Errore Materiale Sentenza: Prevale la Motivazione o il Dispositivo?
Un recente caso affrontato dalla Corte di Cassazione ha riacceso il dibattito su un tema cruciale del diritto processuale penale: cosa succede quando si verifica un errore materiale in una sentenza? Nello specifico, la questione riguardava una palese discrepanza tra la pena calcolata dal giudice nella parte esplicativa della sentenza (la motivazione) e quella, più mite, effettivamente riportata nella parte decisionale (il dispositivo). La Suprema Corte, con la sentenza n. 6257/2024, ha fornito una risposta netta, mettendo al centro la tutela della posizione dell’imputato.
I Fatti del Caso: Una Pena, Due Misure
Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Bolzano, che aveva condannato un uomo per i reati di resistenza e danneggiamento. Analizzando il provvedimento, emergevano due dati contrastanti:
1. La Motivazione: Il giudice spiegava dettagliatamente il calcolo della pena. Partendo da una base di sei mesi per il reato di resistenza, l’aveva aumentata a otto mesi per la continuazione interna e, infine, a nove mesi per la continuazione con il delitto di danneggiamento.
2. Il Dispositivo: Nonostante il calcolo descritto, la parte finale della sentenza, quella che stabilisce la condanna effettiva, riportava una pena di soli sei mesi di reclusione.
Di fronte a questa incongruenza, il Procuratore generale presso la Corte di appello decideva di ricorrere in Cassazione, sostenendo la tesi dell’errore materiale. Secondo l’accusa, la motivazione doveva prevalere e, di conseguenza, la sentenza andava annullata per correggere la pena e portarla ai nove mesi calcolati.
La Decisione e l’Errore Materiale in Sentenza
La Corte di Cassazione ha respinto la tesi del Procuratore, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi attenta dei principi che governano la correzione degli errori e la tutela dei diritti dell’imputato.
Le Motivazioni della Corte
I giudici della Suprema Corte hanno basato la loro decisione su tre pilastri argomentativi fondamentali. In primo luogo, hanno evidenziato che non era possibile stabilire con assoluta certezza la presenza di un mero errore materiale. La motivazione, infatti, non era stata redatta contestualmente al dispositivo, lasciando aperta la possibilità che il giudice avesse riconsiderato la pena al momento della decisione finale. Ad esempio, avrebbe potuto applicare le attenuanti generiche partendo da una pena base inferiore, giungendo così legittimamente ai sei mesi finali.
In secondo luogo, la pena di sei mesi indicata nel dispositivo non era di per sé illegale o sproporzionata per i reati contestati. Questo elemento è cruciale: se la pena fosse stata palesemente al di fuori dei limiti edittali, la valutazione sarebbe potuta essere diversa.
Infine, e questo è il punto più rilevante, la Corte ha sottolineato che l’eventuale correzione richiesta dal Procuratore sarebbe andata a esclusivo danno dell’imputato (una reformatio in peius). La procedura di correzione dell’errore materiale non può essere utilizzata per aggravare la posizione del condannato. Citando un precedente conforme, la Corte ha ribadito che non si può porre rimedio a un vizio per peggiorare l’entità della pena inflitta.
Le Conclusioni: La Tutela dell’Imputato come Principio Guida
La sentenza n. 6257/2024 rafforza un principio cardine del nostro ordinamento: nel dubbio e in presenza di un’incongruenza che non può essere risolta con certezza, prevale l’interpretazione più favorevole all’imputato. L’istituto della correzione dell’errore materiale è uno strumento pensato per rimediare a sviste formali, non per alterare la sostanza di una decisione in senso peggiorativo per chi la subisce. Pertanto, in assenza di una chiara e inequivocabile evidenza di un errore di calcolo o trascrizione, e di fronte a una pena formalmente legittima, il dispositivo della sentenza mantiene la sua piena efficacia, cristallizzando la sanzione più mite per il condannato.
In caso di discrepanza tra pena indicata nella motivazione e quella nel dispositivo, quale prevale?
La sentenza suggerisce che prevale la pena indicata nel dispositivo, specialmente se è più favorevole all’imputato e non si può accertare con certezza che si tratti di un errore materiale.
È possibile correggere un errore materiale in una sentenza per aumentare la pena a danno dell’imputato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la procedura di correzione non può essere utilizzata per porre rimedio a un vizio della sentenza se ciò comporta un peggioramento della pena per il condannato.
Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non era possibile evincere con certezza un errore materiale, la pena di sei mesi nel dispositivo era di per sé legale e, soprattutto, la correzione richiesta avrebbe ingiustamente aggravato la posizione dell’imputato.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6257 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6257 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
P.G. presso la sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento sul ricorso proposto da Nei confronti di NOME, nato il DATA_NASCITA in Tunisia
avverso la sentenza in data 02/03/2023 del Tribunale di Bolzano visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Bolzano
in data 02/03/2023 con cui è stata riconosciuta la penale responsabilità di NOME in ordine ai delitti di resistenza e di danneggiamento.
Deduce violazione di legge in relazione all’art. 125 cod. proc. pen., segnalando che nel dispositivo risultava inflitta la pena di mesi sei di reclusione e che tuttavia in motivazione si dava conto del calcolo della pena, muovendo da quella di mesi sei per la resistenza, aumentata a mesi otto per la continuazione interna e a mesi nove per la continuazione con il delitto di danneggiamento: in tal modo avrebbe dovuto ritenersi riconoscibile un errore materiale nel dispositivo alla luce della motivazione, cui avrebbe dovuto riconoscersi prevalenza, ciò che imponeva l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Deve al riguardo osservarsi che il ricorso non è volto a porre in luce un profilo di arbitrarietà della pena irrogata o l’inidoneità della motivazione, ma solo a segnalare la necessità della correzione dell’errore materiale che si anniderebbe nel dispositivo della sentenza impugnata, nel quale la pena è determinata in mesi sei di reclusione, quando nella motivazione si fa riferimento ad una pena base di mesi sei, poi aumentata fino a mesi nove per la continuazione.
Va tuttavia rimarcato come non sia dato con certezza evincere un errore materiale, posto che la motivazione non è stata redatta contestualmente e che, per contro, la pena risultante dal dispositivo risulta di per sé non illegale, tenendo conto delle attenuanti generiche, che consentirebbero di muovere da una pena inferiore a mesi sei, poi aumentata fino a mesi sei.
Deve aggiungersi che non si tratta di porre rimedio ad un vizio a vantaggio dell’imputato, ma di correggere l’entità della pena in suo danno (si rinvia a Sez. 3, n. 30286 del 09/03/2022, COGNOME, Rv. 283650).
Su tali basi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P. Q. M.