Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11728 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11728 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/03/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso; sentite le conclusioni del difensore della parte civile NOME COGNOME avvocato NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso e ha prodotto nota spese; sentite le conclusioni del difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Il difensore di NOME COGNOME munito di procura speciale, chiede l’annullamento dell’ordinanza del 9 aprile 2024 (depositata il 16 aprile 2024) di inammissibilità del ricorso per cassazione pronunciata dalla Settima sezione penale di questa Corte, in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 646 e 615ter cod. pen.
Sostiene il ricorrente che la dichiarazione di inammissibilità è frutto di un errore di fatto derivante dall’omesso esame del primo motivo di ricorso mediante il quale si censurava l’illegittimità della sentenza del 15 febbraio 2023 della Corte di appello di Catanzaro evidenziando che le due fattispecie di reato contestate al Vela erano strettamente connesse e strumentali poiché, sostanzialmente, il predetto Vela, tramite accessi abusivi ai sistemi informatici della banca, avrebbe beneficiato, direttamente o indirettamente, di prelievi di denaro mediante assegni e/o bonifici di importo ascendente a oltre 160.000 euro nonché di una ulteriore somma di euro 130.000, ricevuta direttamente dal concorrente nei reati, NOME COGNOME, direttore pro tempore della Banca Sviluppo di Cosenza che se ne era appropriato attraverso la gestione dei conti di clienti attraverso i cassieri NOME COGNOME e NOME COGNOME. La Corte di legittimità non aveva esaminato il tema della connessione dei due reati contestati.
Ulteriore errore percettivo della Corte di Cassazione emergerebbe dalla lettura combinata del primo e secondo motivo di ricorso, che censurava violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale attraverso la escussione del maresciallo NOME COGNOME che aveva eseguito le indagini, e le cui dichiarazioni erano state completamente pretermesse già nella sentenza di primo grado, dichiarazioni, viceversa, rilevanti per escludere il concorso di NOME Vela nella commissione dei reati poiché questi non aveva accesso ai conti bancari dai quali erano stati effettuati i prelievi.
L’udienza del 22 gennaio 2025 veniva differita a quella odierna per legittimo impedimento a comparire del difensore del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso straordinario proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile non essendo configurabile nell’ordinanza del 9 aprile 2024 della Settima Sezione penale della Corte di Cassazione alcun errore percettivo o di fatto.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso, errore connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (in questo senso, tra le molte, Sez. U, n.
16103 del 27/03/2002, COGNOME, Rv. 221280; n. 37505 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 250527).
La nozione è stata ribadita anche con riguardo al vizio di omesso esame di un motivo di ricorso, omissione rispetto alla quale si è affermato che non è deducibile la mancata disamina di doglianze non decisive o che devono essere considerate implicitamente disattese perché incompatibili con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la “ratio decidendi” della sentenza, sicché è onere del ricorrente dimostrare che i motivi non esaminati fossero, invece, decisivi, e che il loro omesso scrutinio sia dipeso da un errore di percezione (Sez. 1, n. 391 del 09/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285553).
L’ordinanza impugnata, oggetto di ricorso straordinario, è stata emessa dalla Settima Sezione di questa Corte ai sensi dell’art. 610, comma 5, cod. proc. pen. e la sua lettura rivela che il giudice di legittimità, ha compiuto una sintetica, ma sufficiente e affatto parziale, lettura dei motivi di ricorso che sono stati ritenuti generici e manifestamente infondati alla stregua del ragionato confronto critico tra i motivi di ricorso e le argomentazioni svolte nella sentenza oggetto di impugnazione: oggetto dello scrutinio dell’ordinanza di inammissibilità è costituito, infatti, dalla ‘ratio decidendi’ della sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 15 febbraio 2023.
In particolare, la Corte di Cassazione, con riguardo al primo motivo di ricorso ha ritenuto che si trattava essenzialmente di un motivo svolto in fatto e teso alla rivalutazione delle fonti di prova al cospetto della motivazione, non manifestamente illogica, della Corte di appello di Catanzaro che aveva scrutinato, con dovizia di richiami in fatto, la posizione di COGNOME NOME e, con riferimento al reato di cui all’art. 615ter cod. pen., aveva ben chiarito come a questi fossero imputabili le condotte di accesso abusivo al sistema informatico della banca non attraverso operazioni dirette ‘manuali’ (come per gli altri stagisti e funzionari della banca, che agivano indotti in errore dal COGNOME che ne utilizzava anche le password), ma quale concorrente morale delle operazioni personalmente effettuate dal COGNOME poiché sul conto di NOME COGNOME erano confluite somme (prelevate da altri conti tramite bonifici, assegni circolari e in contanti) e dallo stesso COGNOME, consapevole della insussistenza della provvista, utilizzate (si tratta delle operazioni indicate elencate a pag. 7 della sentenza della Corte di appello alla quale l’ordinanza oggi impugnata fa espresso rinvio), ovvero somme in contanti ricevute dal COGNOME (che questi aveva annotato su un’agenda).
Va inoltre ribadito, con riguardo al motivo di ricorso che denuncia l’omesso esame della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, già la sentenza di primo grado aveva esaminato la
posizione di NOME COGNOME differenziandola nettamente da quella degli altri stagisti, fittiziamente assunti e aveva esaminato le risultanze documentali e le dichiarazioni rese dal maresciallo COGNOME che aveva sottolineato come la documentazione bancaria (in particolare le distinte delle operazioni disconosciute dai correntisti) fossero state trovate a casa del COGNOME il quale aveva tentato di tenere indenne il COGNOME da conseguenze penali.
E, proprio tali dichiarazioni erano state oggetto di esame nella sentenza della Corte di appello che ne aveva smentito la valenza difensiva evidenziando come il COGNOME aveva riferito che per aiutare un correntista della banca, loro comune amico, tale COGNOME aveva chiesto il consenso del COGNOME per i prelievi dal conto Vela sul quale erano, poi, stati dirottati, a titolo di restituzione, due assegni circolari tratti dal conto corrente di NOME COGNOME (cognato del COGNOME): a tal riguardo le sentenze di merito avevano richiamato il contenuto di una conversazione intercettata in cui lo stesso COGNOME aveva approvato il trasferimento dei fondi.
Come si è detto, l’ordinanza di inammissibilità del 9 aprile 2024 sulla base di tale compendio ricostruttivo, nel dichiarare la inammissibilità dei motivi di ricorso ha espressamente richiamato la motivazione della sentenza di appello (pagg. 710) evidenziando che si trattava di argomentazioni incensurabili in sede di legittimità, al pari dei rilievi che investivano la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, con la escussione del verbalizzante, rilievi che, per essere decisivi e rilevanti, avrebbero dovuto segnalare omissioni o altre incompletezze della motivazione – viceversa insussistenti – sul coinvolgimento del Vela nelle operazioni di accesso abusivo, quale complice del COGNOME e suo concorrente morale nonché beneficiario delle operazioni che, con il suo consenso, erano confluite sul suo conto corrente e che egli aveva approvato.
In sintesi, l’ordinanza del 9 aprile 2024 ha ritenuto che i motivi di ricorso, essenzialmente volti alla rivalutazione delle fonti di prova onde pervenire ad una ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dai giudici di merito, ha puntualmente esaminato il giudizio di colpevolezza del Vela in relazione ai reati ascrittigli escludendo la fondatezza del ricorso per cassazione: deve, pertanto, pervenirsi alla conclusione che nell’ordinanza del 9 aprile 2024 non è riconoscibile la sussistenza degli errori di fatto nei termini dedotti dal ricorrente con conseguente inammissibilità del proposto ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge tenuto conto dei criteri di cui al d.m. n. 55 del 2014 e ss. modifiche.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 5 marzo 2025