Esclusione della Recidiva: Quando la Pervicacia Giustifica più Decisioni del Giudice
L’ordinanza n. 10270/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla valutazione della recidiva e sulla sua influenza in diverse fasi del giudizio penale. La decisione si concentra sulla legittimità di utilizzare un medesimo elemento fattuale, come la pervicacia criminale, per motivare sia la mancata esclusione della recidiva sia il diniego di benefici come la sostituzione della pena. Approfondiamo i dettagli di questo caso emblematico.
I Fatti di Causa e il Ricorso in Cassazione
Due imputate si sono rivolte alla Corte di Cassazione per contestare una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorso era basato su due motivi principali. Il primo criticava la decisione dei giudici di merito di non escludere la recidiva, mentre il secondo lamentava il rigetto della richiesta di sostituire la pena detentiva con una pena pecuniaria.
La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato, utilizzando la stessa circostanza – la “pervicacia nella commissione dei delitti” – per giustificare decisioni diverse, creando una sorta di duplicazione valutativa a svantaggio delle imputate.
L’Esclusione della Recidiva al Centro del Dibattito
Il cuore della controversia risiedeva nel primo motivo di ricorso. La difesa argomentava che la Corte d’Appello si fosse limitata a un generico richiamo ai precedenti penali, senza un’analisi approfondita. Soprattutto, si contestava che la stessa “pervicacia” usata per negare l’esclusione della recidiva fosse stata impiegata anche per motivare l’impossibilità di sostituire la pena detentiva.
Il secondo motivo, invece, veniva descritto come generico e aspecifico, poiché non si confrontava adeguatamente con le argomentazioni, ritenute non illogiche, con cui la Corte territoriale aveva già escluso la possibilità di convertire la pena detentiva.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati, e di conseguenza, l’intero ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni dei giudici.
Analisi del Primo Motivo: La Questione della Recidiva
La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha agito correttamente. Non si è limitata a un semplice elenco dei precedenti penali, ma ha inserito la sua valutazione nel contesto più ampio del giudizio di bilanciamento e della decisione sulla pena. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale: è assolutamente legittimo che un medesimo elemento fattuale, come la particolare inclinazione a delinquere del reo, venga valorizzato per giustificare scelte relative a istituti giuridici diversi. Questo, specifica la Corte, non viola il divieto di bis in idem sostanziale. Citando un precedente (Cass. n. 57565/2018), si ribadisce che la pericolosità sociale manifestata attraverso la pervicacia può legittimamente influenzare sia il giudizio sulla recidiva sia quello sulla meritevolezza di pene alternative.
Analisi del Secondo Motivo: La Sostituzione della Pena
Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Corte territoriale aveva preso in esame la richiesta di sostituzione della pena, escludendola con motivazioni ritenute logiche e non arbitrarie. La Cassazione ha inoltre ricordato che la valutazione dei presupposti per la sostituzione della pena, pur richiamando i criteri dell’art. 133 c.p., non impone al giudice di esaminare in dettaglio ogni singolo parametro ivi contenuto. È sufficiente una motivazione che dia conto delle ragioni del diniego in modo coerente.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su due pilastri. Il primo è il principio di non violazione del ne bis in idem sostanziale. Un singolo aspetto della condotta o della personalità dell’imputato può avere rilevanza sotto diversi profili giuridici. La pervicacia criminale, ad esempio, è un indice sia della propensione a delinquere (rilevante per la recidiva) sia della non meritevolezza di benefici (rilevante per la sostituzione della pena). Valutarla in entrambe le sedi non significa punire due volte lo stesso fatto, ma trarre da esso tutte le conseguenze giuridiche previste dall’ordinamento.
Il secondo pilastro è il riconoscimento della discrezionalità del giudice di merito nelle valutazioni sulla pena. La sostituzione di una pena detentiva con una pecuniaria è una facoltà che il giudice esercita sulla base di un giudizio prognostico. Se tale giudizio è sorretto da una motivazione logica e non palesemente arbitraria, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la valutazione della personalità dell’imputato è un processo unitario, i cui elementi possono essere legittimamente utilizzati per fondare più decisioni nell’ambito della commisurazione della pena e della sua esecuzione. Per la difesa, ciò significa che contestare la mancata esclusione della recidiva richiede argomentazioni specifiche che vadano oltre la mera lamentela di una duplicazione valutativa. Per i giudici, conferma la possibilità di fondare le proprie decisioni su una valutazione complessiva e coerente della figura del reo, senza incorrere in censure di violazione di legge.
È possibile utilizzare lo stesso elemento, come la pervicacia criminale, per giustificare sia la mancata esclusione della recidiva sia il diniego di sostituzione della pena?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è assolutamente legittimo valorizzare un medesimo elemento per giustificare scelte relative a istituti giuridici diversi, senza che ciò costituisca una violazione del principio del ‘ne bis in idem’ sostanziale.
Per negare la sostituzione di una pena detentiva con una pecuniaria, il giudice è obbligato ad analizzare tutti i parametri dell’art. 133 del codice penale?
No, la Corte ha chiarito che, sebbene la valutazione sia legata ai criteri dell’art. 133 c.p., essa non implica necessariamente l’esame di tutti i parametri contemplati nella norma. È sufficiente una motivazione logica e non arbitraria a sostegno della decisione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta il rigetto del ricorso senza un esame nel merito. Di conseguenza, la decisione impugnata diventa definitiva e i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10270 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10270 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MAGENTA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SEREGNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/03/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo dell’unico ricorso, con cui la difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla mancata esclusione della recidiva, è manifestamente infondato: la Corte d’appello, nel vagliare la richiesta difensiva di esclusione della recidiva, non si è limitata a richiamare i precedenti penali delle ricorrenti ma ha trattato il motivo di gravame nel contesto delle argomentazioni spese per giustificare l’esclusione di un diverso esito del giudizio di bilanciamento e della impossibilità di sostituire la pena detentiva che ha escluso “… in considerazione della pervicacia nella commissione dei delitti …”; si è chiarito, d’altra parte, che è assolutamente legittimo valorizzare un medesimo elemento per giustificare scelte relative ad istituti giuridici diversi senza incorrere nel divieto di bis in idem sostanziale (cfr., Sez. 6 – , n. 57565 del 15/11/2018, Giallombardo, Rv. 274783 – 01);
ritenuto che il secondo motivo dell’unico ricorso è manifestamente infondato e, ancor prima, generico o aspecifico non confrontandosi con la motivazione con cui la Corte territoriale, lungi dal trascurare la sollecitazione difensiva, l’ha presa in esame escludendo, tuttavia, con argomentazioni non illogiche o arbitrarie (cfr., pag. 5 della sentenza), di poter accedere alla sostituzione della pena detentiva con quella sostitutiva; è d’altra parte pacifico che la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione, ai sensi dell’art. 53, legge 24 novembre 1981 n. 689, di una pena pecuniaria in sostituzione di una detentiva, pur essendo legata ai medesimi criteri previsti dall’art. 133 cod. pen. per la determinazione della pena, non implica necessariamente l’esame di tutti i parametri contemplati nella predetta norma (cfr., tra le altre, Sez. 7 – , n. 32381 del 28/10/2020, CEISCiO, Rv. 279876 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
132. R.G. 31203 – 2023
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 09/01/2024
Il Consigliere Estensore