Errore materiale sentenza: la Cassazione può correggere il dispositivo?
Un errore materiale in sentenza può avere conseguenze significative sull’esito di un processo, specialmente quando crea una discrepanza tra ciò che il giudice ha scritto nella motivazione e ciò che ha deciso nel dispositivo finale. Con la sentenza n. 44118/2024, la Corte di Cassazione è intervenuta proprio su un caso di questo tipo, fornendo chiarimenti importanti sulla possibilità di correggere tali sviste senza annullare l’intero provvedimento. Analizziamo insieme la vicenda.
I Fatti del Caso: Bancarotta e Ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imprenditore per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Dopo un complesso iter giudiziario, la Corte d’Appello di Milano, in sede di rinvio, aveva confermato la condanna, ma aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado. In particolare, aveva riconosciuto all’imputato un’attenuante e, di conseguenza, aveva ricalcolato la pena finale.
Tuttavia, l’imputato ha deciso di ricorrere nuovamente in Cassazione, lamentando tre specifici vizi nella decisione d’appello. Il punto cruciale, che si rivelerà poi decisivo, riguardava una palese contraddizione interna alla sentenza impugnata.
I Motivi del Ricorso: Dal Bilanciamento delle Circostanze all’Errore Materiale in Sentenza
L’imprenditore ha articolato il suo ricorso su tre motivi principali:
1. Contrasto tra motivazione e dispositivo: Il ricorrente ha evidenziato come nella parte motiva della sentenza i giudici avessero stabilito la prevalenza delle circostanze attenuanti sull’aggravante contestata. Ciononostante, nel dispositivo finale (il cosiddetto P.Q.M.), il giudizio di bilanciamento era stato espresso in termini di equivalenza. Questa discrasia, secondo la difesa, era frutto di un semplice errore materiale in sentenza che necessitava di correzione.
2. Mancato riconoscimento di un’attenuante speciale: Si contestava la mancata concessione dell’attenuante per danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dalla legge fallimentare.
3. Errata applicazione delle attenuanti generiche: Si lamentava che le attenuanti generiche non fossero state concesse nella loro massima estensione possibile.
La Decisione della Corte di Cassazione e l’errore materiale in sentenza
La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi, giungendo a conclusioni differenti per ciascuno di essi.
L’Inammissibilità degli Altri Motivi
I giudici di legittimità hanno dichiarato inammissibili il secondo e il terzo motivo. Riguardo all’attenuante speciale, la Corte ha chiarito che la questione non rientrava nel perimetro del giudizio di rinvio e, in ogni caso, era già stata rigettata in una precedente pronuncia. Inoltre, ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione del danno ai fini di tale attenuante va fatta al momento della consumazione del reato, e l’eventuale risarcimento successivo può rilevare solo ai fini di un’altra attenuante (quella dell’avvenuto risarcimento), già correttamente riconosciuta nel caso di specie.
Anche il terzo motivo è stato giudicato inammissibile, in quanto si trattava di una critica alla valutazione di merito del giudice d’appello, mascherata da violazione di legge, un tipo di censura non consentito in sede di legittimità.
L’Accoglimento del Motivo sull’Errore Materiale
Il primo motivo è stato invece ritenuto fondato. La Cassazione ha riconosciuto l’evidente contraddizione tra la motivazione e il dispositivo. Dalla lettura complessiva della sentenza d’appello, e in particolare dall’analisi del processo di calcolo della pena, emergeva in modo inequivocabile che l’intenzione dei giudici di merito fosse quella di ritenere le attenuanti prevalenti sull’aggravante.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha stabilito che la discrasia era chiaramente imputabile a un mero errore materiale occorso durante la redazione del dispositivo. In questi casi, la giurisprudenza consente alla stessa Corte di Cassazione di procedere direttamente alla correzione, senza necessità di annullare la sentenza con un ulteriore rinvio. La logica sottostante è quella dell’economia processuale e della coerenza: se la volontà del giudice è chiara e manifesta nella motivazione, un semplice lapsus calami nel dispositivo non deve inficiare la validità della decisione. Pertanto, la Corte ha disposto la correzione del dispositivo, ordinando che, laddove era scritto “equivalenza”, si dovesse leggere “prevalenza”.
Conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio di grande importanza pratica: la coerenza interna di un provvedimento giudiziario è fondamentale, ma un errore materiale in sentenza, quando palese e riconoscibile dal contesto della motivazione, può essere emendato. La decisione dimostra come l’ordinamento preveda strumenti per sanare le sviste formali, garantendo che la sostanza della decisione giudiziaria, come chiaramente espressa nel suo percorso argomentativo, prevalga su un errore di battitura nella parte finale del documento.
Cosa succede se c’è una contraddizione tra la motivazione e il dispositivo di una sentenza?
Se la contraddizione è riconducibile a un mero errore materiale, come una svista nella redazione, e la reale volontà del giudice emerge chiaramente dalla motivazione e dal calcolo della pena, la Corte di Cassazione può disporre la correzione dell’errore senza annullare la sentenza.
La restituzione del denaro dopo il fallimento estingue il reato di bancarotta fraudolenta?
No. Secondo la sentenza, il risarcimento del danno effettuato dopo la consumazione del reato non estingue il reato stesso, ma può essere valutato come circostanza attenuante (nello specifico, l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. per aver riparato il danno).
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare il merito di una decisione, come la misura delle attenuanti concesse?
No. Il ricorso in Cassazione è limitato al controllo della corretta applicazione della legge (vizio di legittimità) e non può trasformarsi in un nuovo giudizio sui fatti (vizio di merito). Criticare la discrezionalità del giudice nella quantificazione delle attenuanti, se la motivazione è logica e non contraddittoria, costituisce una censura di merito inammissibile.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 44118 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 44118 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BELLUSCO il 07/07/1947
avverso la sentenza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano, quale giudice del rinvio a seguito del parziale annullamento delle due precedenti decisioni assunte nel giudizio d’appello, ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, mentre, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha riconosciuto all’imputato l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. e rivisto il giudizi bilanciamento tra le circostanze di segno opposto ritenute sussistenti, provvedendo conseguentemente a rideterminare il trattamento sanzionatorio.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando tre motivi. Con il primo eccepisce il contrasto tra il dispositivo e la motivazione della sentenza in merito all’esito del giudizio di bilanciamento, atteso che nel primo viene affermata l’equivalenza tra le attenuanti riconosciute e la contesta aggravante, mentre in parte motiva era stata stabilita la prevalenza delle prime sulla seconda. Discrasia che il ricorrente imputa ad un errore materiale nella redazione del dispositivo di cui chiede la correzione. Con il secondo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizi di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento dell’attenuante speciale del danno patrimoniale di speciale tenuità. In proposito il ricorrente lamenta anzitutto la violazione del vincolo di rinvio, avendo la Corte territoriale omesso di pronunziarsi sulla configurabilità della suddetta attenuante sebbene il suo riconoscimento avesse costituito oggetto di specifica richiesta con i motivi d’appello. In secondo luogo sottolinea come l’implicito diniego di tale richiesta violi i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in merito configurabilità dell’attenuante medesima, tenuto conto dell’entità del passivo e del volume d’affari della fallita e considerato altresì che il danno relativo ad una delle distrazioni contestate è stato eliso con il suo risarcimento. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale in merito al riconoscimento delle attenuanti generiche non nella loro massima estensione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.
Il secondo motivo è inammissibile. Il perimetro del rinvio tracciato dalla seconda pronunzia di annullamento di questa Corte non riguardava, nemmeno implicitamente, la configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 219 comma 3 legge fall. e non già per una dimenticanza dei giudici di legittimità, bensì per la semplice ragione che il punto
non aveva costituito oggetto del ricorso deciso dalla Prima Sezione. Peraltro il sindacato sul punto sarebbe stato comunque precluso, atteso che il motivo effettivamente proposto dall’imputato sul punto con il precedente ricorso per cassazione era stato espressamente rigettato con la prima sentenza di annullamento pronunziata da questa Sezione il 14 settembre 2021. Non di meno il motivo è anche manifestamente infondato nel merito, poiché il ricorrente, pur riportando correttamente i principi affermati da questa Corte, ha invero calibrato le proprie doglianze proprio in riferimento al valore percentuale della somma distratta rispetto al passivo fallimentare, mentre l’entità del volume d’affari della fallita, pure evocato, non costituisce un valido parametro di valutazione dell’entità del danno. Né rileva, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, che l’imputato abbia restituito dopo il fallimento la somma oggetto di distrazione nel capo C). Infatti, la valutazione del danno, ai fini della concessione o del diniego della menzionata, deve essere fatta con riferimento alla diminuzione patrimoniale determinata dall’azione del reo al momento della consumazione del reato, con esclusione di ogni altro elemento successivo, potendo il risarcimento postumo integrare, come riconosciuto nel caso di specie, soltanto l’attenuante di cui all’ad 62 n. 6 c.p. (Sez. 5, n. 2111 del 29/11/1974, dep. 1975, COGNOME, Rv. 129345).
Parimenti inammissibile è il terzo motivo. Anzitutto deve rilevarsi che il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 133 c.p. ai sensi della lett. b) dell’art. 606 c.p.p. proposito è allora necessario ribadire che il vizio configurato dalla disposizione da ultima citata riguarda l’erronea interpretazione della legge penale sostanziale ovvero l’erronea applicazione della stessa al caso concreto e va tenuto distinto dalla deduzione di un’erronea applicazione della legge in ragione di una carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, denunciabile esclusivamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione, non dedotto nel caso di specie (ex multis Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, Altoè, Rv. 268404). Non di meno quelle articolate dal ricorrente sono mere censure in fatto tese a sollecitare questa Corte una rivalutazione del merito della decisione assunta sul punto dal giudice dell’appello, esaurientemente giustificata anche solo attraverso il riferimento alla pluralità delle distrazioni consumate.
È invece fondato il primo motivo. Effettivamente nel dispositivo della sentenza impugnata il giudizio di bilanciamento tra le circostanze di segno opposto di cui è stata riconosciuta la sussistenza viene espresso in termini di equivalenza, quando, nella parte motiva, inequivocabilmente è stata ritenuta la prevalenza delle attenuanti sulla aggravante contestata. Come si evince, tra l’altro, dal processo di calcolo effettuato dai giudici del merito e dalla stessa commisurazione della pena base e di quella finale,
appare evidente che la discrasia sia imputabile ad un mero errore materiale in cui la Corte territoriale è incorsa nella redazione del dispositivo, di cui deve dunque disporsi la correzione nel senso indicato.
P.Q.M.
Dispone la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata nel senso che laddove si legge “equivalenza”, deve leggersi “prevalenza”. manda alla cancelleria per le annotazioni sugli originali. Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.
Così deciso il 24/10/2024