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Errore di fatto: quando il ricorso in Cassazione è perso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37525/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava un errore di fatto in una precedente pronuncia. La Corte ha chiarito che tale strumento non può essere utilizzato per ridiscutere il merito della decisione o per introdurre motivi di appello non presentati in precedenza. L’analisi ha confermato la correttezza della valutazione operata nelle precedenti sentenze, che avevano adeguatamente considerato le prove a carico dell’imputato, incluse le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e i riscontri esterni, ritenendo l’appello manifestamente infondato.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di Fatto: Quando un Ricorso in Cassazione è Destinato al Fallimento

Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, un momento cruciale in cui non si riesaminano i fatti, ma si valuta la corretta applicazione della legge. Esiste, tuttavia, un rimedio straordinario previsto dall’art. 625-bis del codice di procedura penale: il ricorso per errore di fatto. Questa via, stretta e specifica, è stata al centro della recente sentenza n. 37525/2025 della Corte di Cassazione, che ha ribadito i limiti invalicabili di tale strumento.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna in cui era stata riconosciuta una circostanza aggravante specifica, basata anche sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. L’imputato, dopo una prima sentenza della Corte di Cassazione (Terza Sezione), aveva proposto un primo ricorso straordinario sostenendo che i giudici fossero incorsi in un errore di fatto. Secondo la difesa, la Corte avrebbe erroneamente ritenuto che un specifico motivo di appello – relativo all’attendibilità dei collaboratori – fosse stato proposto per la prima volta in Cassazione, mentre invece era già presente nell’atto di appello originario.

Una seconda sentenza della Cassazione (Quarta Sezione) aveva già dichiarato inammissibile questo primo ricorso straordinario. Nonostante ciò, l’imputato ha proposto un ulteriore ricorso, insistendo sul medesimo, presunto, errore di fatto, accusando la Quarta Sezione di aver perpetuato la svista della Terza.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’errore di fatto

La Terza Sezione Penale, nuovamente investita della questione, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha smontato pezzo per pezzo la tesi difensiva, chiarendo in modo definitivo la natura e i limiti del ricorso per errore di fatto.

I giudici hanno stabilito che non vi era stato alcun errore materiale o di percezione degli atti. Al contrario, le precedenti sentenze avevano correttamente analizzato gli atti processuali, accertando che il motivo di gravame sull’attendibilità dei collaboratori, così come formulato in Cassazione, non era mai stato effettivamente e specificamente sollevato nell’atto di appello.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, si è ribadito che l’errore di fatto rilevante ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p. è solo quello che si traduce in una svista percettiva, un errore materiale che porta il giudice a decidere sulla base di un presupposto palesemente errato e oggettivamente riscontrabile dagli atti (es. leggere una parola per un’altra, o ignorare l’esistenza di un atto presente nel fascicolo). Non rientra in questa categoria l’eventuale errore di interpretazione o valutazione degli atti o delle prove, che attiene invece al merito della decisione.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che, anche a voler superare questo ostacolo, la prima pronuncia di legittimità aveva comunque trattato la questione della sussistenza dell’aggravante. La sua esistenza non era stata fondata solo sulle dichiarazioni dei collaboratori, ma era supportata da numerosi altri elementi di prova, come riscontri esterni, arresti e sequestri, nonché i noti legami tra il gruppo criminale dell’imputato e un clan camorristico. Di conseguenza, l’esame del motivo di ricorso non era mancato e la decisione era solida e congrua. Il ricorso straordinario, quindi, si palesava come un tentativo di rimettere in discussione il merito della valutazione probatoria, un’operazione non consentita in sede di legittimità, tanto meno attraverso lo strumento eccezionale dell’errore di fatto.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio cruciale: il ricorso per errore di fatto non è una terza istanza di merito mascherata. È un rimedio eccezionale, destinato a correggere sviste materiali e non a censurare le valutazioni giuridiche o probatorie dei giudici. Tentare di utilizzare questo strumento per sollevare questioni non proposte nei gradi precedenti o per ottenere una nuova valutazione delle prove è un’operazione destinata all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Cos’è un “errore di fatto” nel processo penale?
È una svista materiale o una percezione errata di un atto processuale da parte del giudice di legittimità, che lo porta a decidere sulla base di un presupposto inesistente o diverso da quello reale. Non riguarda l’interpretazione delle norme o la valutazione delle prove.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte ha accertato che non vi era alcun errore di fatto. I giudici avevano correttamente verificato che il motivo di doglianza non era stato proposto nell’atto di appello. Inoltre, la questione era stata comunque implicitamente trattata e superata dalla presenza di altre prove decisive.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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