Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26272 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26272 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricNOME proposto da
NOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Cassino
avverso la sentenza del 27/01/2023 della Corte di cassazione, Seconda Sezione visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricNOME; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricNOME; letta la memoria inviata dal difensore del ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, tramite il suo difensore, ha proposto ricNOME ai sensi dell’art 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza della Corte di cassazione, Seconda Sezione, in data 27/01/2023, con cui è stato rigettato il ricNOME che era stato presentato avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze in data 09/07/2020, con cui era stata confermata la condanna del ricorrente per i reati di associazione per delinquere, ricettazione e commercio abusivo di oro.
Deduce che già dinanzi al G.i.p. il ricorrente aveva dato spiegazione della provenienza dell’oro, che era stato poi consegnato ad COGNOME, segnalando che l’iniziale silenzio era dipeso dall’esigenza di evitare che fosse scoperto un quantitativo di oro, depositato in due cassette di sicurezza, che non era stato destinato alla fusione. Ma in realtà con documenti, fatture e una consulenza il ricorrente aveva ricostruito la provenienza dell’oro, anche nella parte relativa ad operazioni di acquisto da soggetti che non intendevano disvelare l’intero quantitativo di oro venduto.
La Corte aveva confermato la condanna per ricettazione nonostante la documentazione prodotta, per cui nel secondo motivo di ricNOME era stata dedotta la sussistenza di quella documentazione.
La Corte di cassazione, dopo aver dato conto del motivo di ricNOME correlato alla documentazione prodotta, aveva nondimeno respinto il ric:NOME, confermando la sentenza di condanna sulla base del rilievo che costituiva reato presupposto il commercio abusivo, conseguendo la ricettazione all’esercizio indebito del commercio di oro, che veniva poi trasferito all’estero: aveva ribadito la Corte di cassazione che il reato presupposto può essere ritenuto sussistente sulla base di considerazioni logiche, nel caso di specie fondate sull’accertata assenza di qualsiasi documentazione regolare di accompagnamento dell’oro negoziato, che doveva far ritenere il metallo prezioso illegalmente commerciato proveniente anche da reati contro il patrimonio precedentemente commessi.
In tal modo era dimostrato che non vi era stata disamina del motivo, ciò che era suffragato dalla valutazione congiunta della posizione di vari ricorrenti: l’errore percettivo della Corte di cassazione era desumibile dal fatto che era stata ribadita l’origine illecita dell’oro, in quanto non tracciato, ciò che si scontrava con la mole di documenti di cui era stata comunque premessa l’esistenza.
Si trattava di errore decisivo, non potendosi ritenere che la valutazione formulata fosse idonea ad assorbire o confutare il motivo proposto.
A ben guardare l’assenza di documenti di accompagnamento valeva a dimostrare la provenienza illecita dello stesso, ma tale affermazione collideva con il dato documentale, a fondamento del secondo motivo di ricNOME, dovendosi dunque prospettare una svista del giudice di legittimità.
All’udienza del 14 febbraio 2014 il Collegio ha rinviato la trattazione, disponendo fissarsi nuova udienza ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen. ai fini della decisione, previa acquisizione degli atti del procedimento.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha inviato la requisitoria concludendo per il rigetto del ricNOME.
Il difensore del ricorrente ha inviato una memoria di replica alle conclusioni del P.G.
Il ricNOME è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi dell’art. 2 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, in base alla proroga disposta dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 150 del 2022, come via via modificato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricNOME è infondato.
E’ noto che «l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggett del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenz esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso» (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280).
D’altro canto, è stato rilevato che «in tema di ricNOME straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686; Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 250527).
Ed ancora è stato più volte sottolineato che «in tema di ricNOME straordinario per errore di fatto, l’errore che può essere rilevato ai sensi dell’art. 625-bis cod proc. pen. è solo quello decisivo, che abbia condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non si fosse verificato» (Sez. 6, n. 14296 del 20/03/2014, Apicella, Rv. 259503).
Nel caso di specie è stato essenzialmente prospettato che la Corte di cassazione, Sezione Seconda, nella sentenza del 27/01/2023 sia incorsa in errore percettivo nello scrutinio del secondo motivo di ricNOME formulato nell’interesse di NOME COGNOME, con cui si contestava la ritenuta ravvisabilità del delitto di ricettazio
in particolare si assume che la Corte di cassazione, da un lato, abbia dato conto della documentazione che era stata invocata dal ricorrente a sostegno dell’argomentazione difensiva, volta ad escludere la non tracciabilità delle operazioni di acquisizione dell’oro, e dall’altro -in una disamina globale e indifferenziata della configurabilità del delitto di ricettazione- abbia confermato la sentenza impugnata nel presupposto di operazioni non corredate da documentazione di accompagnamento.
Seguendo tale impostazione l’errore si sarebbe annidato dunque nella mancata valutazione del motivo e, più specificamente, in una mancata considerazione della base su cui esso si fondava.
A ben guardare, il suggestivo assunto non trova corrispondente riscontro in sede di verifica del contenuto della sentenza della Corte di cassazione, in questa sede impugnata, in rapporto al contenuto della sentenza della Corte di appello, che formava oggetto di censura.
Va al riguardo osservato che la Corte territoriale, dinanzi alla quale era stato dedotto il tema della tracciabilità delle operazioni in relazione alla documentazione disponibile e prodotta, aveva inteso dar rilievo alle originarie dichiarazioni di NOME COGNOME, che aveva descritto i rapporti con altri sodali implicati nella lucro commercializzazione dell’oro in collegamento con soggetti di stanza in Svizzera ed aveva inoltre fatto riferimento alle modalità di approvvigionamento dell’oro (pag. 79 della sentenza di appello), affermando di aver raccolto oro da soggetti che avevano metallo da vendere ma non erano in grado di giustificarne il possesso e desideravano essere pagati in contanti, e aggiungendo di aver ricevuto l’oro in verghe poiché i compro oro e i soggetti che lo portavano a vario titolo lo davano già in verghe.
A fronte di ciò, la Corte aveva dato conto della diversa impostazione difensiva emergente dall’atto di appello alla luce di precisazioni del ricorrente con cui il predetto aveva sostenuto che l’oro proveniva da accantonamenti effettuati presso negozi di compro oro che a lui facevano riferimento e da acquisiti effettuati senza registrazione da clienti tuttavia identificati, non disponibili ad accettare pagamenti con assegni o bonifici.
Ma a tale linea difensiva la Corte aveva replicato che -per quanto fosse plausibile che alla base dell’approvvigionamento vi fossero esercenti di compro oro- vi sarebbe stata nondimeno necessità di fattura all’origine e soprattutto che non era credibile l’assunto che COGNOME avesse dichiarato il falso al P.m. circa l’acquisizione di oro non tracciabile già fuso in verghe, in assenza di riscontri che fosse stato il predetto a far fondere materiale di oreficeria di sua proprietà, fermo restando che COGNOME aveva dato conto anche della differenza tra prezzo pagato
all’acquisto e guadagno atteso in sede di complessiva rivendita, nel quadro di dichiarazioni dettagliate e attendibili, tali da assimilare la posizione del predetto a quella degli altri imputati coinvolti nella vicenda, nel quadro di una valutazione incentrata sulla movimentazione di oro almeno in gran parte non tracciato, proveniente da vari canali e poi inviato in Svizzera.
Deve del resto aggiungersi che anche alla luce della linea difensiva ribadita nel ricNOME presentato in questa sede si dà conto di operazioni opache con soggetti che non avrebbero inteso accettare assegni o bonifici, anche se si è aggiunto che l’identità di tali soggetti era stata annotata.
Sta di fatto che la Corte aveva ravvisato il delitto di ricettazione, derivante dalla ricezione di oro, sul piano logico riconducibile al delitto di commercio abusivo di oro, che poteva altresì sottendere delitti contro il patrimonio.
In tale ottica il motivo di ricNOME si risolveva nella deduzione di una alternativa ricostruzione della base fattuale, incentrata sulla valorizzazione della versione difensiva, che faceva riferimento alla documentazione prodotta, e nell’assunto dell’erroneità della motivazione per illogicità, c:ontraddittorietà e travisamento.
Ma a fronte di ciò, la Corte di cassazione, dopo aver riassunto correttamente il motivo e il significato ad esso attribuibile, ha in linea AVV_NOTAIO confermato l’esattezza dell’analisi giuridica riguardante la configurabilità del delitto ricettazione, correlata alla sussistenza di un delitto presupposto logicamente ricostruibile, ed ha poi ribadito tale analisi in sede di esame dei motivi proposti nell’interesse di COGNOME, in tale quadro richiamando le pagine da 77 a 79 della motivazione della sentenza della Corte di appello, nella parte in cui aveva asseverato la base fattuale di riferimento, incentrata primariamente sulla non affidabilità della versione difensiva, a fronte delle originarie dichiarazioni, solo tale ottica dovendosi interpretare il riferimento ad operazioni non corredate da corrispondente documentazione giustificativa, valutazione non implicante la radicale assenza di documentazione, della cui esistenza era stato dato conto in sede di riassunto del motivo di ricNOME, ma la mancanza di elementi idonei a suffragare la legittimità di tutte le operazioni, alla luce del giudizio sul pun formulato dalla Corte territoriale, articolato nel modo descritto.
Sulla scorta di tale verifica deve dunque ritenersi che non abbia fondamento l’assunto di un errore percettivo in cui sarebbe incorsa la Corte di cassazione in sede di scrutinio del motivo di ricNOME, dovendosi al contrario ritenere che il conflitto lamentato dal ricorrente abbia ad oggetto un giudizio di valore in ordine ai presupposti del delitto di ricettazione, cioè una valutazione inerente ad una base
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fattuale reputata in sede di legittimità idoneamente ricostruita e tale da suffragare l’operata sussunzione nella fattispecie della ricettazione.
Su tali basi deve ribadirsi l’infondatezza del ricNOME con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
processuali.
Rigetta il ricNOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese Così deciso il 24/04/2024