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Errore di fatto: quando il ricorso in Cassazione è nullo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso straordinario per errore di fatto. La ricorrente contestava la qualificazione di un testimone, ma la Corte ha stabilito che si trattava di un errore di valutazione giuridica, non di un errore percettivo deducibile con questo strumento processuale, ribadendo l’irrilevanza della distinzione ai fini della decisione.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di Fatto: Quando un Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il sistema giudiziario prevede strumenti per correggere eventuali sbagli commessi nel corso di un processo. Uno di questi è il ricorso straordinario per errore di fatto, disciplinato dall’art. 625-bis del codice di procedura penale. Tuttavia, i confini di questo rimedio sono molto precisi, come dimostra la sentenza n. 10222/2024 della Corte di Cassazione. Il caso in esame chiarisce la differenza fondamentale tra un errore percettivo, che può essere corretto, e un errore valutativo, che non rientra in questo ambito, consolidando un principio cruciale per la stabilità delle decisioni giudiziarie.

I Fatti del Caso: Dal Processo di Merito al Ricorso Straordinario

Una donna, condannata in via definitiva dalla Corte d’Appello a 21 anni di reclusione per gravi reati, aveva già visto respingere un primo ricorso dalla VI Sezione della Corte di Cassazione. Non arrendendosi, ha proposto un ricorso straordinario, un’ultima via per contestare la decisione della Suprema Corte. La difesa si basava su un presunto errore di fatto che, a suo dire, avrebbe viziato l’intero impianto accusatorio basato sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.

La contestazione dell’imputata e l’errore di fatto

Il punto centrale del ricorso era la qualificazione giuridica del principale accusatore, un collaboratore di giustizia legato da vincoli di parentela con l’imputata. Secondo la difesa, la Corte di Cassazione lo aveva erroneamente definito “chiamante in correità” (cioè co-accusato nello stesso reato), mentre avrebbe dovuto essere qualificato come “chiamante in reità” (accusatore per un reato connesso). Questa distinzione, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto imporre un regime di valutazione della prova diverso e più rigoroso, alterando così l’esito del giudizio.

La Decisione della Cassazione: Distinzione tra Errore di Fatto e di Giudizio

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che l’errore di fatto previsto dall’art. 625-bis c.p.p. è unicamente un errore di percezione, una “svista” materiale sugli atti processuali. Si configura, ad esempio, quando una decisione si fonda sulla supposizione di un fatto la cui verità è pacificamente esclusa, o viceversa.

Nel caso specifico, la contestazione della ricorrente non riguardava una percezione errata di un fatto, ma la sua qualificazione giuridica. Si trattava, quindi, di un presunto errore di valutazione o di giudizio, che non rientra nell’ambito del ricorso straordinario. Questo strumento non può essere utilizzato per rimettere in discussione l’interpretazione delle norme o la valutazione giuridica delle prove, principi ormai consolidati e non più soggetti a impugnazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha fornito due motivazioni principali per la sua decisione.

In primo luogo, ha ribadito la natura del vizio deducibile: il ricorso straordinario non è un terzo grado di giudizio di legittimità e non può essere usato per sollecitare una nuova valutazione delle prove già esaminate. L’errore lamentato dalla ricorrente era di natura valutativa, non percettiva, e come tale esulava dal perimetro del rimedio processuale attivato.

In secondo luogo, e in modo dirimente, la Corte ha sottolineato che, anche se l’errore di qualificazione fosse sussistito, sarebbe stato del tutto irrilevante ai fini della decisione. Richiamando consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite, i giudici hanno affermato che lo “statuto” valutativo delle dichiarazioni del “chiamante in correità” e del “chiamante in reità” è identico. In entrambi i casi, le dichiarazioni richiedono un riscontro esterno, individuale e attendibile. Di conseguenza, la corretta qualificazione del dichiarante non avrebbe modificato in alcun modo il processo logico-giuridico che aveva già portato alla conferma della condanna nella precedente sentenza.

Le Conclusioni

La sentenza n. 10222/2024 rafforza un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: la stabilità delle decisioni giudiziarie. Il ricorso straordinario per errore di fatto è uno strumento eccezionale, limitato a correggere sviste materiali e non a riaprire dibattiti giuridici o valutazioni di merito già concluse. La Corte ha chiarito che tentare di mascherare un dissenso sulla valutazione delle prove come un errore percettivo è una strategia destinata all’insuccesso. La decisione conferma che, una volta esauriti i gradi di giudizio ordinari, la valutazione del materiale probatorio diventa definitiva, salvo casi eccezionali e rigorosamente definiti dalla legge.

Che cos’è l’errore di fatto che giustifica un ricorso straordinario in Cassazione?
È un errore di percezione che incide direttamente sulla formazione della volontà del giudice, come una svista o un equivoco su un atto processuale. Non comprende errori di valutazione giuridica o di interpretazione delle prove.

C’è differenza nella valutazione delle dichiarazioni di un “chiamante in correità” e di un “chiamante in reità”?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata dalla Corte, lo statuto valutativo è il medesimo. In entrambi i casi, le dichiarazioni accusatorie devono essere supportate da riscontri esterni per essere considerate prova.

È possibile utilizzare il ricorso straordinario per ottenere una nuova valutazione delle prove?
No. Lo strumento del ricorso straordinario non può essere utilizzato per sollecitare una nuova e ulteriore valutazione delle dichiarazioni o di altre prove già acquisite e vagliate dai giudici di merito e di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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