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Esclusione della recidiva: i criteri del giudice

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro la decisione di non concedere l’esclusione della recidiva. L’ordinanza sottolinea che la valutazione del giudice non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso, ma deve considerare concretamente se la condotta passata indica una persistente inclinazione al delitto che ha influito sul nuovo reato.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esclusione della Recidiva: Quando il Giudice Può Dire di No?

L’istituto della recidiva nel diritto penale rappresenta un tema delicato, che bilancia la necessità di punire più severamente chi reitera nel crimine con l’esigenza di una valutazione personalizzata della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i criteri che il giudice deve seguire per decidere sulla richiesta di esclusione della recidiva, sottolineando l’importanza di un’analisi concreta e non automatica.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente aveva impugnato la sentenza di merito, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione in relazione al rigetto della sua richiesta di escludere la recidiva. Sostanzialmente, riteneva che i giudici non avessero adeguatamente considerato le circostanze per non applicare l’aggravante legata ai suoi precedenti penali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo che avessero applicato correttamente i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la corretta valutazione per l’esclusione della recidiva

Il cuore dell’ordinanza risiede nelle motivazioni che hanno portato alla conferma della decisione impugnata. La Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la valutazione del giudice sulla recidiva non può essere superficiale o limitarsi a elementi parziali.

In particolare, il giudice non può basare la sua decisione esclusivamente su:
1. La gravità dei fatti: la serietà del nuovo reato o di quelli passati non è, da sola, un elemento sufficiente.
2. L’arco temporale: il tempo trascorso tra i vari reati non è l’unico parametro da considerare.

Il compito del giudice è, invece, quello di condurre un esame approfondito e concreto, utilizzando i criteri guida dell’articolo 133 del codice penale (relativi alla gravità del reato e alla capacità a delinquere del colpevole). L’obiettivo è verificare se esista un legame effettivo tra il reato sub iudice (quello per cui si sta procedendo) e le condanne precedenti.

Il giudice deve accertare se e in quale misura la condotta criminale passata sia indicativa di una “perdurante inclinazione al delitto”. In altre parole, deve capire se i precedenti penali abbiano agito come un “fattore criminogeno” che ha influenzato la commissione del nuovo reato. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente richiamato i “plurimi e specifici precedenti” e la “pericolosità emergente” dalla commissione del nuovo fatto, motivando adeguatamente la scelta di non escludere la recidiva.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza l’idea che l’applicazione o l’esclusione della recidiva non è un automatismo, ma il risultato di un’attenta valutazione discrezionale del giudice. La decisione non può fondarsi su meri calcoli temporali, ma deve scaturire da un’analisi della personalità del reo e del nesso che lega la sua storia criminale al nuovo delitto. Per la difesa, ciò significa che la richiesta di esclusione della recidiva deve essere supportata da elementi concreti che dimostrino l’assenza di un collegamento sintomatico di una persistente tendenza a delinquere, andando oltre la semplice distanza temporale dai precedenti.

Su quali basi il giudice può decidere di non escludere la recidiva?
Il giudice non deve basare la sua valutazione esclusivamente sulla gravità dei fatti o sull’arco temporale in cui sono stati commessi. Deve, invece, esaminare in concreto il rapporto tra il nuovo reato e le precedenti condanne, secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale, per verificare se la condotta pregressa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto.

L’esclusione della recidiva è un diritto automatico per l’imputato?
No, l’ordinanza chiarisce che non si tratta di un automatismo. La valutazione è rimessa al giudice di merito, che ha il compito di analizzare se i precedenti penali abbiano agito come fattore criminogeno, influenzando la commissione del nuovo reato.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente in questo specifico caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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