Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14544 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 14544 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 30/09/1982
avverso la sentenza del 19/12/2024 del GIP TRIBUNALE GENOVA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME “LZ tADIA 4 – teu,’« TI-3 14 VeAm.:
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, ha applicato al ricorrente la pena patteggiata tra le parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di riciclaggio.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica del fatto in termini di riciclaggio anziché ricettazione.
3.11 ricorso è inammissibile perché proposto per motivo manifestamente infondato.
In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica
rispetto al contenuto del capo di imputazione (da ultimo, Sez. 2, n. 14377 del
31/03/2021, COGNOME Rv. 281116-01; Sez. 3, n. 34902 del 24/06/2015,
COGNOME, Rv. 264153; Sez. 6, n. 15009 del 27/11/2012, Bisignani, Rv. 254865).
Nel caso in esame, la lettura del capo di imputazione rende manifesto che il ricorrente commise una condotta avente gli effetti di ostacolare l’identificazione
della provenienza illecita di una somma di danaro, prelevandola da un conto corrente intestato a terza persona che lo aveva messo a disposizione degli ignoti
autori di una frode informatica (tra le tante, Sez. 2, n. 21687 del 05/04/2019,
COGNOME Rv. 276114; Sez. 2, n. 3397 del 16/11/2012, dep. 2013, COGNOME
Rv. 254314).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila
alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso, il 14/03/2025.