Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 497 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 497 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: FILOCAMO COGNOME
Data Udienza: 27/06/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a CATANIA il 08/05/1963
avverso l’ordinanza del 21/09/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, nella persona di NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Catania, dichiarava inammissibile l’istanza, presentata da NOME COGNOME, di poter scontare la pena relativa al cumulo delle pene derivante dal provvedimento di cumulo n. 336/2016 SIEP della Procura generale di Catania in affidamento in prova al servizio sociale di cui all’art. 47 I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), o o semilibertà di cui all’art. 50 Ord. pen., ovvero in detenzione domiciliare di cui all’art. 47-ter Ord. pen.
Il Tribunale di sorveglianza di Catania ha motivato tale inammissibilità “rilevato che il richiedente non ha un valido domicilio in Italia, in quanto la di l madre non è disponibile ad accoglierlo in quello indicato in istanza e nei successivi atti”.
NOME COGNOME ricorre per cassazione, con il ministero del difensore, affidandosi a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, egli denuncia il vizio della motivazione nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza di Catania avrebbe travisato fatti in relazione all’ipotizzata carenza di domicilio del ricorrente in Italia, nonché, in relazion all’asserita indisponibilità all’accoglienza formulata dalla madre del medesimo ricorrente.
In particolare, il ricorrente con la sua richiesta di accesso alle misure alternative alla detenzione, a cui ha fatto seguito una memoria, avrebbe dato precise indicazioni all’UEPE di Catania e alle Autorità tedesche per l’affidamento in prova al servizio sociale.
2.2. Con il secondo motivo, egli denuncia la violazione di legge e l’assenza di motivazione sul punto in relazione al d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, contenente norme di attuazione della Decisione quadro n. 2008/947/GAI del Consiglio europeo, 27 novembre 2008, “relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive”.
In particolare, il ricorrente, dolendosi del fatto di non aver neanche avuto la notifica del cumulo di pene sopra citato emesso dalla Procura generale di Catania (comprensivo di altro ordine di esecuzione 88/2011 SIEP della Procura della Repubblica di Padova, anche esso asseritamente mai notificato) nonostante sia regolarmente iscritto all’AIRE del Comune di residenza, lamenta che il Tribunale di sorveglianza di Catania non avrebbe considerato la possibilità di esecuzione all’estero, ovvero in Germania ove è immigrato nel 1999 e ha una regolare residenza, della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.
2.3. Con il terzo motivo, egli denuncia la violazione di legge e l’assenza di motivazione sul punto in relazione agli artt. 47, 50 e 47-ter Ord. pen. nonché 656, comma 5, cod. proc. pen. e della I. 26 novembre 2010, n. 199.
In particolare, il Tribunale di sorveglianza di Catania non avrebbe motivato sulla fondatezza e ammissibilità delle misure alternative alla detenzione richieste, né avrebbe considerato la possibilità di provvedere, d’ufficio, ai sensi della I. n. 199 del 2010.
Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto di annullare con rinvio l’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi di ricorso sono fondati e assorbenti il terzo nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza di Catania non ha considerato e così conseguentemente non ha motivato su un possibile eventuale rigetto rispetto al fatto che il ricorrente, avendo una residenza in Germania presente all’AIRE, essendosi peraltro attivato in tal senso, avrebbe potuto essere ammesso all’affidamento in prova nell’ambito del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, contenente norme di attuazione della Decisione quadro n. 2008/947/GAI del Consiglio europeo, 27 novembre 2008.
Come già affermato da questa Corte con Sez. 1, n. 15091 del 16/05/2018, dep. 2019, Rv. 275807 – 01, il d.lgs. n. 38 del 2016, infatti, ha dato attuazione alla decisione quadro n. 2008/947/GAI del Consiglio europeo, 27 novembre 2008, volta ad estendere tra gli Stati dell’Unione europea il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie relative all’esecuzione delle pene non restrittive della libertà personale, in vista della sorveglianza di misure di sospensione condizionale e di sanzioni sostitutive, così completando il quadro delle disposizioni che hanno dato attuazione al principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie nei paesi dell’Unione, con riferimento alla disciplina del mandato di arresto europeo e delle procedure di consegna tra Stati (I. 22 aprile 2005, n. 69); delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161); delle decisioni relative a misure alternative alla detenzione cautelare (d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36).
2.1. Nel preambolo della decisione quadro (così come nella relazione illustrativa dello schema del decreto legislativo di adeguamento alla decisione) sono puntualmente esplicitati gli obiettivi perseguiti: lo scopo è quello di garantire l’esecuzione di sanzioni sostitutive e misure di sospensione condizionale nel luogo di residenza, di fatto o di elezione, favorendo, al contempo, non solo il rafforzamento della possibilità di reinserimento sociale della persona condannata,
consentendole il mantenimento dei legami familiari, linguistici, culturali con il paese di abituale dimora dove è posto il suo centro di interessi, la sua attività lavorativa, il suo nucleo familiare, ma anche il superamento delle difficoltà di espletamento dell’attività di sorveglianza di obblighi e prescrizioni impartite dai singoli Stati membri, al fine di impedire la recidiva, tenendo così in debita considerazione la protezione delle vittime e della collettività in generale (Considerando n. 8)
2.2. Oggetto di riconoscimento può essere una decisione definitiva emessa da un organo giurisdizionale con la quale è applicata, in luogo di una pena detentiva o restrittiva, una sanzione che non esclude ma limita la libertà, mediante imposizioni di ordini o di prescrizioni e, nell’impossibilità di procedere .ad una elencazione compiuta degli istituti interessati, sono stati individuati criteri general che delimitano la categoria (l’art. 2 del decreto legislativo replica le definizion dell’art. 2 della decisione quadro), in essa rientrando istituti che importano: a) una sospensione condizionale, concessa al momento della condanna, di una pena detentiva o di una misura restrittiva della libertà personale, con una corrispondente imposizione di obblighi e prescrizioni; b) una condanna ad una pena condizionalmente differita con l’imposizione di uno o più obblighi e prescrizioni o in cui detti obblighi e prescrizioni siano disposti in luogo della pena detentiva o della misura restrittiva della libertà personale; c) una sanzione sostitutiva, diversa da una pena detentiva, da una misura restrittiva della libertà, da una pena pecuniaria, che impone obblighi e impartisce prescrizioni; d) una liberazione condizionale, che prevede la liberazione anticipata di persona condannata, dopo che abbia scontato parte della pena detentiva, anche attraverso l’imposizione di obblighi e prescrizioni; tutte decisioni che rispondono alla condizione di una condanna a pena detentiva o restrittiva della libertà personale, sospesa, differita o sostituita con sottoposizione ad uno o più tra obblighi e prescrizioni, ovvero una sanzione che impone obblighi e impartisce prescrizioni. Gli obblighi e prescrizioni che danno contenuto alla sanzione sono elencati nell’art. 4 del decreto e comprendono: l’obbligo di comunicare i cambiamenti di residenza o di posto di lavoro; il divieto di frequentare determinati locali, posti o zone de territorio dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione; le restrizioni del diritto di lasciare il territorio dello Stato di esecuzione; le istruzioni riguardan comportamento, la residenza, l’istruzione e la formazione, le attività ricreative, o contenenti limitazioni o modalità di esercizio ch un’attività professionale; l’obbligo di presentarsi nelle ore fissate presso una determinata autorità; l’obbligo di evitare contatti con determinate persone; l’obbligo di evitare contatti con determinati oggetti che sono stati usati o che potrebbero essere usati dalla persona condannata a fini di reato; l’obbligo di risarcire finanziariamente i danni causati Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dal reato; l’obbligo di svolgere un lavoro o una prestazione socialmente utile; l’obbligo di cooperare con un addetto alla sorveglianza della persona o con un rappresentante di un servizio sociale; l’obbligo di assoggettarsi a trattamento terapeutico o di disintossicazione.
2.3. Ora, ricorrendo, da un lato, ai criteri generali che delineano la categoria –degli istituti interessati e, dall’altro, agli obblighi e alle prescrizion possono importare, l’affidamento in prova, che si prospetta quale trattamento in libertà alternativo alla detenzione, pare assimilabile, al di là del dato letterale, una “sanzione sostitutiva”, per come tale categoria è descritta dall’art. 2 lett. e), ossia una sanzione (misura) che impone obblighi e impartisce prescrizioni, implicando esso, per l’appunto, obblighi e prescrizioni del tut:to compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4, e che costituiscono di norma il contenuto del trattamento alternativo, volti, da un lato, a incentivare la rieducazione e la risocializzazione del condannato – regole di condotta, rapporti con i servizi sociali, attività lavorativa, prescrizioni di solidarietà (art. 4, lett. d, i, I) – e, dall neutralizzare fattori di recidiva (prescrizioni circa la dimora, la libertà movimento, di svolgimento di attività, divieto di frequentazione di determinati soggetti che possono favorire l’occasione di commissione di altri reati, divieto di frequentazione di locali, divieto di detenere armi, obblighi di comunicazione (art. 4, lett. a, b, c, e, f, g). Sicché, per come ne sono strutturati i contenuti, non sarebbero effettivi impedimenti alla sua esecuzione nel paese che aderisce alla decisione quadro, quando obblighi e prescrizioni imposti debbano essere adempiuti e osservati per un periodo di tempo non inferiore ai sei mesi (art. 6, comma 1), risultando superabili tutti gli argomenti addotti a sostegno della soluzione negativa: restando assicurato il controllo in ordine alla puntuale osservanza delle prescrizioni imposte e alla corretta esecuzione della misura, così come l’attività di sostegno e di assistenza del servizio sociale (art. 4 lett. 1), restando garantito il reinserimento del condannato ed anzi implementato dal mantenimento dei legami familiari, dei rapporti sociali con la comunità del paese di abituale dimora, dell’attività lavorativa, delle occasioni di studio; né essendo più di ostacolo l’esercizio di poteri autoritativi al di fuori del territorio nazionale, a ragione trasferimento di competenza dell’attività di sorveglianza degli obblighi e delle prescrizioni impartite alle competenti autorità dello stato di esecuzione, salvo a riassumere l’esercizio del potere di sorveglianza nei casi previsti dall’art. 8, comma 2, tra cui è prevista la valutazione, ai fini della decisione da assumere, della durata e del grado di osservanza delle prescrizioni e degli obblighi impartiti durante il periodo in cui la persona condannata è stata sorvegliata all’estero. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. Tanto precisato, dalla lettura del provvedimento, emerge con chiarezza che la richiesta del condannato di eseguire la misura alternativa in Germania, ove
risiede e lavora, non è stata affatto considerata dal Tribunale di sorveglianza di Catania il quale, invece, ha ritenuto preclusa la possibilità di esecuzione all’estero, motivando esclusivamente sul fatto che il ricorrente non avesse indicato una residenza sul territorio dello Stato italiano, così incorrendo sia nella violazione di legge che nel difetto assoluto di motivazione sul punto, come evidenziate in ricorso.
In definitiva, sulla base delle espresse considerazioni, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catania.
Così deciso il 27/6/2023