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Errore di persona: condanna per truffa annullata

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per truffa online a causa di un evidente errore di persona. A seguito dell’appello di due imputati, la Corte ha accolto il ricorso di una donna, la cui identità era stata confusa con quella di un’omonima intestataria della SIM utilizzata per il reato. La sentenza è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione. Il ricorso del coimputato è stato invece dichiarato inammissibile, poiché il suo coinvolgimento era provato dal fatto che i proventi della truffa erano confluiti su una carta a lui intestata.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di persona nella truffa online: la Cassazione annulla la condanna

Un recente caso portato davanti alla Corte di Cassazione ha messo in luce un tema cruciale nel diritto processuale penale: l’errore di persona. Con la sentenza n. 20165/2024, i giudici hanno annullato la condanna per truffa aggravata nei confronti di una donna, a causa di una palese confusione di identità con un’omonima. La pronuncia offre spunti fondamentali sull’importanza del principio di certezza nell’identificazione dell’imputato, specialmente in un contesto di reati informatici dove l’identità può essere facilmente mascherata.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di primo grado nei confronti di due persone, un uomo e una donna, per il reato di truffa aggravata. Secondo l’accusa, i due avevano commesso il reato tramite contatti telefonici e messaggistica online. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza, confermando però la responsabilità penale di entrambi gli imputati.

I due hanno quindi proposto ricorso in Cassazione. La donna ha basato il suo appello su un punto decisivo: un errore di persona. Sosteneva di essere stata ingiustamente processata e condannata al posto di un’altra donna, sua omonima. Dagli atti emergeva infatti una notevole confusione: la SIM utilizzata per la truffa era intestata a una persona con lo stesso nome e cognome, ma con una data di nascita diversa. Addirittura, il procedimento era stato avviato contro una terza persona, anch’essa omonima ma con un’ulteriore data di nascita differente. L’uomo, invece, contestava la prova della sua partecipazione al reato e l’applicazione dell’aggravante della minorata difesa.

L’Errore di Persona e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo del ricorso presentato dalla donna. I giudici hanno evidenziato come la documentazione processuale confermasse l’esistenza di un’evidente confusione sull’identità della reale colpevole. La semplice omonimia, in assenza di prove certe e inequivocabili che collegassero la ricorrente all’utilizzo della SIM per scopi illeciti, non era sufficiente a superare il ragionevole dubbio.

La Corte ha stabilito che i giudici di merito non avevano adeguatamente sciolto i dubbi derivanti dalla parziale omonimia, violando il principio fondamentale secondo cui la colpevolezza deve essere provata “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Di conseguenza, la sentenza di condanna nei confronti della donna è stata annullata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà celebrare un nuovo giudizio per accertare correttamente l’identità della persona responsabile.

La Posizione del Coimputato e l’Aggravante della Truffa Online

Di diverso avviso è stata la Corte riguardo al ricorso dell’uomo, dichiarato inammissibile. Per i giudici, il suo coinvolgimento nella truffa era stato adeguatamente provato da un elemento decisivo: i proventi del reato erano stati versati su una carta prepagata a lui intestata. Questo collegamento diretto tra l’imputato e il profitto del crimine è stato ritenuto prova sufficiente della sua partecipazione.

Inoltre, la Corte ha confermato la correttezza dell’applicazione dell’aggravante della minorata difesa (art. 61, n. 5 c.p.). In linea con la giurisprudenza consolidata, è stato ribadito che le truffe commesse online integrano questa aggravante. La distanza fisica tra venditore e acquirente, tipica delle transazioni sul web, pone quest’ultimo in una posizione di debolezza, costringendolo ad affidarsi a rappresentazioni virtuali senza poter verificare di persona l’identità della controparte o la qualità del bene.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su due pilastri distinti. Per la ricorrente, il principio cardine è stato quello del superamento del ragionevole dubbio. I giudici hanno censurato l’operato dei tribunali di merito per non aver approfondito la questione dell’errore di persona sollevata dalla difesa. La presenza di tre diverse anagrafiche legate allo stesso nome costituiva un dubbio insuperabile che avrebbe dovuto portare a un’assoluzione, in assenza di prove granitiche che riconducessero l’utenza telefonica proprio alla donna imputata. L’annullamento con rinvio è stato quindi disposto per sanare questa grave lacuna investigativa e processuale. Per il coimputato, la motivazione è stata più netta: l’incameramento del profitto del reato sulla propria carta personale costituisce un elemento di prova così forte da rendere inammissibili le sue doglianze, considerate generiche e non in grado di scalfire la logicità della decisione d’appello.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale dello stato di diritto: nessuno può essere condannato se non vi è la certezza assoluta della sua identità e della sua colpevolezza. Un errore di persona non è un mero vizio formale, ma una violazione sostanziale del diritto di difesa che inficia l’intero processo. Al contempo, la decisione conferma la severità con cui l’ordinamento guarda alle truffe online, riconoscendo la particolare vulnerabilità delle vittime e giustificando l’applicazione di un’aggravante che aumenta la pena per i responsabili.

Cosa succede se una persona viene condannata per un reato a causa di un errore di persona?
La condanna può essere annullata. In questo caso, la Corte di Cassazione ha cancellato la sentenza perché non era stato provato oltre ogni ragionevole dubbio che l’imputata fosse la vera responsabile, data la presenza di omonime legate al caso, ordinando un nuovo processo per fare chiarezza.

Ricevere i soldi di una truffa sulla propria carta prepagata è una prova sufficiente per essere condannati?
Sì, secondo questa sentenza. La Corte ha ritenuto che l’accredito dei proventi del reato su una carta intestata all’imputato costituisse un elemento di prova decisivo per dimostrare la sua partecipazione alla truffa.

Perché la truffa online è considerata un reato aggravato?
La truffa online è spesso considerata aggravata dalla “minorata difesa” della vittima. La distanza fisica tra le parti impedisce all’acquirente di verificare l’identità del venditore e la qualità del prodotto, mettendolo in una posizione di debolezza che viene sfruttata dal truffatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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