Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18600 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18600 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 25/08/1963
avverso l’ordinanza del 08/11/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
NOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’8 novembre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta ha rigettato la richiesta, presentata nell’interesse di NOME COGNOME intesa all’ammissione alla misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla condanna alla pena di dieci mesi di reclusione, inflittagli per aver commesso, nel marzo del 2018, il delitto di truffa, e lo ha, contestualmente, ammesso alla detenzione domiciliare.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, del quale si darà atto, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Denuncia violazione di legge e vizio di motivazione sul rilievo che il Tribunale di sorveglianza ha tratto argomento da informazioni – afferenti ai precedenti penali ed alla pregressa ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale relative a soggetto omonimo, titolare di un curriculum criminale assai più nutrito rispetto al suo, circostanza che ha avuto decisiva rilevanza in vista del rigetto dell’istanza avanzata da lui in via principale.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato.
Il giudizio in merito alla ammissione all’affidamento si fonda, dunque, sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è infatti consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizzo ermeneutico
secondo cui «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condannato» (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985), in tal senso deponendo il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 e 3, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidamento al convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condannato, contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, COGNOME, Rv. 202413).
Se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745).
Il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinannentale sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata.
Rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative – alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitario accertamento (Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 247235) – e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto.
Le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio.
Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza, pur determinandosi in apparente conformità ai canoni ermeneutici testé delineati, ha, tuttavia,
imperniato la propria valutazione su presupposti fattuali non correttamente enunciati.
La delibazione della richiesta di NOME COGNOME di affidamento in prova al servizio sociale è stata, invero, ancorata all’indicazione di precedenti penali afferenti a soggetto omonimo (NOME COGNOME cl. ’69) all’odierno ricorrente (NOME COGNOME, cl. ’63), ciò che ha inciso in misura significativa – e, almeno potenzialmente, decisiva – sull’esito del procedimento.
In specie, se l’odierno ricorrente, dopo aver commesso, oltre al reato militare di renitenza alla leva, una ricettazione nel 1989, è stato partecipe, tra il 1990 ed il 1991, di un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa ed alla ricettazione e, successivamente, si è reso autore, nel 2010 e, infine, nel 2018, di ulteriori truffe, nonché, nel 2012, del reato di sostituzione di persona, ben diverse sono le indicazioni contenute nel provvedimento impugnato, ove si fa riferimento, tra l’altro, a numerosi precedenti per evasione, violazione della normativa in materia di stupefacenti, nonché alla sottoposizione alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Il fallace riferimento alla storia criminale di persona diversa dall’odierno ricorrente si estende, poi, alla pregressa ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale, che si assume essere stata disposta, in passato, per tre volte, laddove, invece, risulta che NOME COGNOME (cl. ’63) è stato ammesso solo in una occasione a tale misura alternativa alla detenzione, mentre altra, successiva pena è stata espiata in detenzione domiciliare.
Il provvedimento impugnato – che, per effetto del segnalato disguido, alterna e, talora, sovrappone le citazioni dei precedenti dei due soggetti omonimi, confondendo documentazione concernente, via via, l’uno o l’altro e, in particolare, descrivendo il pregresso penale sulla base di quello nato nel 1969, per poi ragionare sulla documentazione trasmessa dall’UEPE e dalla Polizia di Stato in punto di verifica della personalità ai fini dell’esecuzione pena di quello (odierno ricorrente) nato nel 1963 – è, dunque, sorretto, da un ragionamento che, nelle premesse di fatto, appare irrimediabilmente viziato.
Quantunque, infatti, non possa disconoscersi la rilevanza e la pregnanza, nell’ottica considerata, dei dati correttamente riferibili all’odierno ricorrente, astrattamente espressivi di pericolosità sociale, è lo stesso Tribunale di sorveglianza ad attestare, conclusivamente, che l’impossibilità di ammetterlo all’affidamento in prova al servizio sociale discende, in via concorrente, dal fatto che egli, «più volte ammesso alla più ampia delle misure alternative, abbia comunque continuato a delinquere», in tal modo fondando il giudizio su una circostanza non correttamente enunciata, posto che, come detto,
I /
NOME COGNOME (ci. ’63) è stata ammesso in una sola occasione all’affidamento in prova al servizio sociale.
Né, va opportunamente aggiunto, può sottacersi la rilevanza – nell’ottica dell’apprezzamento della pericolosità sociale ed in considerazione anche del parere
positivo in ordine all’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale espresso dall’UEPE con la relazione del 6 novembre 2024 – delle plurime
condanne per evasione, della familiarità con il narcotraffico e della sottoposizione alla sorveglianza speciale, elementi, tutti, ascrivibili a NOME COGNOME (cl. ’69) e
non anche all’omonimo (cl. ’63).
4. Le precedenti considerazioni impongono, in conclusione, l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta
per un nuovo giudizio che, libero nell’esito, sia emendato dal vizio riscontrato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al rigetto dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale con rinvio per nuovo giudigaraTTribunale di sorveglianza di Caltanissetta. Così deciso il 18/03/2025.