Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20183 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20183 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Recupero NOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il 09/01/1991
avverso l’ordinanza del 27/11/2024 della Corte d’appello di Messina
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Cons. NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del PG, che ha concluso per l ‘ inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Messina in espresso riferimento all’art.130 cod.proc.pen. ha provveduto alla correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza emessa dalla stessa Corte il 25/07/2002 e con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di anni dieci di reclusione in relazione al reato previsto dall’art.74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
La Corte ha rilevato che la richiesta aveva a oggetto l’esclusione dell’aumento apportato per effetto dell’applicazione della circostanza aggravante prevista dall’art.7 della l.n.203/1991 (ora, art.416bis.1 cod.pen.), in realtà mai contestata all’imputato e con conseguente istanza di rideterminazione della pena, quantificata dal giudice della
cognizione in anni dieci di reclusione a seguito della diminuente determinata dalla scelta del rito; ha quindi esposto che si verteva, nel caso di specie, in un’ipotesi di errore materiale ‘dovuto all’uso di strumenti informatici’, come confermato dall’esa me della motivazione della sentenza di merito; che la richiesta di riduzione della pena non poteva essere accolta, atteso che la menzione della predetta aggravante non era stata posta alla base di alcun incremento effettivo della sanzione e che, in ogni caso, la sentenza era divenuta irrevocabile con conseguente impossibilità di intervenire in ordine al quantum della pena; ha quindi espunto dal dispositivo della sentenza, in riferimento al citato articolo del codice di rito, la menzione della suddetta circostanza aggravante, ferma restando la sanzione finale di anni dieci di reclusione.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, nel quale ha dedotto la violazione della legge penale in riferimento agli artt.125 e 133 cod.proc.pen. e 74, T.U. stup..
Ha dedotto che la Corte di appello di Messina, quale giudice dell’esecuzione, non avrebbe correttamente operato in punto di rideterminazione della dosimetria della pena, operando solo l’eliminazione nominale della predetta aggravante ma senza procedere a u n ricalcolo della sanzione; esponendo che il giudice della cognizione aveva determinato la pena base di anni quattordici di reclusione comprendendo in essa ‘l’aumento per l’aggravante di cui all’art.416bis.1 cod.pen.’, in tal modo sforando rispetto al mini mo trattamento edittale previsto dalla norma incriminatrice, il cui superamento doveva ritenersi ascritto proprio al calcolo dell’aumento determinato dalla circostanza aggravante; ritenendo, quindi, che la Corte avrebbe errato nel limitare la correzione de ll’errore rispetto al solo dato formale suddetto.
Il Procuratore generale ha presentato requisitoria scritta nella quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.
Attesa la qualificazione dell’istanza operata dal giudice adito, deve ricordarsi che questa Corte ha rilevato che l’eventuale errore verificatosi nel calcolo della pena conseguente all’esclusione in appello di una circostanza aggravante ad effetto speciale, non dedotto nella fase di cognizione, non può essere rilevato nella fase esecutiva con la richiesta di errore materiale (Sez. 6, n. 2306 del 15/10/2013, dep.2014, Settimo, Rv. 258241) non potendo farsi ricorso alla procedura di correzione dell’errore materiale da parte del giudice dell’esecuzione quando si realizzi un’indebita integrazione del dispositivo della sentenza di merito, che si risolve in una modifica rilevante, essenziale e
significativamente innovativa del contenuto della decisione (Sez. 3, n. 11763 del 23/01/2008, Lesi, Rv. 239249; Sez. 1, n. 42897 del 25/09/2013, Gomma, Rv. 257158).
Ne consegue che, nel caso di specie, esulava del tutto dai poteri del giudice dell’esecuzione, anche in sede di correzione disposta ai sensi dell’art.130 cod.proc.pen., qualsiasi potere di emendare il processo volitivo del giudice della cognizione.
Tanto in via pregiudiziale rispetto alle ulteriori argomentazioni espresse dalla Corte territoriale -e con le quali, comunque, il ricorrente ha omesso del tutto di confrontarsi -con le quali è stato rilevato che il riferimento alla suddetta aggravante era di considerare frutto di un mero lapsus calami, che nessuna influenza effettiva aveva avuto sulla determinazione della pena finale.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così è deciso, 22/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente COGNOME