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Errore legge penale: no scusante per straniero

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero, sottoposto a custodia cautelare per coltivazione di un’ingente quantità di stupefacenti. L’imputato sosteneva un errore sulla legge penale, affermando di non conoscere l’illegalità della sua condotta in Italia, di essere stato ingannato e costretto. La Corte ha ritenuto che le sue argomentazioni fossero una mera riproposizione di tesi già respinte e che l’ignoranza della legge non fosse scusabile, data l’enormità della coltivazione e la possibilità di allontanarsi.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore sulla Legge Penale: Quando l’Ignoranza Non È Ammessa

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 35734 del 2024, affronta un caso emblematico relativo alla coltivazione di stupefacenti e alla tesi difensiva dell’errore sulla legge penale. La vicenda riguarda un cittadino straniero, da poco in Italia, che sosteneva di non essere a conoscenza dell’illiceità della propria condotta. La Corte ha ribadito principi fondamentali sull’inescusabilità dell’ignoranza della legge, anche in contesti di disagio sociale e presunto inganno da parte dei datori di lavoro.

I Fatti del Caso: Una Coltivazione Industriale di Marijuana

Le forze dell’ordine, durante un’ispezione in un opificio industriale, scoprivano un’imponente coltivazione di marijuana. All’interno della struttura venivano identificati tre individui, tra cui il ricorrente, e veniva rinvenuto un quantitativo enorme di sostanza stupefacente: circa 303 kg di marijuana già pronta e quasi 2900 piante in crescita, per un peso stimato di ulteriori 189 kg. Di fronte a questa scoperta, il Giudice per le Indagini Preliminari applicava la misura della custodia cautelare in carcere per detenzione e coltivazione di ingente quantità di sostanza stupefacente.

I Motivi del Ricorso: L’Ignoranza della Legge e l’Inganno

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali, tutti volti a smontare l’impianto accusatorio e a giustificare la condotta del proprio assistito.

La Tesi dell’Errore sulla Legge Penale

Il fulcro della difesa era l’errore sulla legge penale, disciplinato dall’art. 5 del codice penale e interpretato dalla storica sentenza della Corte Costituzionale n. 364/1988. Secondo l’avvocato, l’imputato si trovava in una condizione di ‘ignoranza inevitabile’:
– Era un cittadino extracomunitario in Italia da soli due mesi.
– Aveva un basso livello di istruzione e non conosceva la lingua italiana.
– Viveva recluso nel capannone, senza contatti con l’esterno.
– I suoi ‘titolari’ lo avevano rassicurato sulla liceità dell’attività (annaffiare piante), dicendogli che ‘non succedeva nulla’.
– La sua retribuzione (500 euro al mese) era irrisoria rispetto ai potenziali guadagni illeciti, fatto che non avrebbe potuto insospettirlo.

La Costrizione e la Mancanza di Indizi

In secondo luogo, la difesa ha sostenuto che l’imputato fosse vittima di un errore sul fatto, indotto dall’inganno dei datori di lavoro. Si è arrivati a ipotizzare che fosse vittima del reato di sequestro di persona, costretto a rimanere nell’opificio sotto la minaccia di telecamere di sorveglianza. Di conseguenza, secondo la difesa, mancava la gravità indiziaria necessaria per la misura cautelare.

La Decisione della Cassazione: il ricorso e l’errore sulla legge penale

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente il ricorso, dichiarandolo ‘manifestamente infondato’ e quindi inammissibile. I giudici hanno sottolineato che i motivi presentati non erano altro che una sterile riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dal Tribunale del riesame, senza un reale confronto critico con le motivazioni di quest’ultimo.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato punto per punto la linea difensiva. In primo luogo, ha escluso la presenza di un errore sulla legge penale scusabile. I giudici di merito avevano già ritenuto che l’indagato, nonostante le difficoltà, possedesse un ‘bagaglio di conoscenze’ sufficiente a comprendere l’illiceità della sua condotta nell’ordinamento italiano. L’enormità della piantagione era di per sé un elemento tale da far sorgere dubbi in chiunque.

In secondo luogo, la tesi della costrizione è stata confutata, evidenziando che era emersa la possibilità per l’indagato di allontanarsi dal capannone, smentendo quindi lo stato di segregazione. La vastità del fenomeno è stata inoltre considerata un chiaro indicatore di collegamenti con ambienti criminali di alto livello. Infine, la mancanza di un domicilio in Italia è stata correttamente valutata come un ostacolo all’applicazione di misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari, a causa dell’elevato pericolo di fuga.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: l’ignoranza della legge non scusa (‘ignorantia legis non excusat’), se non in casi eccezionali di ‘inevitabilità’ oggettiva. La condizione di straniero, la non conoscenza della lingua o il disagio sociale non costituiscono, di per sé, una giustificazione automatica. La Corte di Cassazione, inoltre, ha riaffermato il proprio ruolo di giudice di legittimità, che non può riesaminare i fatti del processo, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della decisione impugnata. In questo caso, il ricorso, basato interamente su una ricostruzione alternativa dei fatti, non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Un cittadino straniero che non conosce la lingua italiana può invocare l’errore sulla legge penale se commette un reato?
No, non automaticamente. Secondo la sentenza, la condizione di straniero e la non conoscenza della lingua non sono sufficienti a rendere ‘inevitabile’ e quindi scusabile l’ignoranza della legge penale, specialmente a fronte di un’attività illecita di palese e ingente portata come una coltivazione industriale di marijuana.

Essere pagato poco e ingannato dal datore di lavoro è sufficiente per escludere la colpevolezza nella coltivazione di stupefacenti?
No. La Corte ha ritenuto che, nonostante la paga bassa e le rassicurazioni ricevute, l’enormità della piantagione e le circostanze concrete fossero tali da rendere inverosimile una totale inconsapevolezza dell’illiceità dell’attività. La tesi dell’inganno non è stata considerata sufficiente per escludere la gravità indiziaria.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera riproposizione di questioni già valutate e respinte dal Tribunale del riesame, senza un confronto critico con la motivazione di quest’ultimo. Inoltre, il ricorso si basava su una rivalutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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