Errore Materiale Sentenza: La Cassazione Chiarisce la Prevalenza del Dispositivo sulla Motivazione
Un errore materiale sentenza può generare dubbi e incertezze sull’effettiva portata di una decisione giudiziaria. Ma cosa succede quando l’errore si trova solo nella parte esplicativa (la motivazione) e non nella decisione finale (il dispositivo)? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiarificazione, ribadendo un principio cardine del nostro sistema processuale: il dispositivo prevale sempre.
I Fatti del Caso: La Rideterminazione della Pena
La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di Cassazione che, accogliendo parzialmente il ricorso di un imputato, aveva annullato senza rinvio una precedente condanna della Corte d’Appello. La Suprema Corte aveva ritenuto che alcuni reati legati ad armi comuni da sparo dovessero essere ‘assorbiti’ in quelli, più gravi, di detenzione e porto di arma clandestina.
Di conseguenza, la Corte stessa aveva proceduto a ricalcolare la pena complessiva, eliminando gli aumenti relativi ai reati assorbiti. Questo nuovo calcolo, partendo da una pena base e aggiungendo gli aumenti per i reati residui (come ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale), e applicando infine la riduzione per il rito premiale scelto, aveva portato a una condanna finale.
La Richiesta di Correzione e l’Errore Materiale Sentenza
Successivamente, la difesa dell’imputato ha presentato un’istanza per la correzione di un presunto errore materiale contenuto nella sentenza della Cassazione. Secondo il ricorrente, vi era una discrepanza nel calcolo della pena. Tuttavia, un’analisi più attenta ha rivelato la vera natura del problema.
L’errore non si trovava nel dispositivo, ovvero nella parte finale della sentenza che enuncia la condanna definitiva. Il dispositivo, infatti, indicava correttamente la pena in ‘anni due, mesi dieci, giorni venti di reclusione ed euro 7.333 di multa’.
La svista era invece contenuta in un passaggio della motivazione, dove, nel descrivere il ricalcolo, la pena era stata erroneamente indicata come ‘anni due, mesi dieci di reclusione ed euro 7.333 di multa’, omettendo i ‘venti giorni’. Si trattava, quindi, di un mero refuso nella parte esplicativa del provvedimento.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di correzione, spiegando in modo cristallino le ragioni della sua decisione. I giudici hanno sottolineato che la procedura di correzione dell’errore materiale serve a emendare sviste che si trovano nel dispositivo, in quanto è quest’ultimo a costituire l’atto di imperio del giudice, quello che produce effetti concreti nella realtà giuridica.
Nel caso di specie, il dispositivo era esente da vizi. L’errore era confinato alla parte motiva della sentenza, che ha la funzione di illustrare l’iter logico-giuridico seguito dal giudice, ma non ha autonoma forza precettiva. La discrepanza tra una motivazione parzialmente errata e un dispositivo corretto si risolve, secondo la Corte, con la prevalenza assoluta di quest’ultimo. Non era dunque necessario alcun intervento correttivo, poiché la condanna da eseguire era quella, chiara e corretta, indicata nel dispositivo.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per la stabilità e la certezza del diritto. Stabilisce che, di fronte a un errore materiale sentenza, è cruciale distinguere dove esso si annida. Se l’errore è solo nella motivazione e il dispositivo è corretto, non vi è luogo a correzione, poiché la volontà del giudice è chiaramente e validamente espressa nella parte decisionale. Questa decisione offre una guida preziosa per gli operatori del diritto, confermando che il cuore di una sentenza risiede nel suo dispositivo, l’atto che definisce in modo incontrovertibile i diritti e gli obblighi delle parti.
Cosa succede se c’è una discrepanza tra la motivazione e il dispositivo di una sentenza?
Secondo la Corte di Cassazione, in caso di un errore materiale, il dispositivo, ovvero la parte decisionale finale, prevale sempre sulla motivazione, cioè la parte che spiega le ragioni della decisione.
Che cos’è un errore materiale secondo questa ordinanza?
È una svista puramente formale, come un errore di calcolo o di trascrizione, che non altera il ragionamento giuridico di fondo. Nel caso specifico, consisteva nell’omissione di ‘venti giorni’ dalla descrizione della pena nella motivazione, mentre erano correttamente indicati nel dispositivo.
Perché la Corte ha rigettato la richiesta di correzione?
La richiesta è stata rigettata perché mirava a correggere il dispositivo, che però era già corretto. Poiché l’errore era solo nella motivazione e il dispositivo è la parte prevalente della sentenza, non era necessario alcun intervento correttivo formale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7709 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 1 Num. 7709 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso per correzione errore materiale proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN SEVERO il 31/08/1994
In relazione alla sentenza del 30/03/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
FATTO E DIRITTO
Esaminati gli atti del procedimento n. 35335/2024, inerenti alla correzione di errore materiale riferito alla sentenza che ha definito il procedimento n. 3125/23 R.G. nei confronti di NOME COGNOME pronunciata in data 30/03/2023.
Rilevato che la richiesta avanzata nell’interesse di NOME COGNOME di farsi luogo a correzione del dispositivo della sentenza emessa da questo Corte il 30/03/2023 non merita accoglimento.
Osservato a tale proposito che:
con la sentenza emessa il 30/03/2023, questa Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso avanzato da NOME COGNOME ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’appello di Bari del 15/02/2022 limitatamente ai reati di cui al capo A) (detenzione e porto d’arma comune da sparo di cui agli artt. 2, 4 e 7 legge n. 895/1967) , che ha escluso in quanto assorbiti nei reati di detenzione e porto di arma clandestina di cui all’art. 23, primo, terzo e quarto comma, della legge n. 110 del 1975, contestati al capo B);
l’annullamento della sentenza della Corte territoriale è stato disposto senza rinvio ex art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., avendo questa Corte di legittimità proceduto a rideterminare la pena previo scorporo ed eliminazione delle pene inflitte per i reati ritenuti assorbiti;
nel giudizio di merito la pena inflitta al COGNOME era stata così determinata: pena base per il più grave reato di cui all’art. art. 23 c. 4 legge n. 110 del 1975: anni 3 mesi 7 di reclusione ed C 9.000 di multa; così aumentata per le continuazioni: mesi 4 di reclusione ed C 1000 di multa per il reato di cui all’art. 648 cod. pen.; mesi 3 di reclusione ed C 500 di multa per il reato di porto d’arma comune da sparo; mesi 3 di reclusione ed C 500 di multa per il reato di detenzione d’arma clandestina ex art. 23 c. 3 legge n. 110 del 1975; mesi 2 di reclusione ed C 500 di multa per il reato di detenzione d’arma comune da sparo; mesi 2 di reclusione ed C 500 di multa per il reato di cui all’art. 337 cod. pen.; la pena così complessivamente ottenuta, pari ad anni 4 mesi 9 di reclusione ed C 12000 di multa, era stata infine ridotta di un terzo per effetto del rito premiale prescelto, giungendo così alla pena inflitta dal Giudice di primo grado, e confermata dalla corte barese, in anni 3 mesi 2 di reclusione ed C 8000 di multa;
l’eliminazione degli aumenti di pena per la continuazione in relazione ai reati ritenuti assorbiti ha comportato la rideterminazione della pena inflitta nei seguenti termini: pena base per il più grave reato di cui all’art. art. 23 c. 4 legge n. 110 del 1975: anni 3 mesi 7 di reclusione ed C 9.000 di multa; aumentata di mesi 4 di
reclusione ed C 1000 di multa per il reato di cui all’art. 648 cod. pen.; di mesi 3 di reclusione ed C 500 di multa per il reato di detenzione d’arma clandestina ex art. 23 c. 3 legge n. 110 del 1975; di mesi 2 di reclusione ed C 500 di multa per il reato di cui all’art. 337 cod. pen.. La pena complessiva pari ad anni 4 mesi 4 di reclusione ed C 11.000 di multa è stata infine ridotta di un terzo per effetto del rito sino alla pena finale di anni due, mesi dieci, giorni venti di reclusione ed euro 7.333 di multa, come correttamente indicata nel dispositivo.
Ritenuto pertanto che il dispositivo della sentenza emessa da questa Corte il 30/03/2023 non contiene errori materiali, risultando invero affetta da un mero errore materiale la parte motiva della sentenza, laddove a pag. 4, è indicato la pena rideterminata in anni due, mesi dieci di reclusione ed euro 7.333 di multa, anziché in anni due, mesi dieci, giorni venti di reclusione ed euro 7.333 di multa.
P.Q.M.
Dispone non farsi luogo alla correzione richiesta.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente