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Esecuzione pena pecuniaria: quale legge si applica?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che dichiarava estinto un reato nonostante il mancato pagamento di una multa. La Corte ha chiarito che, per i reati commessi prima della riforma del 2022, l’esecuzione pena pecuniaria segue le vecchie regole. Per impedire l’estinzione del reato, è necessario dimostrare che lo Stato ha avviato la procedura di recupero e che il condannato si è volontariamente sottratto, non bastando il semplice mancato pagamento.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esecuzione pena pecuniaria: la Cassazione fa chiarezza sulla legge applicabile

L’esecuzione pena pecuniaria rappresenta un momento cruciale del procedimento penale, ma le recenti riforme hanno creato incertezze su quale normativa applicare ai reati commessi in passato. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione chiara, stabilendo un principio fondamentale sulla successione delle leggi nel tempo e definendo i contorni della “volontaria sottrazione” al pagamento, condizione che impedisce l’estinzione del reato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una decisione del Tribunale di Napoli che, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva dichiarato l’estinzione di un reato e di ogni effetto penale per un soggetto condannato nel 2002. La decisione si basava sul presupposto che, trascorso il termine di legge senza la commissione di nuovi reati, la pena potesse considerarsi estinta, inclusa una multa di seicento euro.

Contro questa ordinanza, il Procuratore della Repubblica ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente applicato la normativa attuale, introdotta dal D.Lgs. n. 150/2022 (la cosiddetta “Riforma Cartabia”). Secondo il ricorrente, per i fatti commessi prima del 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le regole previgenti, che attribuivano la responsabilità del recupero crediti a specifici uffici giudiziari e non direttamente al Pubblico Ministero.

L’importanza della disciplina sull’esecuzione pena pecuniaria

La questione centrale ruota attorno alla disciplina intertemporale. La normativa previgente, applicabile al caso di specie, affidava il recupero delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia alla Cancelleria del giudice dell’esecuzione. Questo ufficio doveva attivare le procedure necessarie, culminanti nella notifica di un’ingiunzione di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

La nuova normativa, invece, ha attribuito al Pubblico Ministero il compito di attivarsi per l’esecuzione della pena pecuniaria. Il giudice di primo grado, applicando erroneamente la nuova legge, ha ritenuto che fosse onere della Procura dimostrare di aver attivato la procedura di recupero. In assenza di tale prova, ha concluso che non si potesse addebitare al condannato un’inerzia e, di conseguenza, ha dichiarato l’estinzione del reato.

La distinzione tra mero inadempimento e volontaria sottrazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, spiegando che l’errore del Tribunale è stato quello di non considerare la corretta normativa applicabile ratione temporis. Per i reati commessi prima della riforma, vale la vecchia procedura.

La Suprema Corte ha sottolineato un concetto fondamentale: la condizione che impedisce l’estinzione del reato non è il semplice mancato pagamento della multa (mero inadempimento), ma la volontaria sottrazione all’esecuzione della stessa. Questa nozione implica un comportamento attivo e consapevole del condannato, che agisce per eludere una procedura esecutiva già avviata nei suoi confronti. Per potersi parlare di “volontaria sottrazione”, è necessario che lo Stato, tramite i suoi organi competenti, abbia messo in moto la macchina del recupero crediti e che il condannato ne sia venuto a conoscenza.

Le motivazioni

Nelle motivazioni, la Cassazione ha ribadito che la disciplina intertemporale, prevista esplicitamente dall’art. 97 del D.Lgs. n. 150/2022, impone di continuare ad applicare le disposizioni previgenti ai reati commessi prima dell’entrata in vigore del decreto. Pertanto, la competenza per il recupero era della Cancelleria e non del Pubblico Ministero.

Di conseguenza, il Tribunale avrebbe dovuto verificare se la procedura di recupero secondo le vecchie regole fosse stata avviata. Solo in caso di attivazione di tale procedura e di una conseguente condotta elusiva del condannato, si sarebbe potuto negare l’effetto estintivo. Il semplice fatto che la pena pecuniaria non fosse stata pagata non è sufficiente a configurare una “volontaria sottrazione”, poiché questa presuppone l’esistenza di un’azione esecutiva a cui sottrarsi. L’errata individuazione della normativa da applicare ha viziato l’intera decisione del giudice dell’esecuzione, rendendola illegittima.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto fermo sull’esecuzione pena pecuniaria nel periodo di transizione tra la vecchia e la nuova normativa. Si afferma con forza il principio che non si può addebitare al condannato una condotta ostativa all’estinzione del reato se lo Stato non ha prima adempiuto al proprio onere di attivare la procedura di riscossione. Questa decisione garantisce la certezza del diritto e tutela il cittadino da interpretazioni che applicherebbero retroattivamente procedure più gravose. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza e rinviato il caso al Tribunale di Napoli per un nuovo esame, che dovrà essere condotto applicando la corretta disciplina giuridica.

Quale normativa si applica all’esecuzione di una pena pecuniaria per un reato commesso prima della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022)?
Per i reati commessi prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. 150/2022, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti. La competenza per l’avvio della procedura di recupero della pena pecuniaria era della Cancelleria del giudice dell’esecuzione, non del Pubblico Ministero.

Cosa si intende per ‘volontaria sottrazione all’esecuzione’ che impedisce l’estinzione del reato?
Per ‘volontaria sottrazione all’esecuzione’ si intende una condotta attiva e deliberata del condannato volta a eludere una procedura esecutiva già avviata nei suoi confronti. Non è sufficiente il semplice mancato pagamento della pena, ma è necessario che vi sia stato un inizio di esecuzione da parte degli organi competenti e che il condannato, essendone a conoscenza, si sia sottratto.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale?
La Corte ha annullato la decisione perché il Tribunale ha erroneamente applicato la nuova normativa sull’esecuzione delle pene pecuniarie a un reato commesso sotto il vigore della legge precedente. Questo errore ha portato a ritenere erroneamente che fosse onere del Pubblico Ministero avviare il recupero, viziando la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per l’estinzione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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