Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6294 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6294 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PLATI il 18/04/1945
avverso l’ordinanza del 04/10/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Perugia, pronunciando in sede di rinvio all’esito dell’annullamento disposto dalla Corte di Cassazione di altro provvedimento, ha rigettato la richiesta di riparazione dell’errore giudiziario presentata da NOME COGNOME a seguito della sentenza di proscioglimento pronunciata in sede di revisione dal reato di omicidio premeditato di cui agli artt. 110, 575, 576 n. 2, 577 n. 3 cod. pen. e dal reato di detenzione e porto illegale di arma da sparo di cui agli artt. 10, 12 e 14 legge 14 ottobre 1974 n. 497, per i quali la Corte di Assise di Roma in data 3 dicembre 1980 lo aveva condannato all’ergastolo.
1.1.11 procedimento di riparazione per errore giudiziario si è dipanato nel modo seguente:
con una prima ordinanza del 17 luglio 2019, la Corte di Appello di Perugia ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME per la riparazione dell’errore giudiziario relativamente alla sua assoluzione in sede di revisione in ordine ai reati su indicati per i quali era stato condannato all’ergastolo, relativamente al periodo di detenzione dal 22 febbraio 1987 al 14 ottobre 1993 (essendo stato detenuto per il successivo periodo anche per titoli diversi), rilevando che nel periodo di detenzione su indicato NOME era gravato da plurimi titoli di detenzione per pene temporanee consistenti, sicché, pur eliminando la pena dell’ergastolo, GLYPH non ricorrevano periodi di detenzione non coperti da altri legittimi titoli;
la Corte di Cassazione, con sentenza del 16 marzo 2021, ha annullato l’ordinanza su indicata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Perugia, rilevando che il provvedimento si era limitato ad un mero elenco di provvedimenti di cumulo e che mancava in esso un riferimento analitico alla decorrenza di ciascuna delle pene espiate e delle misure che le avevano eventualmente precedute, oltre che l’indicazione delle pene espiate per reati successivamente amnistiati e di provvedimenti di fungibilità;
la Corte d’appello di Perugia, in sede di rinvio, con ordinanza del 3 novembre 2021, ha rigettato la richiesta di riparazione per errore giudiziario, osservando che il provvedimento, con cui il Procuratore Generale della Corte di appello di Roma del 12 marzo 1986, corretto il 19 aprile 1986, aveva posto in esecuzione alcune sentenze di condanna, riguardava anche sentenze successive al passaggio in giudicato della condanna all’ergastolo poi revocata ed antecedenti al periodo per il quale era stata richiesta la riparazione. Effettuati tutti i necessa computi relativi anche all’incidenza dei condoni e alle pene già scontate, tale ordine di esecuzione era giunto a determinare, oltre l’ergastolo, pene temporanee unificate di anni 24 e mesi 7 di reclusione’ e mesi 5 di arresto. La Corte ha rilevato, dunque, che nel periodo per il quale era stato richiesto l’indennizzo,
ovvero dal 1987 al 1993, COGNOME era stato ristretto anche in virtù delle pene temporanee sopraindicate, sicché la revoca a seguito di revisione della condanna dell’ergastolo di cui alla sentenza della Corte di assise di Roma del 3 dicembre 1980 non aveva fatto venir meno le pene temporanee comunque già messe in esecuzione nei suoi confronti;
la Corte di Cassazione, con sentenza dell’Il gennaio 2023, ha nuovamente annullato con rinvio il provvedimento della Corte di appello di Perugia, rilevando che non si era conformato alle prescrizioni stabilite dalla sentenza di annullamento con rinvio.
1.2. La Corte di Appello di Perugia, con il provvedimento su indicato in sede di rinvio, come detto, ha rigettato la richiesta di riparazione.
L’istante ha proposto ricorso a mezzo di difensore, formulando un unico motivo, con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di altri legittimi titoli di detenzione. Il difens osserva che, come dato evincersi dal provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano del 31 marzo 1988, COGNOME era ristretto in esecuzione di una serie di titoli di detentivi in relazione ai qu veniva individuata una pena detentiva temporanea pari ad anni 30 di reclusione da cui sono stati detratti a titolo di presofferto anni 12 mesi 2 di reclusione per una pena finale di anni 17 mesi 10 di reclusione, nonché la pena dell’ergastolo poi revocata. Erano intervenute una serie di vicende estintive relative ad alcuni titoli detentivi, di talché la pena temporanea di anni 17 mesi 10 di reclusione risultava pari ad anni 6 mesi 9 giorni 10 di reclusione, da cui andavano sottratti 1165 giorni a titolo di liberazione anticipata, con un residuo pena da espiare pari ad anni 3 mesi 6 giorni 15, sicché la scadenza della pena temporanea, la cui decorrenza era fissata all’8 aprile 1983, doveva individuarsi nella data del 22 febbraio 1987.
Ne consegue che dal 22 febbraio 1987 al 14 ottobre 1993 (data in cui COGNOME era stato attinto da ordinanza di custodia cautelare per altre fattispecie di reato), il ricorrente risultava ristretto esclusivamente in forza del titolo poi revocato. provvedimento impugnato secondo il ricorrente erra:
(i) nel ritenere che la condanna del Tribunale di Locri, revocata dalla Corte di appello di Reggio Calabria, alla pena di anni 6 mesi 6 di reclusione non dovesse essere sottratta dalla pena finale di anni 17 mesi 10 di reclusione individuata quale pena temporanea dal provvedimento esecutivo emesso il 31 marzo 1989;
(ii) nel ritenere che la pena residua da espiare dovesse essere calcolata a partire dalla data del 31 marzo 1989 e non già dall’8 aprile 1983.
Il ricorrente, infine, lamenta la mancata pronuncia della Corte in ordine al rilievo per cui la revoca in sede di revisione della condanna alla pena dell’ergastolo unificata a pena detentiva temporanea sostituita ex art. 72 comma 2 cod. pen con isolamento diurno che risulti già eseguito comporta lo scioglimento del cumulo e, in applicazione analogica dell’art. 184 comma 1 cod. pen., la riduzione della metà della pena detentiva determinata per i reati concorrenti diversi da quello punito con pena perpetua.
Il Procuratore Generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto meramente avversativo e generico e, comunque, manifestamente infondato.
Con la sentenza rescindente la Corte di cassazione ha invitato il giudice del rinvio a verificare se, con riferimento al periodo oggetto della domanda di riparazione dell’errore giudiziario compreso fra il 22 febbraio 1987 il 14 ottobre 1993, vi fossero titoli detentivi che avessero reso giustificata la detenzione e, in particolare, ad accertare se la pena sofferta nel periodo in questione sia stata computata nella determinazione della pena per i reati per i quali la condanna non sia stata revocata o non siano stati concessi amnistia o indulto nei limiti del riconoscimento del beneficio, dovendosi tenere conto delle limitazioni di libertà computabili per altro titolo indipendentemente dalle modalità di espiazione della pena.
La Corte di Perugia in sede di rinvio ha rilevato che:
COGNOME risulta ininterrottamente detenuto dall’8 marzo 1977 e, oltre a quella revocata, ha riportato altre due condanne all’ergastolo con sentenza del 17 febbraio 2020 della Corte di Assise di Appello di Milano irrevocabile il 19 marzo 2002 (in relazione al reato di omicidio commesso il 17 novembre 1983 nel corso dell’espiazione dei cumuli precedenti e durante la detenzione in carcere) e con sentenza del 25 novembre 2008 della Corte di Assise di Milano irrevocabile il 25 febbraio 2011 (in relazione al reato di omicidio commesso 1’11 aprile 1990);
il provvedimento di cumulo del 12 marzo 1986, corretto il 19 aprile 1986, comprendeva, oltre a quella oggetto di revisione, GLYPH le seguente sentenze: a)sentenza GLYPH dell’i aprile 1981 della Corte d’appello di Milano, irrevocabile il 6
ottobre 1983, di condanna alla pena di anni 12 mesi 8 di reclusione b)sentenza del 5 dicembre 1973 della Corte di Assise di appello di Firenze, irrevocabile il 3 ottobre 1975 di condanna alla pena di anni 6 e mesi 5 di reclusione, c) sentenza del 5 ottobre 1978 del Tribunale di Roma, irrevocabile il 15 aprile 1979 di condanna alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione, d) sentenza del 19 gennaio 1978 del Pretore di Solopaca, irrevocabile il 3 aprile 1979, di condanna alla pena di mesi 5 di arresto; il cumulo determinava pertanto, oltre alla pena dell’ergastolo revocata, una pena temporanea di anni 24 mesi 7 giorni 10 di reclusione ed lire 1.665.000 di multa e mesi 5 di arresto, già detratti anni 1 di reclusione e lire 530.000 di multa oggetto di condono ed ulteriori mesi 6 di reclusione oggetto di condono;
– il successivo provvedimento di cumulo del 31 marzo 1989 comprendeva, oltre alla condanna all’ergastolo revocata in sede di revisione, le seguenti sentenze: a) sentenza del 16 marzo 1966 del Tribunale di Locri, irrevocabile il 13 novembre 1968 di condanna alla pena di mesi 5 giorni 10 di reclusione, b) sentenza del 9 giugno 1967 della Corte d’Assise di Milano, irrevocabile il 27 luglio 1967 di condanna alla pena di anni 5 mesi 6 di reclusione, c) sentenza del 5 dicembre 1973 della Corte d’Assise di Appello di Firenze, irrevocabile il 4 ottobre 1970 di condanna alla pena di anni 6 e mesi 5 di reclusione, d) sentenza 27 aprile 1973 del Tribunale di Verbania, irrevocabile il 17 febbraio 1974, di condanna alla pena di mesi 3 di reclusione e mesi 4 di arresto, e) sentenza del 5 ottobre 1978 del Tribunale di Roma, irrevocabile il 15 aprile 1979, di condanna alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione, f) sentenza del 19 gennaio 1978 della Pretura di Solopaca, irrevocabile il 3 aprile 1979 di condanna alla pena di mesi 5 di arresto, g) sentenza dell’i aprile 1981 della Corte di Appello di Milano, irrevocabile il 6 ottobre 1983, di condanna alla pena di anni 12 e mesi 8 di reclusione, h) sentenza del 31 maggio 1983, irrevocabile il 7 dicembre 1984, di condanna alla pena dell’ergastolo revocata a seguito di assoluzione in sede di revisione, i) sentenza del 26 novembre 1985 del Tribunale di Locri, irrevocabile il 5 aprile 1987, di condanna alla pena di anni 6 mesi 6 di reclusione revocata a seguito di assoluzione in sede di revisione, I) sentenza del 3 luglio 1985 del Tribunale di Milano, irrevocabile il 29 giugno 1988 di condanna alla pena di mesi 6 di reclusione. Prendendo atto della pena detentiva residua come quantificata dal precedente provvedimento di cumulo della Procura Generale di Roma del 12 marzo 1986, pari ad anni 24 mesi 7 giorni 10 di reclusione e mesi 5 di arresto e dell’ulteriore precedente provvedimento di cumulo della Procura di Locri del 20 maggio 1988 che aveva conteggiato anche la condanna ad anni 6 mesi 6 di reclusione poi revocata, detto provvedimento aveva quantificato al 31 marzo 1989 la pena detentiva da scontare in anni 30 di reclusione, ridotta per la riduzione di pena ad anni 27 mesi 11 e Corte di Cassazione – copia non ufficiale
IL
giorni 14 di reclusione (oltre all’ergastolo) e ulteriormente ridotta alla luce dell carcerazione in precedenza sofferta, delle pregresse condanne amnistiate e dei condoni, ad anni 17 e mesi 10 di reclusione (e lire 2.625.000 di multa) a decorrere dall’8 aprile 1983. Tenendo conto degli ulteriori condoni e amnistie relativi ad alcune delle sentenze su indicate (sub 3, 5, 6, 7) per complessivi 4 anni, residuavano ancora anni 13 mesi 10 di reclusione (oltre all’ergastolo); tenendo ulteriore conto dello sconnputo della condanna ad anni 6 mesi 6 di reclusione, degli ulteriori provvedimenti di clemenza risultanti dal certificato per complessivi anni 1 e mesi 10 residuava una pena da espiare al 31.3.1989 pari ad anni 5 e mesi 2, oltre l’ergastolo poi revocato, superiore al periodo che secondo il ricorrente sarebbe stato sofferto sine titulo .
4.A fronte di tale percorso argomentativo, che ha osservato puntualmente il dictum della sentenza rescindente, con indicazione analitica della decorrenza di ciascuna delle pene espiate e delle misure che le hanno eventualmente precedute e con indicazione delle pene espiate per i reati successivamente amnistiati e dei provvedimenti di fungibilità, e ha, così, chiarito i titoli idonei a giustificar detenzione, il motivo di ricorso è meramente avversativo e non si confronta con la ratio decidendi.
Contrariamente a quanto dedotto, la Corte di Appello di Perugia ha calcolato in detrazione anche la pena di anni 6 mesi 6 di reclusione oggetto di sentenza di condanna del Tribunale di Locri poi revocata in sede di revisione (pag. 9) e ha tenuto conto anche dei giorni di liberazione anticipata, pur dando atto che in alcuni casi il beneficio era stato revocato (pag. 11).
Il ricorso, inoltre, è generico e apodittico nella parte in cui afferma che la decorrenza della pena da espiare indicata nel provvedimento di cumulo dovesse essere individuata nella data dell’8 aprile 1983.
Il ricorso, infine, è inammissibile nella parte in cui invoca il principio, su c la Corte non sia sarebbe pronunciata, per cui la revoca in sede di revisione della condanna all’ergastolo unificato a pena detentiva temporanea, sostituita ex art. 72 comma 2 cod. pen, con isolamento diurno che risulti già eseguito, comporta lo scioglimento del cumulo e, in applicazione analogica dell’art. 184 comma 1 cod. pen., la riduzione della metà della pena detentiva determinata per i reati concorrenti diversi da quello punito con pena perpetua. Invero tale principio è del tutto eccentrico rispetto all’oggetto del ricorso e, in ogni caso, richiama un tema che fuoriesce dal devolutum indicato dalla Corte di Cassazione con la sentenza rescindente.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, non sussistendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
NOME