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Esecuzione misura alternativa all’estero: oneri prova

La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di un condannato per l’esecuzione di una misura alternativa in un altro Stato UE può essere respinta se l’interessato non fornisce la documentazione necessaria a provare la propria residenza e attività lavorativa all’estero. Anche se la normativa consente l’esecuzione misura alternativa all’estero, spetta al condannato collaborare attivamente e fornire le prove, non potendo riversare tale onere sulle autorità giudiziarie.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esecuzione Misura Alternativa all’Estero: a Chi Spetta l’Onere della Prova?

L’ordinamento giuridico europeo offre la possibilità di scontare pene non detentive nel proprio paese di residenza, anche se diverso da quello in cui è stata emessa la condanna. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questa facoltà, sottolineando gli oneri che gravano sul condannato. Il caso in esame riguarda l’esecuzione misura alternativa all’estero e la cruciale questione della collaborazione e della prova da parte dell’interessato.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato in via definitiva, avanzava richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, indicando inizialmente una residenza in Italia. Successivamente, modificava la sua richiesta, proponendo di svolgere l’attività di volontariato presso un ente e asserendo di vivere e lavorare stabilmente in Germania. Di fronte a questa dichiarazione, il Tribunale di sorveglianza si attivava, tramite il Ministero della Giustizia, per ottenere le necessarie informazioni dalle autorità tedesche.

Nonostante la disponibilità di massima delle autorità tedesche a supervisionare la misura, le informazioni specifiche sulla residenza e l’attività lavorativa del condannato tardavano ad arrivare. Il Tribunale italiano, quindi, richiedeva direttamente al condannato di produrre la documentazione a supporto delle sue affermazioni. Di fronte all’inerzia dell’interessato, che anzi finiva per indicare un nuovo domicilio in Italia, il Tribunale disponeva l’affidamento in prova sul territorio nazionale, ritenendo non provati i presupposti per l’esecuzione in Germania.

La Decisione della Corte e la disciplina dell’esecuzione misura alternativa all’estero

L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando una violazione di legge. Sosteneva che il Tribunale avesse errato nel rigettare la sua richiesta di scontare la pena in Germania solo a causa del mancato pervenimento delle informazioni dall’estero. La Suprema Corte ha però rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Secondo gli Ermellini, la decisione del Tribunale di sorveglianza era corretta e ben motivata. La normativa europea, recepita in Italia, consente sì l’esecuzione di misure alternative in altri Stati membri, ma ciò non esonera il condannato dai suoi oneri di allegazione e prova.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha evidenziato come il Tribunale di sorveglianza non sia rimasto inerte. Anzi, ha intrapreso un’attività istruttoria complessa, coinvolgendo il Ministero della Giustizia e le autorità tedesche. Tuttavia, questa attività non può sostituirsi alla necessaria collaborazione del condannato. Era onere di quest’ultimo, infatti, dimostrare in modo concreto e documentato quanto asserito riguardo alla sua vita in Germania (residenza effettiva, contratto di lavoro, etc.).

La mancata produzione di tale documentazione, unita alla successiva indicazione di un domicilio in Italia, è stata interpretata dai giudici come un’implicita ammissione dell’impossibilità di provare i presupposti per l’esecuzione misura alternativa all’estero. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il condannato non può riversare sull’apparato giudiziario (italiano o straniero) l’onere di reperire le prove a sostegno della sua stessa istanza. In assenza di una collaborazione attiva, il Tribunale si è visto costretto a decidere sulla base degli elementi certi a sua disposizione, disponendo correttamente l’affidamento in prova in Italia.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica. Chi intende beneficiare della normativa europea per scontare una misura alternativa nel proprio Paese di residenza deve assumere un ruolo proattivo. È indispensabile preparare e depositare tempestivamente tutta la documentazione che attesti una stabile e reale connessione con il territorio dello Stato estero. Affermare semplicemente di vivere e lavorare all’estero non è sufficiente. La collaborazione con l’autorità giudiziaria è un presupposto essenziale per vedere accolta la propria istanza, e la sua mancanza può legittimamente condurre al rigetto della richiesta di esecuzione della pena oltre i confini nazionali.

È possibile scontare una misura alternativa alla detenzione, come l’affidamento in prova, in un altro Stato dell’Unione Europea?
Sì, la normativa lo consente. L’esecuzione dell’affidamento in prova può avvenire in uno Stato membro dell’UE dove il condannato ha residenza legale e abituale, a condizione che tale Stato abbia dato attuazione alla Decisione Quadro 2008/947/GAI, che si basa sul principio del reciproco riconoscimento.

Su chi ricade l’onere di dimostrare l’esistenza dei presupposti (residenza, lavoro) per l’esecuzione della misura all’estero?
L’onere ricade interamente sul condannato. Sebbene il Tribunale possa avviare contatti con le autorità estere, spetta all’interessato fornire la documentazione che provi concretamente la sua situazione abitativa e lavorativa nello Stato estero, collaborando attivamente al processo.

Cosa succede se il condannato non fornisce le prove richieste sulla sua vita all’estero?
Se il condannato non produce la documentazione richiesta e non collabora, il Tribunale può legittimamente ritenere non provati i presupposti per disporre l’esecuzione della misura all’estero. Di conseguenza, come nel caso di specie, la misura alternativa verrà eseguita in Italia, presso il domicilio indicato sul territorio nazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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