Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12843 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12843 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato ad Africo il 19/02/1968, avverso l’ordinanza del 14/01/2025 della Corte di appello di Reggio Calabria. Letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME formulava al giudice dell’esecuzione istanza ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., chiedendo riconoscersi il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le seguenti sentenze:
sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria dell’11 giugno 1999, irrevocabile il 16 ottobre 2000, di condanna alla pena di anni 8 di reclusione per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.;
sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 9 luglio 2021, irrevocabile il 16 febbraio 2023, di condanna, all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di anni 9 di reclusione ed € 1.400 di multa per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., e per due delitti di estorsione pluriaggravata.
La Corte di appello di Reggio Calabria, con ordinanza dell’1 ottobre 2024, accoglieva l’istanza, rideterminando la pena complessiva in anni 16 e mesi 8 di reclusione, così calcolata: individuato il reato piø grave in quello di cui alla sentenza sub 1), la pena base, ivi comminata, di anni 8 di reclusione, veniva aumentata per i delitti oggetto della sentenza sub 2) di complessivi anni 13 di reclusione («anni 1 e mesi 6 ed euro 300 per il reato associativo; anni 6 di reclusione ed euro 1.500 di multa per il reato di cui al capo 14 septies; anni 5 di reclusione ed euro 200 per quello di cui al
capo 1; mesi 6 di reclusione ed euro 100 di multa per il reato di cui al capo 14 nonies»), ridotti per il rito (poichØ la sentenza sub 2 era stata emessa all’esito di giudizio abbreviato) ad anni 8 e mesi 8 di reclusione, per una pena finale complessiva di anni 16 e mesi 8 di reclusione.
Il difensore di fiducia del COGNOME formulava in data 7 ottobre 2024 istanza di correzione dell’errore materiale, rappresentando testualmente che «la pena detentiva complessiva in continuazione tra le due sentenze, così come rideterminata dalla Corte in sede esecutiva, Ł di anni 13 di reclusione e non come erroneamente calcolato anni 16 e mesi 8 di reclusione».
La Corte di appello di Reggio Calabria, con ordinanza del 15 gennaio 2025, rigettava la richiesta, riproponendo integralmente la motivazione del provvedimento dell’1 ottobre 2024, alla quale veniva aggiunta la seguente considerazione: «Dunque, ad anni 8 di reclusione vanno sommati anni 8 e mesi 8 di reclusione per la continuazione che conduce esattamente al risultato finale di anni 16 e mesi 8 di reclusione».
Avverso l’ordinanza in oggetto ha proposto tempestivo ricorso il difensore di fiducia del COGNOME, Avv. NOME COGNOME deducendo vizio di motivazione e violazione di legge.
Si duole del fatto che l’ordinanza impugnata sia sostanzialmente priva di motivazione, poichØ i giudici reggini si sono limitati a riproporre il testo dell’ordinanza dell’1 ottobre 2024, senza dare conto nØ delle ragioni per le quali il difensore riteneva che vi fosse stato un errore di calcolo, nØ delle ragioni per le quali si riteneva di dover disattendere la richiesta del difensore.
Si duole, altresì, del fatto che la Corte non abbia corretto l’errore di calcolo denunciato con l’istanza del 7 ottobre 2024.
Evidenzia, infine, che la pena piø grave non avrebbe dovuto essere individuata in quella inflitta per il reato di associazione mafiosa dalla sentenza sub 1) (anni 8 di reclusione), ma in quella inflitta per il delitto di estorsione pluriaggravata di cui al capo 14 septies della sentenza sub 2) (anni 8 di reclusione ed € 1.800 di multa, all’esito dell’aumento per la contestata aggravante mafiosa).
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile, ritenendo che le doglianze concernano questioni affrontate nell’ordinanza dell’1 ottobre 2024 non oggetto di impugnazione, ed abbiano contenuto valutativo, che fuoriesce dai limiti della procedura per la correzione di errore materiale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, a cagione della manifesta infondatezza dei motivi che lo sostengono.
L’art. 130 cod. proc. pen. consente, come Ł noto, di correggere un errore materiale alla duplice condizione che esso non abbia determinato nullità e che la sua rimozione non si traduca in una modificazione essenziale dell’atto: mediante questo procedimento può, dunque, porsi rimedio esclusivamente a discrasie meramente formali o che, in ogni caso non necessitino di un intervento implicante esercizio di discrezionalità, atteso che l’errore, quale che ne sia la causa genetica, una volta divenuto parte del processo formativo della volontà del giudice, riverbera i suoi effetti sulla decisione, la quale può subire interventi correttivi solo prima della formazione del giudicato, attraverso i mezzi di impugnazione apprestati dall’ordinamento.
Ciò posto, deve sinteticamente rilevarsi che l’ordinanza dell’1 ottobre 2024 non conteneva alcun errore di calcolo: ed invero, la deduzione formulata dal difensore con l’istanza presentata ex
art. 130 cod. proc. pen. – secondo cui «la pena detentiva complessiva in continuazione tra le due sentenze, così come rideterminata dalla Corte in sede esecutiva, Ł di anni 13 di reclusione e non come erroneamente calcolato anni 16 e mesi 8 di reclusione» – Ł palesemente errata, poichØ quella di anni 13 anni di reclusione Ł la pena complessiva rideterminata dal giudice dell’esecuzione per tutti i reati di cui alla sentenza sub 2) («anni 1 e mesi 6 ed euro 300 per il reato associativo; anni 6 di reclusione ed euro 1.500 di multa per il reato di cui al capo 14 septies; anni 5 di reclusione ed euro 200 per quello di cui al capo 1; mesi 6 di reclusione ed euro 100 di multa per il reato di cui al capo 14 nonies»); detta pena Ł stata poi ridotta di un terzo (dunque, ad anni 8 e mesi 8 di reclusione) ex art. 442 cod. proc. pen., trattandosi di procedimento definito nelle forme del giudizio abbreviato; sommando gli anni 8 e mesi 8 di reclusione dei reati di cui alla sentenza sub 2) agli anni 8 di reclusione inflitti dalla sentenza sub 1), si Ł così giunti alla misura finale (anni 16 e mesi 8 di reclusione) esattamente conteggiata dal provvedimento dei giudici reggini.
L’istanza del difensore del COGNOME era dunque platealmente infondata, sicchØ adeguata e sufficiente Ł la motivazione adottata dal provvedimento impugnato, che si Ł limitata ad evidenziare che, come si Ł appena illustrato, «ad anni 8 di reclusione vanno sommati anni 8 e mesi 8 di reclusione per la continuazione che conduce esattamente al risultato finale di anni 16 e mesi 8 di reclusione».
Neppure l’ultima doglianza del ricorrente (che, peraltro, Ł evidentemente estranea al perimetro proprio di un’istanza di correzione di errore materiale) coglie nel segno, poichØ, come recentemente ribadito da Sez. U, n. 7029 del 28/09/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285865 – 02, nell’individuare la «violazione piø grave» la cui pena costituirà la base per il nuovo calcolo, il giudice deve tenere conto della pena piø grave inflitta dalle varie sentenze, considerando le eventuali riduzioni per il giudizio abbreviato: dunque, nel caso di specie la pena piø grave Ł senz’altro quella di anni 8 di reclusione inflitta dalla sentenza sub 1), poichØ la pena di anni 8 di reclusione ed € 1.800 di multa inflitta dalla sentenza sub 2) per il delitto di estorsione pluriaggravata Ł stata poi ridotta di un terzo in considerazione del rito abbreviato.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’Ł ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di € 3.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 01/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME