Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5216 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5216  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DMITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in preambolo e deduce quattro motivi;
ritenuto il primo motivo – con il quale si lamenta la mancata rivalutazione della pericolosità dell’imputato dopo la detenzione in regime di arresti donniciliari per otto mesi – manifestamente infondato, posto che la sentenza impugnata ha replicato alla pedissequa doglianza contenuta nell’atto di appello segnalando che detta rivalutazione era stata svolta in pieno ossequio del decisum della Corte di cassazione con Sez. U n. 51407 del 21/06/2018, M., Rv. 273952 e, segnatamente, il 12 febbraio 2018;
rilevato, comunque, il principio secondo cui «In materia di misure di prevenzione personali, la concomitante sottoposizione del proposto a misura cautelare personale, detentiva o non detentiva, incompatibile con la misura di prevenzione, non consente, all’esecuzione di quest’ultima, di ritenere superata o attenuata la presunzione di attualità della pericolosità sociale» (Sez. 1, n. 29475 del 01/03/2019, NOME, Rv. 276806), così differenziando la detenzione determinata da custodia cautelare, in sé implicante la persistenza della pericolosità del soggetto, dalla detenzione patita per espiazione di pena, quest’ultima soltanto, ove durata per il lasso minimo suindicato, comportando l’esigenza della verifica dell’attualità della pericolosità sociale del prevenuto;
ritenuto che il secondo motivo – con il quale è dedotta l’assenza di prova dell’aa condotta materiale per essere stato il controllo di polizia espletato in tempi brevi, per cui l’imputato «avrebbe potuto non rendersi conto del controllo (perchè in stato di sonno profondo e/o sotto l’effetto di bevande alcoliche)» non è consentito, in quanto reiterativo di analoga censura di appello, cui la corte territoriale ha risposto dando sintetico, ma adeguato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto ininfluente la tesi del ricorrente, non a caso riprodotta nel ricorso in termini probabilistici;
considerato, quanto alla doglianza in punto di mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., che la Corte ha ancorato tale diniego (p. 5 della sentenza impugnata) alla pluralità di contestazioni della stessa indole inferendone, con motivazione scevra da fratture razionali, un’abituale insofferenza dell’imputato al rispetto delle prescrizioni dell’Autorità e, dunque, per tale via affermando la natura tutt’alto che tenue dell’offesa;
ritenuto che tale motivazione è in linea con la granitica giurisprudenza di questa Corte secondo cui «Ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., i
comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili e agli illeciti sottoposti alla sua cognizione – nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui – ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis cod. pen.)» (Sez. IJ., n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591);
considerato, infine, che sfugge a censura il ragionamento svolto dalla Corte territoriale per la determinazione del trattamento sanzionatorio poiché la generica doglianza sul punto oblitera il principio, secondo cui, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito esercita la discrezionalità che al riguardo la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Cass. Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243; Cass. Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Cass. Sez. 2, n. 12749 del 19/3/2008, COGNOME, Rv. 239754) e che una valutazione siffatta è insindacabile in sede di legittimità, purché sia argomentata e non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Cass. Sez. 5, n. 5582 del 30/9/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142), fermo restando che nel caso di specie – come non ha mancato di rimarcare il giudice di appello – è stata irrogata una pena parametrata in misura discostantesi di poco dal minimo edittale e con il generoso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed ha invece provveduto a correggere la pena illegale irrogata dal primo Giudice in punto di riduzione della misura della metà, invece di 1/3, per effetto del rito abbreviato prescelto e della natura contravvenzionale del reato; ritenuto dunque che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che tale declaratoria impedisce di prendere in considerazione l’estinzione del reato per prescrizione; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato che alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023