Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20529 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20529 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da pet froi ek4r-ovh COGNOME NOMENOME nato in Caserta il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/09/2023 della Corte militare di appello
visti g li atti, il provvedimento impugnato e il ricorso ; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il ri g etto del ricorso; udito il difensore dell’imputato, avvocato NOME COGNOME, in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME, la quale si è associata alle conclusioni del Pubblico ministero;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte militare di appello ha confermato la sentenza del Tribunale militare di Napoli pronunciata il 10 marzo 2023, che aveva assolto, perché il fatto non costituisce reato, il caporal-maggiore scelto dell’RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME dall’imputazione di truffa militare, aggravata e continuata, elevata per avere egli, con artifici e raggiri, indotto in error l’Amministrazione militare e così ottenuto, negli anni 2016 e 2017, permessi retribuiti per mandato elettorale, ai sensi dell’art. 79, commi 1 e 3, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di seguito T.U.E.L.), in realtà non spettanti.
Quale assessore pro-tempore del Comune di Pignataro, l’imputato aveva fatto sistematicamente pervenire al reparto di appartenenza, nelle date di convocazione di giunta e di consiglio, attestazioni di partecipazione alle relative riunioni pe l’intera giornata, mentre esse si svolgevano solo di pomeriggio e quasi sempre al fuori dell’orario di servizio.
L’imputato si era difeso, sostenendo che le riunioni erano precedute da un’intensa attività preparatoria, anche antimeridiana, che si protraeva sino alla formale apertura della seduta, per la quale avrebbe avuto comunque diritto ad ottenere i permessi richiesti.
In replica, la Corte militare di appello ha osservato che, in relazione alle attività preparatorie, i permessi sarebbero semmai spettati ad altro titolo. L’art. 79 T.U.E.L. prevede, nei commi 1 e 3, il diritto del dipendente di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi elettivi e politici solo per la dura effettiva di esse, oltre al tempo necessario per raggiungere la sede istituzionale e per rientrare al posto di lavoro. I successivi commi 4 e 5 contemplano, invece, la possibilità di ottenere ulteriori permessi, necessari per l’espletamento del mandato, nei limite massimo di ventiquattro ore mensili retribuite e di ulteriori ventiquattro non retribuite.
L’operato del militare non era dunque conforme. Il fatto commesso, tuttavia, a giudizio della Corte di merito non era sorretto da intento truffaldino. L’imputato doveva considerarsi in buona fede, in quanto egli percepiva plausibilmente come «riunione» tutta l’attività istituzionale della giornata, comprensiva della preparazione delle sedute antecedente la discussione ufficiale. L’imputato intendeva la seduta come «cosa complessa», comprensiva dì attività più ampie («attività preparatorie, convocazioni infruttuose, conciliaboli politici e, infin faticosamente raggiunta, la delibera»). Il dolo era così escluso dall’errore sul fatto costituente reato.
Ricorre per cassazione il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO militare presso la Corte militare di appello, deducendo erronea applicazione della legge penale.
L’errore sul fatto sarebbe, per il ricorrente, soltanto quello che cada su un elemento materiale del reato, dipendendo da una difettosa percezione o ricognizione della realtà fenomenica.
Nel caso di specie, non si sarebbe di fronte alla dispercezione del dato reale, ma, a tutto concedere, ad un errore interpretativo relativo alle norme extrapenali (del diritto amministrativo) che identificano la riunione di un organo collegiale e stabiliscono quando essa sia validamente in corso.
Si tratterebbe, tuttavia, di errore inescusabile, che, come tale, non escluderebbe la punibilità. Il giudice a quo in ogni caso, in ordine alla scusabilità, non avrebbe affatto indagato, essendo dunque necessaria una rinnovata valutazione al riguardo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I giudici di merito hanno prosciolto l’imputato per difetto dell’elemento soggettivo dell’ascritto reato di truffa militare.
La Corte militare di appello ha, in particolare, ritenuto che l’imputato avesse equivocato riguardo al concetto di riunione di un organo collegiale di ente locale, di cui erroneamente avrebbe dilatato la portata. Ciò lo avrebbe indotto ad attestare, e fare attestare, tempi di riunione maggiori di quAVV_NOTAIO effettivamente intercorrenti tra l’inizio e il termine ufficiale delle sedute, e ad ottenere permessi a tali tempi correlati, eccedenti quanto (a tale titolo) spettante. Non vi sarebbe, tuttavia, maliziosità in questa condotta, fuorviata dalla dispercezione di un dato di realtà.
Ferma la non rivisitabilità in questa sede del giudizio di merito, nella parte in cui è rimasto accertato che il militare è caduto in confusione nell’identificare cosa dovesse esattamente intendersi per riunione, è perfettamente condivisibile l’assunto del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ricorrente, secondo cui la nozione di adunanza di un organo collegiale di rilievo politico non rappresenta un dato fenomenico, o di natura, ma un concetto giuridico, che si può definire esclusivamente tramite la ricognizione e l’applicazione delle pertinenti norme, esplicite o implicite, di diritt amministrativo.
L’errore rilevato dalla Corte militare di appello non è dunque un errore sul fatto che costituisce il reato (inteso, rettamente, come difettosa conoscenza della realtà esperenziale in base alla quale il soggetto si è determinato ad agire: Sez.
1, n. 8053 del 11/03/1998, COGNOME, Rv. 211559-01), ma un errore su legge, diversa da quella penale, tradottosi in un errore sul fatto.
L’errore ha in effetti inciso su disposizioni, nozioni e termini propri di altr branche del diritto, che la norma penale non contempla ad integrazione della fattispecie criminosa. Per «legge diversa dalla legge penale» si deve intendere, ai fini in discorso, quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di caratter non penale, non incorporata in una norma incriminatrice, né da questa richiamata neppure implicitamente (Sez. 6, n. 25941 del 31/03/2015, Ceppaglia, Rv. 26380801; Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015, COGNOME, Rv. 263013-01; Sez. 4, n. 37590 del 07/07/2010, COGNOME, Rv. 248404-01). Con queste caratteristiche, ossia extrapenale in senso proprio, si presenta invero, rispetto alla truffa, anche militare, i complesso delle disposizioni che disciplinano le modalità di funzionamento di organi amministrativi, il cui fraintendimento sarebbe, nella specie, alla base della condotta ascritta come fraudolenta.
Tali disposizioni non “colorano” in alcun modo il tipo di illecito in esame, non lo arricchiscono o deprivano di contenuto, né sono “garanti” dell’efficacia dell’incriminazione. Operano dall’esterno rispetto ad essa, perché alla loro stregua si misura, nel caso concreto, l’artificiosità del comportamento addebitato e così la sua attitudine a procurare all’agente quel profitto ingiusto (anche soggettivamente avvertito come tale) che rappresenta l’evento naturalistico del reato (Sez. 3, n. 2528 del 09/08/1987, NOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Occorre a quanto punto interrogarsi sulla rilevanza di un errore siffatto ai fini della ricostruzione dell’elemento psicologico del reato.
E’ noto che, a norma dell’art. 47, primo comma, cod. pen., l’errore (essenziale: Sez. 6, n. 1562 del 28/06/1969, Conte, Rv. 112337-01) che cade sugli elementi concreti del fatto, conforme al modello descritto dalla norma incriminatrice, in presenza dei quali soltanto è efficace il comando o il divieto dalla norma recato, esclude la punibilità.
Un errore intellettivo di questo genere interferisce sul processo volitivo e rende non configurabile il dolo (diversamente dall’errore che investa direttamente il precetto penale, o altro precetto che ne integra la definizione, concorrendo con esso a formare l’obiettività giuridica del reato: Sez. 4, n. 2147 del 13/01/2021, COGNOME, Rv. 280482-03; Sez. 6, n. 27941 del 31/05/2016, COGNOME, Rv. 26739001; Sez. 6, n. 13038 del 10/03/2016, COGNOME, Rv. 266192-01; Sez. 6, n. 6744 del 07/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258991-01; Sez. 4, n. 14819 del 30/10/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 227875-01; fatto salvo, in queste ultime ipotesi, l’errore inevitabile ex Corte cost. n. 364 del 1988).
Venuto meno il dolo, l’art. 47, primo comma, cit. lascia sussistere, nella sua seconda parte, la responsabilità colposa, se il reato commesso è punito anche a tale titolo, come avviene per i delitti a fronte di previsione espressa, e come avviene normalmente per le contravvenzioni (Sez. 3, n. 1602 del 20/12/1984, dep. 1985, Pampallona, Rv. 167939-01), sempre che una colpa sia in concreto ravvisabile, ossia a cospetto di errore inescusabile.
Del pari, esclude la punibilità, a norma dell’art. 47, terzo comma, cod. pen., l’errore su legge extrapenale (non integratrice), capace di cagionare un errore sul fatto che costituisce il reato. In questo caso, l’errore di base è propriamente di diritto, ma esso, rimanendo estraneo al significato dell’incriminazione, non indebolita nella sua funzione astrattamente deterrente, è dalla legge accomunato all’errore di fatto nella misura in cui si risolva in una falsata rappresentazione della realtà fenomenica congruente con il modello legale.
In quanto tradottosi in un tale errore di fatto, diverso dall’errore sul comando o sul divieto, anche l’errore su legge extrapenale (non integratrice) rende non configurabile il dolo.
L’art. 47, terzo comma cit. costituisce applicazione del medesimo principio AVV_NOTAIO, in tema di volontà colpevole, di cui è espressione il primo comma. L’esclusione del dolo in presenza di un errore determinante sul fatto costitutivo del tipo di incriminazione. Proprio in quanto esplicazione di una regola di sistema, deve intendersi espressamente richiamata, nel terzo comma, la seconda parte del primo comma: residuerà la responsabilità colposa, come in dottrina prevalentemente sostenuto, quando l’errore sulla legge extrapenale (non integratrice) sia dovuto a colpa e il fatto sia punibile anche a tale titolo.
L’assunto ulteriore, su cui l’odierno ricorso si basa, non è dunque condivisibile.
Il dolo è sempre escluso, nei casi previsti sia dal primo che dal terzo comma dell’art. 47 cod. pen., indipendentemente dalla scusabilità dell’errore, che assume dunque rilievo, in questo contesto, solo se si procede per delitti colposi, o per contravvenzioni.
In questa cornice deve essere iscritto il risalente arresto di Sez. 4, n. 4662 del 12/12/1977, dep. 1978, Colombini, Rv. 138692-01, tralaticiamente ripreso da altre pronunce di questa Corte, a mente del quale l’errata interpretazione di legge extrapenale, per escludere la punibilità ai sensi dell’ultimo comma dell’alt 47 cod. pen., deve essere di natura scusabile. Nel caso, da cui origina detta pronuncia, si procedeva infatti per la contravvenzione (ora depenalizzata: art. 32 legge 24 dicembre 1969, n. 990) relativa alla circolazione di veicolo a motore senza
assicurazione, sicché la ratio decidendi risulta coerente con l’esegesi sin qui illustrata (non è invece corretto ragionare nei medesimi termini a proposito dei delitti dolosi, quali la truffa, non apparendo quindi condivisibile l’arresto di Sez. 2 n. 43309 del 08/10/2015, COGNOME, Rv. 264978-01, citato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ricorrente e basata, del resto, sul mero richiamo al precedente del 1977).
Una diversa esegesi finirebbe per sostanzialmente equiparare situazioni normativamente regolate in modo diverso.
E’ lo stesso art. 47, terzo comma, cod. pen. a distinguere l’errore su legge extrapenale (non integratrice), che in quanto cagioni un errore sul fatto esclude la punibilità a titolo di dolo, dall’errore sulla legge penale (ovvero sul precetto, come sopra definito al § 4), che in base all’art. 5 cod. pen., come integrato da Corte cost. n. 364 del 1988, cit., assume rilievo solo se dipendente da ignoranza inevitabile.
Quando dunque investe (la norma incriminatrice, o) la norma extrapenale integratrice, l’errore di diritto esclude la colpevolezza solo se inevitabile (Sez. 6, n. 43646 del 22/06/2011, S., Rv. 251044-01), e come tale scusabile. Se la punibilità del fatto doloso obbedisse a questo medesimo canone anche in caso di errore su norma extrapenale estranea al modello legale di incriminazione, le fattispecie finirebbero fatalmente per coincidere, perdendo di significato la distinzione legale.
E’ d’obbligo allora concludere che l’errata interpretazione di una legge diversa da quella penale, cui fa riferimento l’art. 47, ultimo comma, cod. pen., esclude sempre la punibilità quando ha cagionato un errore sul fatto costituente reato doloso; la punibilità è esclusa solo se l’errata interpretazione è di natura scusabile, quando si procede per reato colposo.
Il ricorso deve essere respinto alla stregua delle considerazioni che precedono.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 30/01/2024