Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22601 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22601 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/12/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Perugia con l’ordinanza impugnata ha respinto la domanda con la quale NOME COGNOME ha chiesto la riparazione per l’errore giudiziario subito, per il quale aveva patito carcerazione dal 28.9.2015, relativamente al reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanz stupefacenti, reato dal quale era stato infine assolto in sede di revisione dalla Corte di appello di Perugia con sentenza del 23.4.2021 (irrevocabile il 21.10.2021).
Avverso la suddetta ordinanza, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione l’interessato, denunciando vizio di motivazione in ordine al supposto comportamento gravemente colposo ostativo al risarcimento per ingiusta detenzione, avendo il giudice valorizzato, al fine del rigetto della domanda, il tenore di una telefonata intercettata nella quale si parlava di operazioni di trasporto di droga attraverso il commercio di fiori; in sede di revisione, infatti, er stata annullata la sentenza di condanna, così sconfessando che l’interlocutore della conversazione fosse il COGNOME, estraneità peraltro sempre da questi proclamata.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.
In linea generale, si deve osservare che il dolo o la colpa grave idonei ad escludere GLYPH l’indennizzo GLYPH per l’errore giudiziario devono sostanziarsi GLYPH in comportamenti specifici che abbiano “dato causa” all’instaurazione dello stato privativo della libertà, sicché è ineludibile l’accertamento del rapporto causale, eziologico, tra tali condotte ed il provvedimento restrittivo della libertà personale. Al riguardo si deve innanzitutto rilevare che è sempre necessario che il giudice della riparazione pervenga alla sua decisione di escludere il diritto in questione in base a dati di fatto certi, cioè ad elementi «accertati o non negati» (Sez. U n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, Sarnataro, Rv. 203636); tale valutazione, quindi, non
può essere operata sulla scorta di dati congetturali, non definitivamente comprovati non solo nella loro ontologica esistenza, ma anche nel rapporto eziologico tra la condotta tenuta e la sua idoneità a porsi come elemento determinativo dello stato di privazione della libertà, in riferimento alla fattispec di reato per la quale il provvedimento restrittivo venne adottato (v. anche, in motivazione, Sez. 4, n. 10684 del 26/01/2010, Morra, non mass.). È altrettanto evidente che giammai, in sede di riparazione per ingiusta detenzione o per errore giudiziario, potrà essere attribuita decisiva importanza, considerandole ostative al diritto all’indennizzo, a condotte escluse o ritenute non sufficientemente provate (in senso accusatorio) con la sentenza di assoluzione (cfr. Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350; Sez. 4, n. 21598 del 15/4/2014, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 1573 del 18/12/1993 – dep. 1994, COGNOME, Rv. 198491).
Nel caso in esame, la Corte territoriale non si è attenuta a tali principi, avendo ipotizzato una condotta colposa del COGNOME, asseritamente sinergica all’errore giudiziario, fondata sulla conversazione intercettata in data 27/1/2015 e sulla relativa informativa di polizia giudiziaria, argomentando circa la significativit di tale dialogo e la certa identificazione, quale interlocutore, del COGNOME; in ta modo, tuttavia, ha omesso qualsiasi confronto con la successiva sentenza di revisione, che aveva invece sconfessato tale certa identificazione, tanto da comportare la revisione della sentenza di condanna.
Appare evidente che tale iter argomentativo palesa la sua manifesta erroneità, laddove desume il comportamento ostativo del ricorrente proprio dall’elemento su cui si è basato l’errore giudiziario poi emendato, tanto da determinare l’assoluzione del COGNOME in sede di revisione.
Invero, la facoltà del giudice della riparazione di valutare autonomamente i dati indiziari processualmente emersi, al fine di stabilire l’eventuale sussistenza di fattori ostativi al diritto all’indennizzo, non può spingersi fino al punto di attrib al richiedente comportamenti che risultano esclusi o comunque non provati da parte del giudice della cognizione, in quanto ciò significherebbe stravolgere il principio solidaristico che è alla base dell’istituto, consentendo di negare l’istanza sulla base di elementi disattesi dalla stessa sentenza di assoluzione in sede di revisione, costituente presupposto dell’istanza di riparazione in disamina.
Le considerazioni che precedono impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appel di Perugia.
Così deciso il 16 maggio 2024
Il Consiglir estensore
GLYPH
Il Presidente