Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16709 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 1383/2025
CC – 18/04/2025
R.G.N. 7707/2025
Relatore –
CARMINE RUSSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il TRIBUNALE DI NAPOLI avverso l’ordinanza del 13/02/2025 del TRIBUNALE di Napoli nel procedimento a carico di NOME COGNOME nato a NAPOLI il 11/09/1980 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento
con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Napoli in composizione monocratica nella funzione di giudice dell’esecuzione – ha rigettato l’opposizione presentata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, avverso la decisione a mezzo della quale era stata dichiarata a norma dell’art. 445 comma 2 cod. proc. pen., sul presupposto della mancata commissione di ulteriori reati entro il termine di legge, l’estinzione del reato e di ogni effetto penale, conseguente alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Napoli in composizione monocratica, in data 10/10/2002, nei confronti di NOME COGNOME
Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, deducendo la erroneità del riferimento, contenuto nell’ordinanza impugnata, al testo attualmente vigente dell’art. 660 cod. proc. pen. A seguito dell’intervento del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 e, dunque, per quanto attiene ai fatti commessi successivamente al 31/12/2022, spetta al Pubblico ministero attivarsi per la esecuzione della pena pecuniaria, attraverso l’emissione del relativo ordine. Nel sistema previgente, al quale occorre rifarsi, il recupero delle spese pene pecuniarie, cosi come delle spese di giustizia, era invece rimesso all’Ufficio recupero crediti del Tribunale e alla pregressa notifica dell’ingiunzione di pagamento al condannato, ad opera dell’Agenzia delle entrate.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE PENALE Depositata in Cancelleria oggi Numero di raccolta generale 16709/2025 Roma, lì, 06/05/2025
Rientrava tra gli obblighi gravanti sul condannato, pertanto, fornire la dimostrazione di non essersi sottratto al pagamento, ossia alla esecuzione della pena pecuniaria, sussistendo – in caso di mancata dimostrazione in ordine a tale profilo – la condizione ostativa di cui all’art. 136 disp. att. cod. proc. pen., per essersi egli volontariamente sottratto all’esecuzione della pena.
3. Il Procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
All’epoca dei fatti per i quali si Ł proceduto, il recupero della pena pecuniaria (al pari di quello attinente alle spese di giustizia) era devoluto all’Ufficio recupero crediti del Tribunale e richiedeva, quindi, la notifica al condannato – da parte dell’Agenzia delle Entrate – dell’ingiunzione di pagamento; deriva da tale assetto normativo che il condannato – nel caso di specie – si Ł sottratto al pagamento della pena pecuniaria a suo carico e che, pertanto, non sussistevano i presupposti per dichiarare l’estinzione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
Integrando la sintesi contenuta in parte narrativa, si può sottolineare come il giudice dell’esecuzione, mediante l’avversato provvedimento, abbia rilevato: – che Ł stata inflitta al condannato, unitamente alla pena detentiva, anche la pena pecuniaria di euro seicento di multa;
che sarebbe stato onere della Procura della Repubblica fornire la dimostrazione di aver attivato la procedura diretta all’esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 660 cod. proc. pen.; – che esigenze di certezza del diritto, nonchØ la generale vigenza del principio di legalità dei reati e delle pene, non consentano di ritenere che il meccanismo estintivo in argomento, dettato dall’art. 445 comma 2 cod. proc. pen., possa essere condizionato dall’inerzia dell’organo deputato all’esecuzione della sanzione penale.
2.1. Come correttamente osservato dal ricorrente e dal Procuratore generale in sede di requisitoria, però, tale ricostruzione sistematica si attaglia esclusivamente ai fatti commessi in epoca successiva, rispetto all’intervento dell’art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha sostituito il testo dell’art. 660 cod. proc. pen. Relativamente ai fatti posti in essere precedentemente, invece, trova ancora applicazione la previgente normativa; quest’ultima, disciplinando le modalità di esecuzione della pena pecuniaria, ne attribuiva la competenza alla Cancelleria del giudice dell’esecuzione, che doveva attivare – nei modi di legge – le procedure impositive volte al recupero.
In tema di successione di leggi nel tempo, infatti, soccorre il preciso ancoraggio normativo, rappresentato dall’art. 97 comma 2 d.lgs. n. 150 del 2022, che – intervenendo appunto sul profilo intertemporale della novella – così dispone: ‘Fermo quanto previsto dal comma 1, ai reati commessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di conversione ed esecuzione delle pene pecuniarie previste dal Capo V della legge 24 novembre 1981, n. 689, dall’articolo 660 del codice di procedura penale e da ogni altra disposizione di legge, vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto’ (si veda anche quanto deciso da Sez. 1, n. 22515 del 28/02/2024, NOME Rv. 286582 – 01).
2.2. ¨ utile ricordare, altresì, che l’art. 660 cod. proc. pen., nel testo previgente, era stato abrogato dall’art. 299 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con decorrenza dal 01/07/2002, venendo la relativa disciplina trasfusa all’interno degli artt. 200, 235, 237, 238 e 241 T.U. spese; la Corte costituzionale, con la sentenza n. 18 giugno 2003, n. 212, rilevando la incostituzionalità degli artt. 237 e 238 d.P.R. n. 115 del 2002, ha poi dichiarato costituzionalmente illegittimo, per eccesso di delega, l’art. 299 T.U. spese, laddove esso aveva abrogato il previgente art. 660 cod. proc. pen.
Ancora per ciò che specificamente inerisce alla normativa previgente, in tema di procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie, giova precisare quanto segue.
Allorquando avesse sortito un esito negativo la ordinaria procedura di recupero – alla quale era istituzionalmente demandata, in via primaria, la Cancelleria del Giudice dell’esecuzione era attribuito al Pubblico ministero, ad opera del combinato disposto degli artt. 660, secondo comma, cod. proc. pen., 181 e 182 disp. att. cod. proc. pen., il controllo formale in merito all’attività svolta dalla Cancelleria predetta; una volta ricevuti gli atti della procedura di recupero, esitata negativamente, il Pubblico ministero era quindi tenuto ad accertare soltanto se le ragioni di tale esito concretizzassero una effettiva impossibilità di esazione della pena pecuniaria, oppure se le cause della mancata corresponsione del dovuto fossero superabili. E infatti, non si Ł mai dubitato – nella giurisprudenza di legittimità – della radicale differenza ontologica e strutturale esistente, fra i concetti di insolvibilità effettiva del condannato, quale presupposto indefettibile per procedere alla conversione delle pene pecuniarie (dovendosi qui intendere la nozione di insolvibilità nel senso della permanente impossibilità di adempiere) e, invece, di mera insolvenza, quale situazione costituita da uno stato semplicemente transitorio, atto a consentire il differimento o la rateizzazione della pena pecuniaria stessa (sul punto, si veda la risalente, ma mai rivisitata Sez. 1, n. 26358 del 09/06/2005, COGNOME, Rv. 232056 – 01).
Nel primo caso sopra delineato si procedeva – ai sensi del secondo comma dell’art. 660 cod. proc. pen. – alla trasmissione degli atti al Magistrato di sorveglianza, al quale era demandata l’attività di accertamento, circa la trasformazione della situazione concreta (da insolvibilità fisiologica dovuta a impossibilità, a insolvenza effettiva e concreta, ossia irreversibile), in vista della conversione della pena pecuniaria. Nel secondo caso, si dava luogo alla restituzione degli atti alla cancelleria del giudice dell’esecuzione, ai fini del ripristino della procedura di riscossione (per una compiuta ricostruzione del tema del riparto dei compiti – in sede di esecuzione delle pene pecuniarie – si veda il dictum di Sez. U, n. 35 del 25/10/1995, dep. 1996, Nikolic, Rv. 203294 – 01).
2.3. Occorre poi soffermarsi brevemente sull’accezione secondo la quale interpretare il dettato dell’art. 136 disp. att. cod. proc. pen., laddove l’effetto estintivo previsto dall’art. 445, comma 2 cod. proc. pen. Ł escluso, nel caso in cui il soggetto al quale Ł stata applicata la pena si sottragga volontariamente all’esecuzione della stessa.
L’operatività della condizione ostativa, dunque, postula il realizzarsi di una situazione appunto, la volontaria sottrazione all’esecuzione – che Ł radicalmente divergente, sotto l’aspetto giuridico e funzionale, oltre che già sotto il profilo semantico e lessicale, dal mero inadempimento; nella formula normativa, infatti, assume rilievo la sottrazione non all’obbligazione in quanto tale, bensì all’esecuzione, nozione che postula la sussistenza di una procedura esecutiva già attivata, ad opera degli organi competenti per il recupero del credito.
2.3.1. Secondo la formulazione antecedente della norma, allora, l’ordinanza di estinzione del reato ex art. 445 cod. proc. pen. Ł preclusa dal fatto impeditivo coincidente con la vana attivazione della procedura esecutiva e quindi, con l’esistenza di un atto di natura impositiva, volto al recupero coattivo del quantum gravante sul condannato a titolo di pena pecuniaria, dovendosi ricordare come – per la configurabilità del concetto di ‘volontaria sottrazione’ – sia necessaria l’esistenza di un inizio di esecuzione, non essendo bastevole la mera iscrizione a ruolo.
Al riguardo, Ł infatti necessario distinguere.
In tema di estinzione per decorso del tempo della pena pecuniaria inflitta per reati commessi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il termine decennale di prescrizione – in relazione al quale non sono previste cause di interruzione o di sospensione – cessa di decorrere con l’inizio dell’esecuzione, e, dunque, con l’iscrizione a ruolo della pretesa di pagamento, che manifesta in maniera univoca la volontà dello Stato di riscuotere il credito (Sez. 1, n. 22515 del 28/02/2024,
Rv. 286582 – 01): ciò in quanto assume rilievo la concreta manifestazione di volontà dello Stato di esercitare la pretesa punitiva.
Diversamente, nel caso di specie, in cui il carattere volontario della sottrazione all’esecuzione richiede che il destinatario della pretesa sia al corrente di quest’ultima, diviene necessario l’accertamento della conoscenza della procedura esecutiva esercitata dall’autorità pubblica.
2.3.2. Sul punto, ci si può rifare alle elaborazioni teoriche contenute in Sez. 1, n. 45296 del 24/10/2013, Milan, Rv. 257621 – 01, la quale ha chiarito come – in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti – l’intervenuta estinzione della pena concordata, a causa della concessione di indulto, non osti all’avverarsi dell’effetto estintivo del reato, al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 445, comma 2, cod. proc. pen. Nell’enunciare tale principio di diritto, la Corte ha in motivazione precisato come l’intervenuta applicazione della causa estintiva della pena, costituita dall’indulto, non valga ad escludere la sussistenza dei presupposti di operatività del disposto dell’art. 445 cod. proc. pen., comma 3, in quanto non Ł possibile, in tal caso, addebitare all’interessato l’omesso pagamento della pena pecuniaria. Verrebbero così impropriamente ad equipararsi, infatti, situazioni tra loro intimamente difformi; ciò in quanto il mancato verificarsi dell’effetto estintivo previsto dall’art. 136 disp. att. cod. proc. pen. – differentemente da quanto accade in caso di fruizione di un beneficio di legge, la cui operatività Ł sorretta da precise ragioni e scelte di politica criminale – postula una peculiare situazione, consistente nella volontaria sottrazione all’esecuzione della sanzione inflitta.
Trattasi di accadimenti fenomenici che sono parificabili solo nella loro stretta materialità, rappresentata dalla oggettiva carenza di realizzazione della pretesa punitiva dello Stato; il concetto di volontaria sottrazione, però, implica l’esistenza di una precisa determinazione volontaria del soggetto, volta a sottrarsi agli effetti della condanna passata in giudicato.
2.4. Nella fattispecie ora al vaglio di questo Collegio, il rilievo circa l’errata individuazione della normativa da applicare – rilievo derivante dalla mancata considerazione dell’intervenuta riforma dell’art. 660 cod. proc. pen., nonchØ dell’esistenza di una precisa disciplina intertemporale riveste comunque un carattere assorbente, rispetto a ogni altra questione, integrando esso una errata scelta in ordine alla normativa alla quale attenersi, che inevitabilmente si riflette sulla tenuta della decisione; deriva dalla fondatezza del rilievo, allora, l’accoglimento dell’impugnazione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli in diversa persona fisica.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli in diversa persona fisica.
Così deciso il 18/04/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME