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Esecuzione pena all’estero: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava a un condannato, residente in Germania, la possibilità di scontare la pena dell’affidamento in prova nel suo paese di residenza. La sentenza sottolinea l’importanza del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie nell’UE e censura la mancanza di motivazione del giudice di merito. Viene quindi ribadita la possibilità di procedere con l’esecuzione pena all’estero in un altro Stato membro dell’Unione Europea.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esecuzione pena all’estero: la Cassazione apre alla probation in UE

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel panorama della cooperazione giudiziaria europea: la possibilità di scontare una misura alternativa alla detenzione, come l’affidamento in prova, in un altro Stato membro dell’Unione. Il caso riguardava l’esecuzione pena all’estero per un cittadino italiano residente e lavoratore in Germania, e la decisione chiarisce i criteri di applicazione della normativa europea e i doveri di motivazione dei giudici.

I fatti del caso

Un uomo, condannato a una pena di 7 mesi di reclusione per il reato di ricettazione, otteneva dal magistrato di sorveglianza l’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale. L’uomo, tuttavia, risiedeva stabilmente in Germania e chiedeva di poter scontare lì la misura, per non perdere il lavoro e il legame con il proprio contesto sociale. Il Tribunale di sorveglianza di Lecce respingeva la sua richiesta, sostenendo che ‘il titolo di reato contenuto nella sentenza non consente l’espiazione della pena all’estero’. Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione.

I motivi del ricorso e la questione di competenza

Il ricorrente lamentava principalmente la violazione della normativa italiana di recepimento della Decisione quadro europea 2008/947/GAI, che promuove il reciproco riconoscimento delle decisioni relative a misure alternative alla detenzione. Inoltre, contestava la competenza territoriale del Tribunale di Lecce, indicando come competente quello di Napoli, luogo del suo domicilio dichiarato.
La Corte ha preliminarmente respinto la questione sulla competenza. Applicando l’art. 677 del codice di procedura penale, ha chiarito che, essendo il condannato residente in Germania e non avendo un effettivo ‘domicilio’ (inteso come centro principale di affari e interessi) in Italia, la competenza ricade sul tribunale del luogo in cui è stata emessa la sentenza di condanna definitiva, ovvero Lecce.

Esecuzione pena all’estero: la decisione della Corte

Nel merito, la Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato: grazie al D.Lgs. 38/2016, è pienamente consentita l’ammissione all’affidamento in prova la cui esecuzione debba svolgersi in un altro Stato membro dell’UE dove il condannato risiede legalmente. Questo è possibile a condizione che lo Stato di residenza abbia a sua volta dato attuazione alla Decisione quadro, come nel caso della Germania.

Le motivazioni

La motivazione della sentenza della Cassazione è cruciale. La Corte non si è limitata a riaffermare il principio, ma ha censurato pesantemente l’operato del Tribunale di sorveglianza. La decisione del tribunale territoriale è stata giudicata viziata da un grave difetto di motivazione. Affermare che il ‘titolo di reato’ ostacola l’esecuzione della pena all’estero senza specificare quale norma lo impedisca e per quale ragione logico-giuridica, equivale a una motivazione assente o meramente apparente. La Cassazione ha sottolineato che il sistema normativo non prevede un impedimento astratto e che, al contrario, la normativa europea e quella interna spingono verso la cooperazione per favorire il reinserimento sociale del condannato nel suo ambiente di vita.

Le conclusioni

La sentenza annulla l’ordinanza impugnata e rinvia il caso al Tribunale di sorveglianza di Lecce per un nuovo esame. Questa decisione rafforza il diritto dei cittadini europei a non vedere la propria vita e il proprio percorso di riabilitazione ingiustamente compromessi da decisioni giudiziarie non adeguatamente motivate. Si tratta di una vittoria per il principio del reciproco riconoscimento e per una giustizia che guarda alla sostanza delle norme e alla finalità rieducativa della pena, anche in un contesto transnazionale. I giudici di merito sono chiamati a fornire spiegazioni concrete e ancorate alla legge quando negano l’applicazione di istituti favoriti dal diritto europeo.

È possibile scontare una pena, come l’affidamento in prova, in un altro paese dell’Unione Europea?
Sì, è possibile. La normativa italiana (D.Lgs. n. 38/2016), in attuazione di una Decisione quadro europea, consente che l’esecuzione di misure alternative, come l’affidamento in prova, avvenga nello Stato membro dell’UE in cui il condannato ha la residenza legale e abituale.

Quale Tribunale di sorveglianza è competente se il condannato risiede stabilmente all’estero?
Se l’interessato non è detenuto e non ha né residenza anagrafica né domicilio (inteso come centro principale di affari e interessi) in Italia, la competenza appartiene al tribunale o magistrato di sorveglianza del luogo in cui è stata pronunciata la sentenza di condanna divenuta irrevocabile.

Perché la Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale di sorveglianza?
La Cassazione ha annullato l’ordinanza perché era viziata da un grave difetto di motivazione. Il Tribunale si era limitato ad affermare che il ‘titolo di reato’ non consentiva l’esecuzione della pena all’estero, senza spiegare il percorso logico e giuridico che lo aveva portato a tale conclusione, rendendo la decisione arbitraria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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