: L’organo di polizia consegna una copia della sentenza al condannato, ingiungendogli di presentarsi immediatamente all’U.E.P.E.
3. Onere del Condannato: Una volta ricevuta la notifica, l’onere di dare concreto avvio alla pena passa interamente al condannato. Non sono previsti ulteriori adempimenti da parte degli organi dello Stato per avviare la procedura.

La legge è esplicita nel richiedere un comportamento attivo da parte dell’interessato, che deve presentarsi all’U.E.P.E. per l’esecuzione del lavoro. Persino nel caso in cui il condannato sia detenuto per altra causa, è previsto che debba presentarsi all’U.E.P.E. subito dopo la sua dimissione.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando la chiarezza del dettato normativo. L’art. 63 della L. n. 689 del 1981 è molto esplicito nell’onerare il condannato, una volta ricevuta la copia della sentenza e l’ingiunzione, di dare impulso alla procedura presentandosi all’U.E.P.E. Secondo i giudici, questo sistema non lascia spazio a interpretazioni estensive che vorrebbero applicare le diverse e meno dettagliate procedure previste per altre fattispecie, come quella dell’art. 186 del Codice della Strada. In quel contesto, la giurisprudenza aveva ritenuto che il condannato non fosse tenuto ad avviare il procedimento. Con la nuova normativa, invece, il legislatore ha scelto un modello procedurale differente, che responsabilizza direttamente il condannato. L’ordinanza impugnata, pertanto, ha correttamente ricostruito la procedura e ha legittimamente preso atto dell’inadempimento del soggetto, che non solo non si è presentato, ma non si è neppure attivato tempestivamente per risolvere l’impedimento derivante dall’obbligo di dimora. Di conseguenza, la revoca della pena sostitutiva è stata ritenuta legittima.

le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per l’applicazione delle pene sostitutive post-Riforma Cartabia. Le conclusioni pratiche sono chiare: il condannato a cui viene concessa una pena sostitutiva come il lavoro di pubblica utilità non può mantenere un atteggiamento passivo. Una volta ricevuta la comunicazione formale, ha il dovere di presentarsi senza indugio all’U.E.P.E. per avviare il programma. Qualsiasi impedimento, come la coesistenza di altre misure restrittive, deve essere tempestivamente comunicato e gestito chiedendo una modifica delle prescrizioni al giudice competente. L’inerzia e l’inadempimento di questo onere possono comportare la conseguenza più grave: la revoca del beneficio e la probabile conversione della pena sostitutiva in detenzione. Questa pronuncia consolida un’interpretazione che responsabilizza il condannato, rendendolo protagonista attivo del proprio percorso di reinserimento sociale.

Chi ha l’onere di avviare l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità come pena sostitutiva secondo le nuove norme?
Secondo la sentenza, una volta che l’organo di polizia notifica al condannato la sentenza e gli ingiunge di presentarsi all’U.E.P.E., l’onere di dare concreto impulso alla procedura spetta interamente al condannato stesso.

Perché la procedura per l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità per guida in stato di ebbrezza non è applicabile in questo caso?
La procedura prevista dall’art. 186 c.d.s. era basata su una norma meno dettagliata, interpretata dalla giurisprudenza nel senso di non porre un onere di attivazione a carico del condannato. La nuova procedura per le pene sostitutive, disciplinata dagli artt. 661 c.p.p. e 63 L. 689/1981, è invece molto più esplicita nel richiedere un ruolo attivo del condannato, rendendo i due sistemi non assimilabili.

Cosa succede se il condannato non si attiva per iniziare la pena sostitutiva dopo aver ricevuto la notifica?
L’inadempimento dell’onere di presentarsi all’U.E.P.E. e di iniziare la pena sostitutiva, come nel caso di specie, è considerato una violazione che giustifica la revoca della pena sostitutiva stessa da parte del giudice dell’esecuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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