Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18118 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 18118 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME RAGIONE_SOCIALE (CUI CODICE_FISCALE), nato in Nigeria il 03/04/1990
avverso la sentenza del 18/09/2024 del G.i.p. del Tribunale di Perugia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 18/09/2024, il G.i.p. del Tribunale di Perugia ha applicato, su richiesta del difensore, munito di procura speciale, e con il consenso del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a Sese Anasi la pena di due anni di reclusione ed € 500,00 di multa per i reati, unificati dal vincolo della continuazione, di rapina aggravata (dalla cosiddetta minorata difesa) ai danni di NOME COGNOME di cui al capo 1 dell’imputazione, invasione di un edificio di proprietà di NOME COGNOME e danneggiamento della relativa serratura di cui al capo 2 dell’imputazione e furto aggravato (dall’essere stato commesso con destrezza) ai danni di NOME COGNOME di cui al capo 3 dell’imputazione.
Avverso l’indicata sentenza 18/09/2024 del G.i.p. del Tribunale di Perugia, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME affidato a un unico motivo, con il quale lamenta la violazione dell’art. 628 cod. pen. e l’inosservanza dell’art. 624-bis cod. pen., per
avere il G.i.p. del Tribunale di Perugia erroneamente qualificato il fatto di cui al capo 1 dell’imputazione come rapina anziché come furto con strappo.
Il ricorrente rappresenta che tale fatto avrebbe dovuto essere qualificato come furto con strappo in quanto «la condotta violenta posta in essere dall’imputato è stata una ripercussione indiretta e involontaria [sulla vittim a causa della relazione fisica intercorrente tra cosa di cui si tentava la sottrazione e il possessore». La «violenza era unicamente volta ad impossessarsi del cellulare della p.o. e tale azione si è ripercossa in modo del tutto indiretto ed involontario su quest’ultima».
3. In base al nuovo comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’errone qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura sicurezza.
Ciò posto, si deve ricordare che la Corte di cassazione ha costantemente affermato che, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto – ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati -, il quale configurabile quando detta qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo d’imputazione (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, NOME COGNOME Rv. 28302301; Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116-01), dovendosi escludere l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, COGNOME Rv. 272252-01) o che denunci errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dalla stessa contestazione e dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 279842-01; Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, NOME COGNOME Rv. 279573-01; Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 275971-02).
Ciò rammentato, si deve rilevare che l’unico motivo di ricorso non evidenzia un errore manifesto che sarebbe stato commesso col qualificare il fatto attribuito all’imputato come rapina anziché come furto con strappo, cioè una qualificazione palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo 1 dell’imputazione, atteso che, da tale capo d’imputazione, risulta come all’Anasi fosse stato contestato di
avere «violentemente aggredit e spintonat» la persona offesa, «sia per appropriarsi del bene che al fine di darsi alla fuga», utilizzando, perciò, una
violenza che appare indicata, in modo evidente, come indirizzata direttamente alla persona.
5. Trattandosi di impugnazione proposta contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti dopo l’entrata in vigore della menzionata
novella di cui alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1, comma 62, ha aggiunto comma
all’art. 610 cod. proc. pen. il
5-bis, il ricorso deve essere trattato nelle
ai sensi del secondo periodo di quest’ultimo comma.
forme de plano,
6. Per la ragione sopra indicata, il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1,
cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/03/2025.