Errore sulla Legge Extrapenale e Reddito di Cittadinanza: La Decisione della Cassazione
L’accesso a benefici statali come il Reddito di Cittadinanza è subordinato a precisi requisiti di legge. Ma cosa succede se un cittadino li fraintende e commette un reato? Può invocare l’errore sulla legge extrapenale per giustificare la propria condotta? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito i confini tra errore scusabile e ignoranza della legge non ammessa.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. n. 4 del 2019, per aver indebitamente percepito il Reddito di Cittadinanza. Avverso la sentenza di condanna della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per cassazione. La sua difesa si basava su un unico motivo: un vizio di motivazione circa la sua responsabilità penale, invocando l’applicazione dell’art. 47, comma 3, del codice penale, che disciplina appunto l’errore su una legge diversa da quella penale.
La Tesi Difensiva: un Errore sulla Legge Extrapenale
La difesa sosteneva che l’imputato fosse caduto in un errore non sulla norma penale che punisce la condotta, ma su una legge extrapenale, ovvero quella che stabilisce i requisiti per ottenere il beneficio. A supporto di questa tesi, veniva prodotta documentazione medica attestante difficoltà di concentrazione, confusione mentale e stato d’ansia, condizioni che, secondo la difesa, avrebbero contribuito a un deficit intellettivo tale da escludere la piena capacità di comprendere la normativa.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva correttamente qualificato la situazione. L’ignoranza o l’errore riguardo alla sussistenza del diritto di ottenere il Reddito di Cittadinanza non costituisce un errore sul fatto, ma un errore di diritto. Si tratta di un errore che ricade direttamente sulla legge extrapenale che integra il precetto penale, e come tale rileva nell’ambito dell’art. 5 del codice penale (ignoranza della legge penale), che di regola non scusa.
Le Motivazioni
La Corte ha tracciato una netta distinzione tra l’errore di fatto (scusabile) e l’errore di diritto (non scusabile). L’errore di fatto riguarda una percezione sbagliata della realtà materiale (es. credo di prendere un oggetto mio, ma è di un altro). L’errore di diritto, invece, riguarda l’ignoranza o l’errata interpretazione di una norma giuridica.
Nel caso di specie, l’errore del ricorrente non verteva su un elemento materiale, ma sulla norma stessa che definisce i presupposti per il diritto al beneficio. Questa, secondo la Corte, è una classica ipotesi di errore di diritto, che non può essere invocato come scusante.
Inoltre, la documentazione medica prodotta, che attestava uno stato di ansia e difficoltà di concentrazione, è stata ritenuta irrilevante. Tali condizioni non erano tali da integrare un vizio di mente che escludesse la capacità di intendere e di volere, né potevano giustificare l’errore sulla normativa.
Stante la manifesta infondatezza e quindi l’inammissibilità del ricorso, la Corte ha condannato il ricorrente, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’ignoranza della legge non ammette scuse, anche quando la norma violata non è direttamente quella penale ma una ad essa collegata. I cittadini che richiedono benefici statali hanno l’onere di informarsi correttamente sui requisiti necessari. Condizioni di lieve disagio psicologico, che non incidono sulla capacità di intendere e volere, non possono essere usate come scudo per giustificare errori nell’interpretazione delle normative. La decisione sottolinea la responsabilità individuale e la necessità di un approccio diligente nell’interazione con la pubblica amministrazione.
L’errore sui requisiti per ottenere il reddito di cittadinanza è considerato un errore sul fatto che scusa il reato?
No, secondo la Corte di Cassazione, l’errore circa la sussistenza del diritto di ottenere il reddito di cittadinanza costituisce un errore sulla legge extrapenale che integra il precetto. Questo si qualifica come un errore di diritto, che di regola non scusa, e non come un errore sul fatto.
Uno stato di ansia o difficoltà di concentrazione può escludere la responsabilità per il reato?
No, nel caso specifico, la documentazione medica che attestava difficoltà di concentrazione, attenzione, confusione mentale e stato d’ansia non è stata ritenuta sufficiente a escludere la capacità di intendere e di volere dell’imputato o a giustificare l’errore di diritto.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35721 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35721 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2025 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso sentenza di condanna per il reato di cui all’ 7 D.L. n.4 del 2019 deducendo, con un unico motivo di ricorso, vizio della motivazione in ordi all’affermazione della responsabilità, invocando l’applicazione dell’art. 47 comma 3 cod. pen.
La censura è manifestamente infondata.
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha infatti evidenziato, in linea di fatto, come l’ign e l’errore circa la sussistenza del diritto di ottenere reddito di cittadinanza costituisce u sulla legge extrapenale che integra il precetto e che pertanto rileva nell’ambito di applica dell’art 5 cod. pen., non integrando un errore sul fatto ma un errore di diritto. Pertant risulta ravvisabile l’ipotesi di cui all’art. 47 cod. pen. Né rileva un deficit intellettivo tale da escluderne la capacità di intendere e di volere, in quanto la documentazione medic prodotta in giudizio attesta difficoltà di concentrazione, di attenzione, confusione mentale e d’ansia che, tuttavia, non rilevano ai fini dell’applicazione della disciplina dell’errore di
Dalle cadenze motivazionali della sentenza d’ appello è dato quindi desumere una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata e un corretto inquadramento giuridico degli st avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla decisione attraverso una disamina completa ed approfondita, in fatto e in dir delle risultanze processuali, dalle quali hanno tratto conseguenze corrette sul piano giuridico
Stante l’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisan assenza di colpa nella determinazione della causa di ,inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30/05/2025
Il consigliere estens re
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Il Presidente