Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33830 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33830 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. proposto da: COGNOME NOME nato a Terni il DATA_NASCITA,) 16
per la correzione dell’errore di fatto contenuto nella sentenza n. 50792 – 2023 del 15/11/2023 della sezione Quinta penale della Corte di cassazione udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOMEAVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, riportandosi alla memoria scritta;
udito il difensore, AVV_NOTAIO, del foro di Roma, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza n. 50792 – 2023, oggetto del presente ricorso straordinario, questa Corte, sezione Quinta penale, in data 15 novembre 2023, ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia, del 29 novembre 2022, con la quale è stata respinta l’istanza di revisione proposta, ex art. 630, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., in relazione alla pronuncia della Corte di appello di Milano, del 2 novembre 2016, divenuta definitiva in data 30 maggio 2018, con la quale il medesimo COGNOME era stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all’artt. 110 cod. pen., 216 comma 1, n. 1, 223, comma 1, 219 comma 1 e 2 n. 1 r.d. n. 267 del 16 marzo 1942.
La condotta per la quale il ricorrente ha riportato condanna definitiva consiste nell’avere, nella qualità di consulente della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 14 maggio 2009, stipulato un contratto preliminare di vendita di alcuni immobili, successivamente venduti alla RAGIONE_SOCIALE, società costituita dai genitori di NOME COGNOME, amministratore della prima sRAGIONE_SOCIALE, con due successivi contratti definitivi , cui COGNOME aveva partecipato soltanto per nominare il destinatario finale dei beni.
La conclusione del preliminare era intervenuta pochi giorni prima dell’ottenimento, in data 28 febbraio 2007, da parte della Banca RAGIONE_SOCIALE, creditrice della RAGIONE_SOCIALE, di un decreto ingiuntivo, cui era seguita l’iscrizione di ipoteca sugli immobili oggetto dell vendita.
Peraltro, la stessa Banca RAGIONE_SOCIALE aveva già rescisso la relazione contrattuale con la RAGIONE_SOCIALE, nel novembre precedente, dopo che COGNOME e la consorte COGNOME, soci della fallita, non avevano rispettato il piano di rientro dalla consistente esposizione verso la banca, circostanza, questa, risultata a conoscenza di COGNOME.
Attraverso l’operazione descritta, la sentenza irrevocabile aveva ritenuto dissipato il patrimonio della società attraverso la cessione degli immobili a un prezzo vile (risultato inferiore anche a quanto convenuto nel contratto preliminare), con sottrazione del relativo controvalore alle casse della RAGIONE_SOCIALE
1.1. COGNOME ha proposto, ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., istanza di revisione della decisione irrevocabile, fondata sulla circostanza, secondo l’istante mai emersa nel corso del giudizio di cognizione, dell’esistenza, sugli immobili oggetto del preliminare, di ipoteche volontarie costituite, prima della stipula dello stesso, a favore della RAGIONE_SOCIALE di risparmio di
Spoleto (datata 10 agosto 2002) e della Banca RAGIONE_SOCIALE di Lodi (risalente al 4 febbraio 2003) come indicato all’art. 4 del preliminare.
Questo elemento, secondo la difesa, avrebbe escluso il dolo in capo a COGNOME n i.
Egli, infatti, al momento della stipula del preliminare, sarebbe stato consapevole di non poter distrarre i beni ai danni dei creditori, posto che questi sarebbero stati, in ogni caso, tutelati dall’esistenza delle ipoteche e dall possibilità di intervenire nell’azione esecutiva intrapresa dai creditori ipotecari e art. 499 cod. proc. civ.
Peraltro, gli immobili siti in Terni, alla INDIRIZZO, gravati da ipoteca del febbraio 2003 a favore della Banca RAGIONE_SOCIALE di Lodi, erano stati sottoposti a pignoramento immobiliare, in data 2 luglio 2010, nonché trasferiti, con decreto del Tribunale di Temi del 2 dicembre 2011, con cancellazione dell’ipoteca il 28 febbraio 2012; mentre l’ipoteca gravante sul terzo immobile, era stata cancellata dal 12 settembre 2008.
Dunque, i creditori ipotecari avevano potuto soddisfarsi sui beni ipotecati essendo risultata assolutamente neutra, nei loro confronti, la successiva trascrizione del contratto preliminare.
Tale situazione, a parere dell’istante, era rimasta estranea all’accertamento giudiziale e alla motivazione dei vari provvedimenti di merito, i quali avevano valorizzato il fatto che, solo successivamente alla conclusione del preliminare di compravendita trascritto, erano state iscritte le ipoteche giudiziali da parte dell banche che avevano erogato il mutuo. Invece, per la difesa, la presenza di ipoteche volontarie iscritte antecedentemente aveva consentito agli istituti di credito di procedere alla vendita forzata dei beni immobili su cui insisteva la trascrizione del preliminare.
Dal momento che le iscrizioni ipotecarie volontarie erano state indicate dal notaio nel preliminare, dunque note al ricorrente, doveva escludersi l’elemento soggettivo del reato contestato, dal momento che egli, in quanto avvocato, non poteva ignorare che l’ipoteca volontaria avrebbe impedito di distrarre i beni a favore di terzi con nocumento dei creditori ipotecari, posto che i successivi acquirenti del bene avrebbero dovuto soddisfarli e che la procedura esecutiva immobiliare, intrapresa in forza del meccanismo di prelazione indotto dall’esistenza di un’ipoteca volontaria, era accessibile a un numero indiscriminato di ulteriori creditori attraverso l’intervento ex art. 498 cod. proc. civ.
Dunque, doveva affermarsi la presenza di una volontà non finalizzata a distrarre il patrimonio della RAGIONE_SOCIALE dalla propria funzione di garanzia in favore dei creditori.
1.2. La proposta istanza di revisione è stata respinta dalla Corte di appello di Brescia, con sentenza del 29 novembre 2022, oggetto della pronuncia di
legittimità avverso la quale è proposto ricorso straordinario, nella quale è stato evidenziato che il contratto preliminare era agli atti del processo e che, quindi, non si era in presenza di un atto sopravvenuto.
In ogni caso, la presenza di due ipoteche volontarie sugli immobili compravenduti mai, secondo la Corte territoriale, era stata sollevata da COGNOME evidentemente per la sua irrilevanza in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, stante il ragionamento svolto, sul punto, in sede di merito.
1.3.La Corte di cassazione con la sentenza oggetto di ricorso straordinario, ha ritenuto motivato in modo ineccepibile il rigetto dell’istanza di revisione, quanto alla riscontrata irrilevanza dell’esistenza di ipoteche volontarie sugli immobili, ai fini della dedotta esclusione del dolo dell’imputato, rimarcando che questi – significativamente – non ne aveva mai fatto menzione nel corso del giudizio di merito.
La pronuncia sottolinea, altresì, che la prospettazione difensiva, da un lato, assume che essendo il documento attestante l’iscrizione delle ipoteche volontarie noto a COGNOME, egli non avrebbe inteso porre in essere alcuna azione in danno dei creditori; ma, dall’altro lato, non riesce a spiegare perché tale circostanza, tutt’altro che nuova rispetto alle vicende processuali acclarate nel giudizio di cognizione, non era mai stata prospettata prima, benché essa rappresentasse, secondo la stessa prospettazione difensiva, il dato storico che avrebbe potuto giustificare integralmente l’adesione di COGNOME alla richiesta dei suoi assistiti partecipare all’operazione di cessione degli immobili della società prossima al dissesto.
Inoltre, la Corte di cassazione rileva che, trattandosi dell’ipotesi di concorso nel reato di bancarotta per distrazione da parte di un extraneus, ai fini del dolo di quest’ultimo è stato,reputata sufficiente l’esistenza di un contributo volontario al depauperamento del patrimonio sociale, contributo esaurientemente rinvenuto nell’avere COGNOME sottoscritto, in una prima fase, con l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE un preliminare di compravendita avente ad oggetto alcuni immobili di tale società e nell’attesa che i genitori di NOME COGNOME (legale rappresentante della stessa RAGIONE_SOCIALE) costituissero una nuova società (la RAGIONE_SOCIALE); e nell’avere, successivamente, indicato quest’ultima società come acquirente degli immobili per un prezzo di gran lunga inferiore a quello indicato nel contratto preliminare, peraltro nemmeno versato integralmente dalla società acquirente. In tal modo, come correttamente osservato dal provvedimento impugnato, al di là della tutela accordata ai creditori titolari di un diritto di garanzia derivante dalla iscrizione di ipo volontaria sui beni oggetto del preliminare, tutti gli altri creditori avevano vis
intaccare l’area di garanzia dalla complessiva operazione, cui COGNOME aveva prestato un contributo essenziale.
Avverso il provvedimento descritto propone tempestivo ricorso straordinario per errore di fatto il condannato, deducendo che la Suprema Corte, quanto al concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta, ha premesso che, ai fini del dolo, è sufficiente l’esistenza di un contributo volontario depauperamento del patrimonio sociale.
Nel caso di specie, la sentenza ha ravvisato la volontarietà del contributo fornito dal COGNOME nella contemporanea ricorrenza di alcuni elementi di fatto. Questi sono stati indicati nell’aver sottoscritto un preliminare di compravendita avente ad oggetto alcuni immobili della società, “nell’attesa” che i genitori di NOME COGNOME costituissero una nuova società (cioè la RAGIONE_SOCIALE), nell’avere indicato quest’ultima società come acquirente degli immobili, per un prezzo di gran lunga inferiore a quello indicato nel contratto preliminare, peraltro nemmeno versato integralmente dalla società acquirente e nell’aver intaccato l’area di garanzia dalla complessiva operazione cui RAGIONE_SOCIALE aveva partecipato con contributo essenziale.
Per il ricorrente, la sentenza involge in un errore per aver omesso alcune circostanze di fatto.
In particolare, non si è considerato che:
-l’operazione di compravendita fu in linea con la natura e la vocazione della RAGIONE_SOCIALE, trattandosi di società immobiliare;
-lo stesso COGNOME aveva versato una caparra di euro 10.000,00, cifra persa in ragione del mancato perfezionamento dell’acquisto;
-le scritture contabili dell’RAGIONE_SOCIALE erano state oggetto di una manomissione tale da impedire di percepire lo stato di decozione della società.
Si evidenzia, inoltre, che da nessun elemento dell’istruttoria sarebbe emerso che il preliminare di compravendita era stato sottoscritto da COGNOME nell’attesa della costituzione della nuova società.
La documentazione versata in atti attesterebbe soltanto l’esistenza di ipoteche volontarie, iscritte prima della trascrizione del preliminare da parte di COGNOME e si evincerebbe che nessun creditore era stato danneggiato né era mai stata intaccata l’area di garanzia della complessiva operazione.
Si rileva, infine, che nel periodo compreso tra la sottoscrizione del preliminare da parte di COGNOME (21 febbraio 2007) e la successiva nomina del terzo, cioè la RAGIONE_SOCIALE (avvenuta a maggio-luglio 2008), nessun creditore aveva iscritto ipoteche sugli immobili compromessi o aveva intrapreso procedure esecutive in danno.
La Corte di cassazione, in questo caso, dunque, a parere del ricorrente, sarebbe incorsa in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco nella lettura degli atti interni al giudizio, errore connotato dall’influe esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, che avrebbe condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di questo.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire memoria, con la quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La difesa ha fatto pervenire tempestiva richiesta di trattazione orale, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d. I. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, come prorogato, nonché, con p. e. c. del 17 maggio 2024, memoria di replica alle conclusioni della Pubblica accusa, con allegata documentazione.
All’esito dell’odierna udienza le parti presenti hanno concluso nel senso riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta insussistenza delle condizioni che legittimano l’impugnazione straordinaria contemplata dall’art. 625-bis cod. proc. pen.
1.1.Si rileva, infatti, che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità l’art. 625-bis cod. proc. pen. prevede due istituti distinti: uno, il ricorso pe correzione di errore materiale, costituisce un mezzo di rettifica del testo grafico; l’altro (il ricorso per correzione di errori di fatto) costituisce una vera e pro impugnazione, dovendosi qualificare come errore di fatto che legittima il ricorso avverso sentenze di legittimità, soltanto quello avente ad oggetto l’erronea supposizione dell’esistenza (o dell’inesistenza) di un fatto decisivo ai fini de decidere (Sez. U, n. 115103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221282).
Come affermato da questa Corte, nella sua espressione più autorevole, in tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia, comunque, contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dal rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. citato, che non è finalizzato a riesaminare valutazioni (cfr. Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Rv. 263686; Sez. 5, n. 29240 del 01/06/2018, Barbato, Rv. 273193; conf. n. 47316 del 2017 Rv. 271145; Sez. 5, n. 7489 del 28/11/2013, Rv. 259531).
In particolare, è stato chiarito che: 1) qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; 2) sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi quest ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie; 3) l’operatività del ricors straordinario non può essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risultando giustificata una simile restrizione dall’effetti portata della norma in quanto l’errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. cit., ripresa da Sez. U, n. 18651 del 2015, Rv. cit.).
Dunque, l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità, oggetto d rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., azionato nel caso di specie, deve sostanziarsi in un errore percettivo, causato da una svista o da un equivoco e postula, inderogabilmente, che lo sviamento della volontà del giudice sia non solo decisivo, ma anche di oggettiva immediata rilevabilità.
Sicché, il controllo degli atti processuali deve far trasparire, in modo diretto ed evidente, che la decisione è stata condizionata dall’inesatta percezione e non dall’errata valutazione o dal non corretto apprezzamento di quegli atti (Sez. U n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686 – 01; Sez. 2, n. 53657 del 17/11/2016, COGNOME, Rv. 268981 – 01; Sez. 6, n. 37243 del 11/07/2014, COGNOME, Rv. 260817 – 01; Sez. 6, n. 35239 del 21/05/2013, COGNOME, Rv. 256441 – 01; Sez. 4, n. 34156 del 21/06/2004, Rv. 229099 – 01).
2.0rbene il preteso errore denunciato non è riconducibile a nessuna delle categorie previste dall’art. 625-bis cod. proc. pen., apparendo evidente, piuttosto che, attraverso il ricorso, il condannato sollecita una rivalutazione dell risultanze processuali, deducendo, da una parte, l’omesso esame di taluni elementi probatori e, dall’altra, un erroneo vaglio delibativo di aspetti del compendio storico-fattuale, che si sarebbe tradotto nella prospettazione di un preteso errore non di fatto, bensì di giudizio – estraneo alle finalità dell’istitu – in cui sarebbe incorsa la Corte di cassazione rispetto al ragionamento svolto nella sentenza che ha respinto l’istanza di revisione della sentenza irrevocabile.
2.1.In via preliminare, occorre rilevare che l’istanza di revisione è stata respinta dalla Corte di appello di Brescia per insussistenza di elementi di novità sopravvenuti, rispetto a quelli già vagliati in sede di cognizione (il contrat
preliminare era già agli atti del processo). Inoltre, la Corte territoriale ave rilevato che la presenza delle due ipoteche volontarie sugli immobili compravenduti mai, era stata sollevata da COGNOME, in ogni caso trattandosi di circostanza irrilevante rispetto alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, stante il ragionamento svolto, sul punto, in sede di merito.
Ciò posto, rileva il Collegio che anche la motivazione della sentenza che si chiede di emendare attraverso il proposto ricorso straordinario ha escluso che la valutazione del dolo del delitto contestato, svolta con riferimento alla qualità d extraneus di COGNOME, sia stata condizionata, in sede di cognizione, dalla – già emersa – esistenza delle due ipoteche volontarie iscritte sugli immobili, circostanza reputata indifferente ai fini della reclamata esclusione del dolo dell’imputato, trattandosi, peraltro, di fatto già risultante dagli att procedimento (in quanto menzionate nel contratto preliminare) e, comunque, non considerato dai giudici di legittimità, in alcun modo incidente sull’esito dell stesso.
2.2. Deve, poi, rilevarsi che l’impugnazione straordinaria è, altresì, carente del requisito della specificità quanto all’aspetto della decisività dell’errore in sarebbe incorso il giudice di legittimità.
Invero, non risulta illustrato, puntualmente, in cosa sia consistito l’error percettivo prospettando, anzi, il ricorso una ricostruzione alternativa rispetto all decisione di merito, sulla base della valutazione di elementi che si assumono trascurati (conoscenza dello stato di decozione, esistenza di garanzie ipotecarie, alterazione delle scritture contabili tale da non renderle intellegibili) idone sollecitare un’integrale rivalutazione del fatto senza, peraltro, indicare in ch misura la presunta omessa considerazione di tali elementi abbia inciso, in modo decisivo, sulla prospettata sussistenza di elementi di novità tali da escludere, all’esito della proposta revisione, la configurabilità del dolo del reato bancarotta da parte di COGNOME.
Non va trascurato che la sentenza di questa Corte che ha concluso il procedimento di cognizione aveva affermato la piena consapevolezza di COGNOME circa il depauperamento del patrimonio immobiliare di RAGIONE_SOCIALE, sottratto, dunque, alla garanzia dei creditori di tale società mediante alienazione della proprietà dei tre immobili in favore di un terzo (la società compratrice), desumendola da plurimi elementi.
Si era valorizzato, a tal fine, che COGNOME era, a quel tempo, non solo avvocato di fiducia e consulente di COGNOME, ma anche socio in affari con lo stesso COGNOME, avendo (con questi ed NOME) costituito la RAGIONE_SOCIALE che, nel corso dell’anno 2007, aveva rilevato il minimo attivo residuo delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Inoltre, si era sottolineato che, nel mese di novembre 2006, la Banca RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato ad RAGIONE_SOCIALE e ai suoi fideiussori (COGNOME e la consorte COGNOME) l’avvenuta decadenza dal termine per la restituzione del danaro alla società dato a mutuo e di questo aveva chiesto l’integrale restituzione.
A ciò si era aggiunto che COGNOME, nella riconosciuta veste, dunque, di avvocato e socio in affari di COGNOME, era venuto a conoscenza del segnale di allarme e di tensione finanziaria di RAGIONE_SOCIALE, costituito dalla menzionata comunicazione della banca, sì che il suo intervento in occasione della stipulazione dei contratti (preliminare e definitivi) era avvenuto in un momento in cui era evidente la consapevole volontà di dare al patrimonio immobiliare di tale società una destinazione, comunque diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, quanto meno verso tale istituto di credito.
Ad ulteriore conferma della ritenuta consapevolezza, si valorizza che sette giorni dopo la stipulazione del contratto preliminare (avvenuta il 21 febbraio 2007) venne emesso, in favore della banca, decreto contenente ingiunzione ad RAGIONE_SOCIALE, di pagare quanto dovuto a titolo di restituzione del danaro dato a mutuo (decreto emesso il 28 febbraio 2007); inoltre i due contratti definitivi di vendita vennero stipulati (il 7 luglio 2008 e il 5 ma 2009) dopo che era, da tempo, scaduto il termine per la stipulazione del contratto definitivo, fissato per il 28 febbraio 2008, e dopo che la banca aveva iscritto ipoteca giudiziale.
A fronte di tali dati, la sentenza oggetto di ricorso straordinario ha aggiunto che non è risultata fondata la prospettazione difensiva secondo cui la procedura esecutiva immobiliare, intrapresa in forza del meccanismo di prelazione indotto dall’esistenza di un’ipoteca volontaria, sarebbe stata accessibile a un numero indiscriminato di ulteriori creditori, attraverso lo strumento dell’intervento di c all’art. 498 cod. proc. civ., posto che tale procedura esecutiva, allorché era stata realizzata, concerneva un immobile non più di proprietà della società fallita. Peraltro, a fronte di un reato di pericolo concreto quale la contestata bancarotta (cfr. Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, COGNOME, Rv. 269562 Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, COGNOME, Rv. 270763, secondo le quali, per il delitto di bancarotta per distrazione, è centrale la configurazione della fattispecie incriminatrice come reato di pericolo concreto) è stata ritenuta, con ragionamento immune da errori di ogni tipo e, comunque, rilevabili nella presente sede, non significativa la circostanza che taluni dei creditori, in quanto assistiti da ipoteca, siano riusciti a soddisfare il proprio diritto di credito (Ba RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), atteso che lo scopo dell’intera operazione, come ricostruito in sede di cognizione, non aveva avuto altra giustificazione che quella
di cercare di sottrarre gli immobili ad eventuali iniziative esecutive dei credito non privilegiati, della cui presenza le sentenze di merito avevano dato atto.
Del resto, va notato che non è rilevante, ai fini che interessano, la sottolineata mancata iscrizione medio tempore dei creditori ipotecari, posto che, eventualmente, rileverebbe, quale dato decisivo, la mancata insinuazione al passivo, stante la presenza nella massa, oltre ai creditori ipotecari, anche creditori non garantiti secondo quanto emerso in sede di cognizione.
2.3. Va ! infine, rilevato che le conclusioni cui è giunto il Collegio resistono alle argomentazioni contenute nella memoria depositata, ex art. 127 cod. proc. pen., quale replica a quella della pubblica accusa, con la quale la difesa ha ulteriormente argomentato e sviluppato i temi introdotti con il ricorso straordinario.
In particolare, si osserva che le considerazioni ivi svolte, circa la ritenut assoluta carenza di prove circa l’esistenza di ulteriori creditori chirografari, res dato affermato genericamente e in modo assertivo non giustificato diversamente con allegazioni specifiche.
Ulteriore dato ivi sottolineato, quello della carenza di prove, in sede di cognizione, circa la non congruità del prezzo originariamente pattuito nel preliminare di vendita (cfr. p. 6 e ss. della memoria) risulta argomentato con considerazioni versate in fatto e confutato attraverso il richiamo alla sentenza di primo grado, a sua volta oggetto di un primo esame da parte della Corte di appello in sede di cognizione (con sentenza della Corte di appello di Milano, resa in data 11 marzo 2014), nonché di seconda analiS, a seguito di annullamento con rinvio da parte di questa Corte proprio sul punto (cfr. Sez. 5, n. 8253 del 26 giugno 2015, dep. 2016).
In ogni caso, è inibito, nella presente sede, l’esame dei documenti allegati alla stessa memoria, atti non ricevibili, ove non già presenti nel fascicolo processuale e, comunque, non riesaminabili nella presente sede, in rapporto ai limiti cognitivi tipici del giudizio di legittimità.
Segue alla pronuncia, la condanna alle spese processuali, nonché al pagamento dell’ulteriore somma indicata in dispositivo, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, importo che si ritiene di determinare equitativamente, tenuto conto dei motivi devoluti.
P.Q.M.
· GLYPH Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso, il 22 maggio 2024
NOME COGNOME Il Consiglierelestensore
Il Presidente NOME COGNOME