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Esclusione della recidiva: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso che contestava la mancata esclusione della recidiva. La Corte ha ribadito che la valutazione del giudice non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso, ma deve analizzare concretamente il legame tra le condanne precedenti e il nuovo reato per accertare una persistente inclinazione al delitto, confermando l’importanza di una motivazione approfondita.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esclusione della recidiva: la Cassazione ribadisce i criteri di valutazione

Con l’ordinanza n. 12792/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema centrale del diritto penale: i criteri per la valutazione e l’eventuale esclusione della recidiva. La decisione offre un’importante occasione per chiarire che la valutazione del giudice non può essere superficiale o basata unicamente su dati temporali, ma richiede un’analisi approfondita del legame tra il passato criminale dell’imputato e il nuovo reato commesso.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza riguardava la violazione di legge e il difetto di motivazione in relazione alla mancata esclusione della recidiva contestata. La difesa sosteneva, in sostanza, che il giudice di merito avesse errato nel non escludere l’aggravante, probabilmente basandosi su elementi come il tempo trascorso dalle precedenti condanne o la natura dei reati.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, il motivo di ricorso non era proponibile in sede di legittimità, dove il controllo è limitato alla corretta applicazione della legge e non può estendersi a una nuova valutazione dei fatti. La Corte ha inoltre sottolineato che la decisione del giudice di merito era, in realtà, ampiamente e correttamente motivata.

Le Motivazioni: Analisi Concreta per l’Esclusione della Recidiva

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la valutazione sulla recidiva non può fondarsi unicamente sulla gravità dei fatti o sull’arco temporale in cui si collocano le precedenti condanne. Il giudice ha il dovere di andare oltre.

Il magistrato deve, infatti, esaminare in concreto, avvalendosi dei criteri guida forniti dall’art. 133 del codice penale (gravità del danno, intensità del dolo, ecc.), il rapporto specifico tra il reato sub iudice (quello per cui si procede) e le condanne passate. Lo scopo è verificare se, e in che misura, la pregressa condotta criminale sia sintomo di una ‘perdurante inclinazione al delitto’. In altre parole, il giudice deve accertare se il passato criminale abbia agito come un fattore criminogeno, influenzando la commissione del nuovo reato.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che il giudice di merito aveva seguito proprio questo percorso logico, motivando in modo adeguato le ragioni per cui la recidiva non poteva essere esclusa. Di conseguenza, il ricorso, non potendo contestare questa valutazione di merito, è stato respinto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza l’idea che la recidiva non è un automatismo. La sua applicazione o esclusione richiede un’indagine giudiziale attenta e personalizzata. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente appellarsi al tempo trascorso per ottenere l’esclusione della recidiva, ma è necessario argomentare sul perché le precedenti condanne non siano indicative di una maggiore pericolosità sociale attuale o di un’inclinazione a delinquere collegata al nuovo fatto. Per i giudici, la decisione è un monito a motivare sempre in modo puntuale e approfondito le proprie scelte sulla recidiva, ancorandole a un’analisi concreta della biografia criminale dell’imputato e del suo legame con il reato oggetto del giudizio.

La valutazione per l’esclusione della recidiva può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso?
No, secondo la Corte di Cassazione, la valutazione non può fondarsi esclusivamente su questi elementi. Il giudice è tenuto a esaminare in concreto il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le condanne precedenti.

Quali criteri deve usare il giudice per decidere sulla recidiva?
Il giudice deve applicare i criteri indicati dall’art. 133 del codice penale per verificare se la condotta criminale pregressa sia indicativa di una ‘perdurante inclinazione al delitto’ che abbia agito come fattore criminogeno per la commissione del nuovo reato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione per manifesta infondatezza?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, oltre al rigetto del ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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