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Errore di fatto: quando il ricorso in Cassazione è nullo

Un soggetto, condannato per associazione di stampo mafioso, ha presentato un ricorso straordinario per un presunto errore di fatto della Corte di Cassazione. Sosteneva che la Corte avesse travisato la dichiarazione di un collaboratore di giustizia, interpretandola in modo sfavorevole. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo la netta distinzione tra l’errore di fatto (una svista materiale nella lettura degli atti) e l’errore di giudizio (una valutazione interpretativa). Poiché la Corte aveva compiuto una valutazione e non una semplice svista, non sussistevano i presupposti per il ricorso straordinario, confermando che questo strumento non può essere usato per rimettere in discussione il merito della valutazione probatoria.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di Fatto vs. Errore di Giudizio: la Cassazione fa Chiarezza

Il ricorso straordinario per errore di fatto rappresenta uno strumento eccezionale nel nostro ordinamento processuale penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21601/2024) offre un’importante occasione per delineare con precisione i confini tra un mero errore percettivo, che può giustificare tale rimedio, e un errore di valutazione, che invece non può essere messo in discussione con questo strumento. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio questa fondamentale distinzione.

I Fatti del Caso: un’impugnazione basata su un presunto malinteso

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo, condannato in via definitiva per reati gravi, tra cui l’associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.). La difesa aveva presentato un ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p., sostenendo che la Corte di Cassazione fosse incorsa in un errore percettivo.

Nello specifico, la doglianza si concentrava su un’affermazione di un collaboratore di giustizia, secondo cui l’imputato era ‘uomo di fiducia’ di un altro soggetto. La difesa sosteneva che la Corte avesse omesso di considerare una precisazione cruciale contenuta nell’atto di impugnazione: tale rapporto di fiducia si riferiva esclusivamente all’ambito lavorativo e non a contesti illeciti. Secondo il ricorrente, questa svista avrebbe viziato la decisione della Corte, portandola a dichiarare inammissibile il ricorso originario.

L’errore di fatto e i limiti del ricorso straordinario

L’articolo 625 bis del codice di procedura penale permette di presentare un ricorso straordinario alla Corte di Cassazione per correggere un errore di fatto contenuto in una sua precedente sentenza. Tuttavia, la giurisprudenza, incluse le Sezioni Unite, ha costantemente chiarito la natura di tale errore.

Non si tratta di un errore qualsiasi, ma di un errore puramente ‘percettivo’, ovvero una svista o un equivoco materiale nella lettura degli atti processuali. Un esempio classico è leggere una data per un’altra, o attribuire una dichiarazione a una persona diversa. L’errore deve essere tale da aver influenzato il processo decisionale del giudice, portandolo a una conclusione diversa da quella che avrebbe raggiunto con una corretta percezione dei fatti.

La distinzione cruciale con l’errore di giudizio

Al contrario, l’errore di giudizio attiene alla fase valutativa. Si verifica quando il giudice, pur avendo percepito correttamente i dati processuali, li interpreta o li valuta in un modo che la parte ritiene errato. Questo tipo di errore, che riguarda il merito della decisione, non può essere censurato con il ricorso straordinario, ma deve essere fatto valere, nei limiti del possibile, con i mezzi di impugnazione ordinari.

La Decisione della Corte: perché non si tratta di errore di fatto

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha applicato rigorosamente i principi sopra esposti. I giudici hanno stabilito che, nel caso in esame, non vi era stato alcun errore percettivo.

Le motivazioni

La Corte ha osservato che la precedente sentenza non aveva ignorato o letto male gli atti. Al contrario, aveva preso in considerazione la dichiarazione del collaboratore nel suo complesso, inserendola nel più ampio quadro probatorio a carico dell’imputato. L’affermazione sul rapporto di ‘fiducia’ era stata menzionata solo incidentalmente, per replicare a una doglianza della difesa sull’attendibilità del collaboratore e per confermare un compendio probatorio già ritenuto solido.

La questione sollevata dalla difesa – se la fiducia fosse di natura lavorativa o illecita – non è una questione di percezione, ma di interpretazione e valutazione. Decidere il significato e la portata di una dichiarazione è l’essenza dell’attività giurisdizionale di giudizio. Pertanto, anche se la valutazione della Corte fosse stata, in ipotesi, errata, si sarebbe trattato di un errore di giudizio, escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 625 bis c.p.p.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso straordinario per errore di fatto non è una terza istanza di giudizio di legittimità. Non può essere utilizzato come un pretesto per rimettere in discussione la valutazione delle prove operata dalla Corte. La sua funzione è limitata a correggere ‘sviste’ materiali e oggettive, che hanno viziato la formazione della volontà del giudice. La distinzione è netta: l’errore percettivo riguarda ‘ciò che il giudice ha letto’, mentre l’errore di giudizio riguarda ‘ciò che il giudice ha pensato’ di ciò che ha letto. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Cos’è un ‘errore di fatto’ che giustifica un ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p.?
È un errore puramente percettivo, come una svista o un equivoco nella lettura degli atti, che non comporta alcuna attività valutativa o interpretativa da parte del giudice.

Perché la Corte ha ritenuto che nel caso di specie non vi fosse un errore di fatto?
Perché la presunta errata interpretazione della dichiarazione di un collaboratore non era una svista materiale, ma rientrava nell’ambito della valutazione probatoria del giudice. La Corte non ha travisato il testo, ma lo ha interpretato nel contesto generale, compiendo un’attività di giudizio e non un errore percettivo.

Qual è la differenza fondamentale tra errore di fatto ed errore di giudizio secondo la sentenza?
L’errore di fatto è una fuorviata rappresentazione percettiva (es. leggere ‘A’ al posto di ‘B’). L’errore di giudizio, invece, si verifica quando la decisione, pur partendo da una corretta percezione dei fatti, contiene una valutazione o un’interpretazione errata, e non è impugnabile con il ricorso straordinario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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