Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18159 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18159 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso sul ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. proposto da COGNOME NOME COGNOME avverso la sentenza emessa dalla Corte di cassazione, Sezione Quinta, in data 18.04.2024;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat Generale NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udito il difensore del ricorrente, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre in via straordinaria contro la sentenza della Sezion Quinta, n. 1038 del 18 aprile 2024, che, per quanto riguarda tale imputato, ha rigettato il ri
avverso la pronuncia della Corte appello Reggio Calabria 29 giugno 2022, che l’aveva condannato, nell’ambito di un più ampio procedimento relativo ad associazione mafiosa e vari delitti-fine, per i reati di cui al capo G), usura aggravata dal metodo mafioso, e di cui ai ca H2), minaccia ed estorsione aggravate dal metodo mafioso.
Il ricorrente straordinario, con ricorso sintetizzato conformemente al disposto dell’art. disp. att. cod. proc. pen., lamenta quanto di seguito esposto.
1.1. In relazione al capo G) dell’imputazione, premette che, davanti alla Corte di appe di Reggio Calabria, era stato censurato di essere stato sottaciuto, quale elemento a discari dell’imputato, il contenuto del verbale di interrogatorio reso dall’imputato COGNOME in data 2014 alla Guardia di Finanza, dal quale sarebbe emerso, contrariamente a quanto sostenuto dalla persona offesa, NOME COGNOME, che i rapporti tra COGNOME e il medesimo risalivano 2003, in quanto entrambi lavoravano, con diverse mansioni – COGNOME, quale agente pubblicitari COGNOME, in veste di distributore dei giornali – per la rivista “La Riviera”.
Successivamente, RAGIONE_SOCIALE aveva aperto l’agenzia pubblicitaria RAGIONE_SOCIALE, per la qua COGNOME prestava la propria attività mediante la RAGIONE_SOCIALE, una società facente capo quest’ultimo e che si occupava della distribuzione delle iniziative editoriali prodotte da Pub di NOME COGNOME.
Nell’ambito del quadro tratteggiato, si sarebbero inscritti i rapporti commercial imputato e persona offesa che, dunque, avrebbero avuto fonte lecita, a riprova della c esistenza, nel corso dell’interrogatorio, COGNOME aveva prodotto venticinque fatture, att una serie di pagamenti, ed emesse tra il 23 maggio 2009 e il 31 dicembre 2011 in favore di COGNOME, dimostrative del regolare rapporto di lavoro e collaborazione, finalizzato distribuzione del periodico “Fatto on Line”.
Il giudice di appello – lamentava la difesa di fronte alla Quinta Sezione – non aveva ten in debita considerazione tali circostanze, avendo altresì omesso di considerare che contrariamente a quanto assunto da COGNOME, COGNOME, sempre nel corso dell’interrogator davanti alla Guardia di Finanza del 7 aprile 2014, aveva riferito che, circa nel 2010, COGNOME e a chiedergli un prestito di denaro. Egli accettò di erogare la complessiva somma di 8.300, euro, in quattro tranches, che Panetta restituì in un paio di anni attraverso prestazioni lavorativ puntualmente fatturate, relative alla distribuzione di iniziative editoriali promosse da I curando, segnatamente, la distribuzione del “Fatto on line”.
A conferma delle indicate dichiarazioni, la difesa aveva prodotto una scrittura priv datata 4 agosto 2011, sottoscritta da imputato e persona offesa, dimostrativa della lic dell’operazione, stante l’assenza di restituzione di somme eccedenti quelle erogate in prestit quindi escludenti ogni rapporto di natura usuraria.
L’odierno ricorrente lamenta che, a fronte della censura mossa alla sentenza di appello, la decisione assunta in sede di legittimità dalla Quinta Sezione, di cui oggi ci si duole straordinaria, non avrebbe preso in esame tale specifico motivo e ciò, a causa di un error percettivo – così, in tesi, definito a pag. 4 del ricorso straordinario – in assenza del adeguatamente valorizzando l’elemento di cui si è detto, ne sarebbe derivata l’insussistenza del delitto di usura aggravata.
Non si sarebbe proceduto, ciò che sarebbe stato necessario ai fini della acquisizione dell prova del reato contestato, alle opportune escussioni testimoniali, nelle persone del Responsabil della Direzione provinciale UDC e di NOME COGNOME, titolare della RAGIONE_SOCIALE, m addirittura già dalle dichiarazioni di COGNOME sarebbe emerso che l’operazione commerciale con la UDC non era andata in porto (cfr. udienza 19 aprile 2018) e che RAGIONE_SOCIALE non aveva ricavat alcun introito dalla presente vicenda. Ad avviso del ricorrente, l’incontro COGNOMECOGNOME aprile 2011 non aveva pertanto riguardato prestazioni di natura usuraria, bensì le preoccupazioni che COGNOME nutriva per il ritardo della SP Servizi nella distribuzione dei contributi editor
1.2. Con riferimento ai capi H1), H2) dell’imputazione, il ricorrente straordinario lame errore percettivo in cui sarebbe incorsa la Quinta Sezione che, in tesi, a fronte di artic doglianze svolte dalla difesa avverso la sentenza di appello circa la sussistenza della minacc costitutiva dell’estorsione, di cui sarebbero mancati i relativi elementi circostanziali, indi un potere intimidatorio e di un concreto atteggiamento minaccioso di Infusini, avrebb erroneamente omesso di valutare la rilevanza ai fini di cui si tratta.
Invero, avrebbero dovuto essere positivamente valutate, in quanto ostative ad un rapporto di sudditanza – significativa, ai fini della sussistenza dei reati di cui ai capi H1 di COGNOME rispetto ad COGNOME, una serie di circostanze, così sintetizzabili: la person COGNOME, incensurato, privo di pendenze; editore affermato, anche in Canada; titolare un’agenzia pubblicitaria e privo di contatti con la criminalità organizzata.
Come analogamente ostative sarebbero le condizioni soggettive della vittima, legata da amicizia, oltre che da rapporti commerciali leciti con RAGIONE_SOCIALE; il contesto commerciale in cu radicata la vicenda, caratterizzata da un normale rapporto commerciale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; le condizioni ambientali in cui si erano mossi i protagonisti dei fatti, posto che lo stesso Pa aveva escluso che RAGIONE_SOCIALE avesse contatti con la criminalità organizzata e, segnatamente, con la consorteria RAGIONE_SOCIALECOGNOME–RAGIONE_SOCIALE.
In definitiva, il ricorrente straordinario si duole che, a fronte di precise censure senso, la Quinta Sezione sia rimasta silente, omettendo la considerazione, per errore percettivo di specifici profili di doglianza che, qualora accolti, avrebbero portato ad una diversa decisi
1.3. L’asserito, negligente silenzio argomentativo della impugnata pronuncia per errore di fatto altresì riguarderebbe gli specifici motivi sulla sussistenza della circostanza aggravan cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., relativa ai capi H1) e H2).
Il giudice di legittimità, pur avendo dato atto dell’esistenza dei motivi di ricorso, avrebbe presi in considerazione, neppure implicitamente, nella propria motivazione: omessa valutazione che troverebbe limite soltanto la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, ipo nella specie non sussistente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente infondato.
1.1. Costituisce principio consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, che «Il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto avverso i provvedimenti della Corte di cassazi non può avere ad oggetto il travisamento del fatto o della prova, poiché l’istituto è funziona rimuovere i vizi di percezione delle pronunce di legittimità, e non anche quelli del ragionamento (da ultimo, cfr. Sez. 3, n. 11172 del 15/12/2023, dep. 2024, Dema, Rv. 286048-01).
L’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità ed oggetto del rimedio di cu 625-bis cod. proc. pen. riguarda soltanto l’errore percettivo, causato da svista o da equivoco cui sia incorsa la Corte nell’esaminare gli atti del giudizio e tale da incidere sulla formazione volontà decisoria, conducendo ad un decisum diverso rispetto a quanto sarebbe avvenuto, ove l’errore non si fosse verificato.
1.2. Applicando i condivisi principi al caso di specie, il ricorrente, sotto le s dell’errore percettivo, esorta la Corte ad una interdetta rilettura valutativa di elementi come si va ad esporre, compiutamente e precisamente la Sezione Quinta si è fatta carico nella motivazione censurata, predisponendo accurata risposta alle doglianze difensive.
Rispondendo al primo motivo di ricorso – che pure la difesa giudica correttamente riassunto dalla Corte – la Quinta Sezione (cfr. pag. 60) premette che «la Corte di appello ha ritenuto riscontrate le dichiarazioni di COGNOME non solo sulla base delle matrici, ma anche in della produzione da parte sua delle fatture che NOME COGNOME aveva emesso nei confronti di soggetti verso i quali il testimone vantava crediti per prestazioni professional a loro favore dalla propria impresa, RAGIONE_SOCIALE, formalmente intestata alla moglie, NOME COGNOME, e che avevano costituito oggetto di cessione a favore di COGNOME a titolo di pa estinzione del debito usurario. COGNOME, nel rendersi cessionario dei crediti, aveva, tramite impresa RAGIONE_SOCIALE, emesso le fatture direttamente nei confronti dei debitori di COGNOME».
La sentenza impugnata prosegue, osservando che, ove si dubitasse della credibilità di quanto riferito da COGNOME, non sarebbe logicamente giustificabile il possesso, da parte d medesimo, di fatture relative a rapporti commerciali ai quali egli risultava estraneo, circost
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che si comprende soltanto con la necessità di conservare una traccia dei rapporti di debit credito intrattenuti con RAGIONE_SOCIALE e con l’opportunità di conservare la prova della par soddisfazione di parte dei propri debiti verso l’altro.
Considerazioni che, osserva la Sezione Quinta, sono state poste a fondamento, in sede di appello, della decisione impugnata e con le quali il ricorrente ha omesso di confrontarsi, laddo sostiene che, ad unico riscontro delle dichiarazioni di COGNOME, sarebbe stato posto il document costituito dalle matrici degli assegni consegnati ad RAGIONE_SOCIALE
Come, analogamente, la Quinta Sezione si sofferma (pag. 61 della sentenza) sul contenuto del verbale di interrogatorio di COGNOME alla Guardia di Finanza, così rivelan manifesta infondatezza, anche in tale prospettiva, del ricorso straordinario.
Invero, la Corte, rispondendo alla censura con la quale si lamentava l’omesso confronto, in sede di appello, rispetto alla ricostruzione fattuale fornita dall’imputato e alla documenta prodotta a sostegno della stessa, fa espressa menzione del verbale delle dichiarazioni rese da COGNOME, offrendo risposta, diversamente da quanto opina il ricorrente straordinario, cir significato attribuito dal giudice di appello alle venticinque fatture, ritenendo logico ed esau il ragionamento posto a fondamento della decisione impugnata.
In proposito, il Collegio osserva altresì che «La Corte di appello ha fornito risposta (vedi pag. 393 della motivazione della sentenza di appello) evidenziando, quanto al contrasto tra quanto affermato da COGNOME e la versione sostenuta da COGNOME, che la questione relativa a ch tra i due, avesse assunto l’iniziativa che aveva determinato l’insorgere del rapporto usurario marginale e che comunque non si apprezzavano profili di inconciliabilità (…) il secondo si limitato a partecipargli la disponibilità ad aiutarlo con un prestito (…) in occasio successivo incontro la questione era stata ripresa e COGNOME aveva spiegato i detta dell’operazione».
1.3. Per quanto riguarda la scrittura autenticata dal notaio, la Corte ha osservato ch come evidenziato dalla Corte territoriale, il documento non smentiva le dichiarazioni di COGNOME il quale aveva spiegato che l’importo indicato nella scrittura privata rappresentava soltan residuo insoluto di una parte del finanziamento di cui al capo G) dell’imputazione.
E, infine, con riferimento alle fatture emesse dall’impresa di COGNOME nei confronti de RAGIONE_SOCIALE, impiegando argomenti puntuali e coerenti, COGNOME aveva spiegato che, in taluni casi, gli importi indicati nelle fatture erano stati detratti dal debito usurario verso RAGIONE_SOCIALE, del fatto che, accanto ai rapporti di dare-avere aventi origine nel prestito illecito, t coesistevano anche relazioni commerciali, profilo che confuta le doglianze (pag. 5 del ricors straordinario) volte ad introdurre dubbi, asseritamente scaturiti da errori percettivi, c correttezza della soluzione adottata in sede di legittimità e derivanti dall’omessa considerazi <5.7( di rapporti commerciali leciti tra i due, invece puntualmente presi in esame.
1.4. Non è ammissibile neppure la doglianza introdotta con il ricorso straordinario ordine alla asserita lacuna valutativa – e, prima ancora, istruttoria – circa la conversazio COGNOME e NOME COGNOME del 10 giugno 2013, a mente della quale il primo aveva spiegato all'interlocutore di avere estinto da tempo ogni posizione debitoria con RAGIONE_SOCIALE
Invero, alla luce delle considerazioni svolte dalla Quinta Sezione (cfr. pag. 62 de sentenza), risulta evidente come sia stato puntualizzato, ritenendo inammissibile il motivo ricorso, che si trattava di mera reiterazione del relativo motivo di appello, la cui risposta della Corte territoriale non era stata oggetto di puntuale aggressione mediante ricorso.
1.5. Puntuale risposta si rinviene nella sentenza della Quinta Sezione (pag. 62) a front della doglianza agitata con riferimento al capo H1) dell'imputazione: il Collegio, nel giudi inappuntabile la valutazione di credibilità svolta dalla Corte territoriale nei confronti di P ha osservato che le dichiarazioni del medesimo avevano trovato riscontro nelle matrici degl assegni e nella produzione di fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEr.IRAGIONE_SOCIALE, sicc le censure svolte in ricorso sono state ritenute tese ad una rivalutazione del materiale istrut non consentita in sede di legittimità.
Si è dato puntuale conto (pag. 63) della insindacabilità della sentenza di appello, co riferimento al carattere minatorio (capi H1), H2) delle frasi che COGNOME aveva pronunciato finalità di costrizione nei confronti di COGNOME, giudicando coerenti ed esplicite le ragioni dal giudice di appello a fondamento della natura gravemente intimidatoria delle reiterat allusioni, da parte di COGNOME, a persone che, per suo tramite, avrebbero dovuto fare giungere denaro dovuto da COGNOME a persone detenute: con l'avvertimento che, se non avesse pagato, COGNOME avrebbe dovuto relazionarsi con loro.
Prospettazioni intimidatorie che avevano costretto COGNOME ad assecondare le richieste di denaro avanzate da RAGIONE_SOCIALE, mediante cessione di crediti e con l'emissione di fatture p operazioni inesistenti.
Da quanto esposto, ne discende l'inammissibilità, anche in tale prospettiva, del ricorso.
Analogamente inammissibile si presenta, infine, la doglianza agitata con riguardo all sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis.1. cod. pen.
Il Collegio della Quinta Sezione, rispondendo a censure del ricorrente, ha provveduto a prenderle in puntuale considerazione, nell'osservare (pag. 63), con argomenti che fugano ogni ventilata dis-percezione, come la Corte territoriale avesse correttamente ritenuto, sulla base una valutazione sottratta al giudice di legittimità, che RAGIONE_SOCIALE avesse attuato il metodo mafi dicendo a COGNOME che il denaro da lui dovuto sarebbe stato destinato, per tramite di terzi, mantenimento di persone detenute e che, ove non avesse provveduto ad adempiere, avrebbe dovuto giustificarsi con costoro, ciò che, alla luce della prassi invalsa in ambito mafi
destinare denaro al mantenimento degli associati ristretti e delle relative famiglie, evocav contiguità di Infusini rispetto a tale contesto criminale.
E, in definitiva, Il Collegio ha concluso che
«Proprio la gravità di siffatta minaccia, secondo la ricostruzione fattuale che emerge dalle due sentenze di merito, ha indotto COGNOME ad attivar
per corrispondere con celerità le somme richieste da RAGIONE_SOCIALE.
Alla luce di tali considerazioni, è evidente come il ricorrente straordinario omett confrontarsi con la motivazione resa dalla Quinta Sezione, ciò che evidenzia, anche in tal
prospettiva, l'inammissibilità del ricorso che, incompatibilmente rispetto all'art. 625-bis proc. pen., si duole del percorso argomentativo posto a fondamento della decisione impugnata.
3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell'
616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v'è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza
«versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/03/2025