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Esecuzione pena all’estero: no alla doppia condanna

Un uomo, condannato in Italia, sconta la sua pena in Albania in base a un accordo bilaterale. L’Italia emette un nuovo ordine di esecuzione per lo stesso fatto. La Cassazione interviene, stabilendo che l’esecuzione pena all’estero impedisce una seconda carcerazione, in ossequio al principio del ‘ne bis in idem’. La Corte annulla la decisione precedente, sottolineando la prevalenza degli accordi internazionali sulla normativa interna e rimanda il caso al giudice per verificare l’effettiva corrispondenza tra la pena scontata e il reato commesso.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esecuzione Pena all’Estero: La Cassazione dice NO alla Doppia Sanzione

Il principio del ne bis in idem, ovvero il divieto di essere processati due volte per lo stesso reato, rappresenta una colonna portante del nostro sistema giuridico. Ma cosa accade quando una condanna italiana viene scontata in un altro paese? Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta proprio il tema della esecuzione pena all’estero, stabilendo che una volta scontata la pena in un altro Stato in base a un accordo internazionale, non può esservi una seconda esecuzione in Italia. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria riguarda un cittadino albanese, condannato in Italia con una sentenza del 2001. Su richiesta delle autorità italiane, basata su un accordo bilaterale, il Tribunale albanese riconosceva la sentenza e l’uomo iniziava a scontare la pena nel suo paese d’origine.

Successivamente, in Italia, l’imputato otteneva una “restituzione nel termine” per proporre appello. Questo portava a una nuova sentenza nel 2010, che modificava leggermente la pena. Anche questa seconda sentenza veniva riconosciuta in Albania, dove la pena veniva ricalcolata e, secondo la difesa, interamente espiata entro il 2023. Ciononostante, le autorità italiane emettevano un nuovo ordine di carcerazione per la sentenza del 2010. La Corte d’Appello di Bologna respingeva la richiesta dell’uomo di dichiarare la non esecutività della pena, ritenendo non formalmente rispettata la procedura italiana per l’esecuzione all’estero.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello aveva adottato un approccio rigidamente formale. Aveva sostenuto che, per la seconda sentenza (quella del 2010), non era stata seguita la procedura di delibazione prevista dall’art. 743 del codice di procedura penale. Di conseguenza, l’esecuzione avvenuta in Albania non poteva essere considerata valida ai fini dell’ordinamento italiano. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione del principio del ne bis in idem e la scorretta applicazione degli accordi internazionali.

Esecuzione Pena all’Estero: Prevalenza del Diritto Internazionale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribaltando completamente la prospettiva del giudice precedente. La decisione della Corte d’Appello è stata definita “erronea in diritto” perché si è concentrata su un aspetto formale della procedura nazionale, ignorando la prevalenza della normativa internazionale specifica.

Il Ruolo degli Accordi Bilaterali

La Cassazione ha chiarito che l’Accordo tra Italia e Albania, ratificato con legge, costituisce la disciplina primaria da applicare al caso di specie. Tale accordo prevale sulle norme interne generali, come l’art. 743 c.p.p., che assumono un ruolo sussidiario. In presenza di un accordo bilaterale che regola il trasferimento dei condannati e l’esecuzione delle pene, il giudice non deve limitarsi a una verifica formale, ma deve entrare nel merito della questione.

Il Compito del Giudice dell’Esecuzione

Secondo la Suprema Corte, il vero compito del giudice dell’esecuzione è verificare la sostanza dei fatti. Deve accertare se la detenzione subita nel territorio estero corrisponda effettivamente, per titolo e per fatto, alla sentenza di condanna emessa in Italia. Se questa corrispondenza esiste, non si può procedere a una seconda esecuzione, perché si violerebbero principi fondamentali, sia convenzionali che di diritto interno.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio di sostanza contro la forma. La Corte ha ritenuto che il giudice di merito abbia errato nel considerare decisiva la mancata attivazione della procedura di cui all’art. 743 c.p.p., poiché la disciplina applicabile era quella speciale prevista dall’accordo bilaterale Italia-Albania. Questo accordo, in quanto legge speciale, deroga alla procedura generale. Il punto centrale, secondo la Corte, non è la regolarità formale della procedura che ha innescato l’esecuzione all’estero, ma la verifica che la detenzione effettivamente subita sia riconducibile al medesimo fatto di reato per cui si è stati condannati in Italia. Ignorare questo aspetto porterebbe alla palese violazione del divieto di doppia punizione, un principio cardine dello stato di diritto.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia il caso alla Corte d’Appello di Bologna per un nuovo esame. Quest’ultima dovrà ora accertare, presso le autorità albanesi, se l’identità della persona che ha scontato la pena e il titolo di reato corrispondano a quelli della sentenza italiana. La decisione rafforza la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo nel contesto della cooperazione giudiziaria internazionale e ribadisce che gli accordi tra Stati devono essere interpretati e applicati per garantire giustizia, non per creare duplicazioni punitive.

Una pena scontata in un altro Paese può essere eseguita una seconda volta in Italia?
No, secondo la Corte di Cassazione, se la pena è stata scontata all’estero in base a un valido accordo internazionale per il medesimo fatto di reato, non può essere eseguita una seconda volta in Italia, in applicazione del principio del ‘ne bis in idem’.

Le norme procedurali italiane prevalgono sempre sugli accordi internazionali in materia di esecuzione delle sentenze?
No. La sentenza chiarisce che gli accordi bilaterali specifici, come quello tra Italia e Albania, prevalgono sulle norme procedurali interne di carattere generale (come l’art. 743 c.p.p.), che diventano sussidiarie.

Cosa deve verificare il giudice italiano prima di negare il riconoscimento di una pena già scontata all’estero?
Il giudice italiano non deve limitarsi a una verifica formale delle procedure, ma ha il preciso compito di verificare la sostanza dei fatti: deve accertare che la detenzione subita all’estero si riferisca allo stesso titolo di reato e alla stessa persona condannata dalla sentenza italiana.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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