Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 45832 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 45832 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a CAGLIARI il 22/10/1971
NOME nato a CAGLIARI il 25/01/1971
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso udito l’Avv. COGNOME in sostituzione del difensore NOME COGNOME difensore di NOME e NOMECOGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso
e it
RITENUTO IN FATTO
1.Per mezzo del loro difensore, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen., avverso la sentenza n. 10683/21 della Terza sezione penale di questa Corte di legittimità pronunciata il 7 novembre 2023 (con motivazione depositata il 14 marzo 2024), nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di entrambi i ricorrenti in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art. 4 della legge 16 marzo 2006 n. 146 (oggi art. 61 bis cod. pen.), in quanto viziata da errori di fatto rilevanti sulla decisione assunta.
I ricorrenti sostengono che la Corte di Cassazione, nell’affrontare il tema della sussistenza dell’aggravante e nel rilevare che in caso di reato associativo è “necessario che non vi sia immedesimazione fra l’associazione e il gruppo organizzato transnazionale” e “non è incompatibile con la circostanza aggravante de qua l’ipotesi che un componente del gruppo criminale organizzato partecipi all’associazione per delinquere che di quel gruppo si avvalga per l’attuazione del programma”, ha dato atto che i giudici di merito:
avevano ritenuto, seppure in via logica e indiziaria, che il reato associativo di cui al capo 1) era stato agevolato da un gruppo criminale organizzato diverso dall’associazione contestata in tale capo;
avevano accertato che tale gruppo era stato composto da NOME COGNOME imputato anche del reato associativo, e da soggetti rimasti non identificati, quali COGNOME NOME e il COGNOME
-avevano escluso la partecipazione dei soggetti COGNOME NOME e il COGNOME al sodalizio di cui al capo 1.
In ragione di tale compendio probatorio la Corte di Cassazione ha, quindi, ritenuto incensurabile la decisione in merito alla non sovrapponibilità delle due entità prese in considerazione ai fini della circostanza aggravante.
Secondo i ricorrenti, la Corte sarebbe incorsa in errore percettivo in ordine ai dati GLYPH fattuali risultanti dai giudizi di merito. In particolare i giudici di merito GLYPH non avevano mai fatto riferimento, neppure indirettamente, alla duplicità del ruolo di NOME come membro dell’associazione e al contempo di un presunto gruppo criminale diverso dall’associazione stessa; avevano sempre .attribuito al non identificato
COGNOME un ruolo attivo all’interno del delitto associativo, mentre NOME e il COGNOME erano stati ritenuti canali di fornitura diversi fra loro e facenti capo ad altre organizzazioni.
La Corte di Cassazione avrebbe escluso GLYPH che vi fosse immedesimazione tra l’associazione contestata ai ricorrenti e il gruppo criminale transnazionale sulla base di una erronea percezione dell’accertamento di merito sottoposto al suo sindacato. Non viene in rilievo- argomenta il difensore- un errore valutativo, in quanto la decisione muove da presupposti erronei che attengono a dati decisivi e risulta, pertanto, viziata dall’errore percettivo.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso straordinario non supera il vaglio di ammissibilità.
2.Si deve premettere che il rimedio di cui all’art. 625 bis cod. proc. pen. non rappresenta un quarto grado di giudizio e non consente di instaurare un “giudizio di legittimità della sentenza di legittimità”. Non è possibile, quindi, che, attraverso tale strumento processuale, ci si dolga di vizi che, ove riscontrati, sarebbero in realtà vizi motivazionali del provvedimento impugnato. L’errore di fatto può dar luogo all’annullamento di una sentenza della Corte di cassazione ex art. 625 bis cod. proc. pen. solo se è costituito da sviste o errori di percezione nella lettura degli atti del giudizio di legittimità che abbiano influito sul decisione adottata dalla Corte regolatrice. In più occasioni le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625 bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, COGNOME, Rv. 221280; Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686).
Più in particolare per ciò che attiene più direttamente alla doglianza del ricorrente, si è affermato che il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto avverso i provvedimenti della Corte di cassazione
non può avere ad oggetto il travisamento del fatto o della prova, poiché l’istituto è funzionale a rimuovere i vizi di percezione delle pronunce di legittimità, e non anche quelli del ragionamento (Sez. 3, n. 11172 del 15/12/2023, dep.2024, Derma, Rv. 286048 – 01s, Sez. 2, n. 29450 del 08/05/2018, dep. 27/06/2018, Rv. 273060; Sez. 3, n. 26635 del 26/04/2013. Rv. 256293), potendo essere al massimo dedotta l’omessa considerazione di una prova esistente, ma non il suo travisamento (sez.2, n.29450 del 8/05/2018, COGNOME, Rv.273060).
Nel caso in esame, il ricorrente, in sostanza, GLYPH si duole dell’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di legittimità nel valutare le affermazioni dei giudici di primo e di secondo grado a proposito delle ramificazioni all’estero dell’associazione di cui avevano fatto parte i ricorrenti ed in particolare a proposito della immedesimazione tra tale associazione e il gruppo criminale organizzato transnazionale.
In tal modo, tuttavia, i ricorrenti, nella stessa prospettazione del motivo di ricorso, sottopongono a questa Corte una interpretazione in ordine ai passaggi delle sentenze di merito in cui si è affrontato il tema della sussistenza della aggravante, così rendendo evidente come ciò di cui si dolgono non sia una svista o un errore di percezione rispetto agli atti, quanto piuttosto una loro differente valutazione.
La sentenza che si assume viziata da errore percettivo la pag. 19 e ss., dà conto, riportandoli per esteso, dei passaggi della motivazione della sentenza del Gup e della Corte di Appello in ordine alla sussistenza della aggravante de qua, del principio espresso dalle Sez U Adami n. 18374 del 31.01.2013 (secondo cui la speciale aggravante di cui all’art. 4 della legge 16 marzo 2006 n. 146 è applicabile al reato associativo sempre che il gruppo criminale organizzato transnazionale non coincida con GLYPH l’associazione GLYPH stessa) GLYPH così GLYPH come GLYPH rielaborato GLYPH anche GLYPH dalla giurisprudenza successiva, per poi concludere (pag. 29) che nel caso di specie i giudici di merito hanno ritenuto l’esistenza di un gruppo criminale esterno all’associazione in base ad argomenti di natura logica ed indiziaria che non appaiono manifestamente illogici e che depongono per la chiara alterità di questo gruppo rispetto all’associazione per delinquere di cui al capo 1.
Lo stesso motivo di ricorso, nel riportare i passaggi delle sentenze di primo grado e di secondo grado in cui viene affrontata la questione e che sarebbero stati travisati nel loro contenuto, attribuisce agli stessi un
significato diverso da quello attribuito dalla Corte, ovvero che vi piena immedesimazione fra i soggetti facenti parte della associazione soggetti facenti parte del gruppo criminale operante all’estero.
Il vizio dedotto, dunque, lungi dal riferirsi ad errore percettiv fatto, è in realtà relativo alla valutazione del compendio probato come tale deve essere dichiarato inammissibile.
5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ex art. cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spe processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi pe ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione d causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a nor dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.0 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamen ‘delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore de cassa delle ammende.
Deciso il 6 dicembre 2024