Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34216 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2   Num. 34216  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LOCRI il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 04/10/2024 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; letta la memoria del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata; ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1-bis, cod. proc. pen. 
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 10934/25 del 4 ottobre 2024, la Sesta sezione di questa Corte rigettava il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 7 novembre 2022, che aveva confermato la condanna di COGNOME in ordine a due reati relativi alla violazione dell’art. 73 D.P.R. n. 309/90, aggravata ai sensi dell’art. 80; avverso la sentenza della Sesta Sezione di questa Corte propone ricorso per cassazione il difensore di COGNOME, eccependo che:
1.1 premesso che la sentenza di condanna di NOME si basava su un unico elemento probatorio indiretto, e cioŁ una conversazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME nella quale veniva menzionato il soprannome’NOME‘ o ‘il nano’, ritenuti riferibile a NOME, queta Corte non aveva tenuto in considerazione il fato che COGNOME, con atto ritualmente acquisito al procedimento, aveva smentito le dichiarazioni di cui all’intercettazione, definendole ‘chiacchiere da bar’ e millanterie’ e negando qualsiasi conoscenza o relazione personale con NOME;inoltre, dagli atti non risultava che i soprannomi citati si riferissero al ricorrente e la sentenza di questa Corte aveva erroneamente ritenuto sussistenti riscontri oggettivi a sostegno dell’ipotesi accusatoria;
1.2 anche con riferimento all’aggravante dell’ingente quantità, questa Corte aveva affermato che i quantitativi oggetto delle conversazioni intercettate tra terzi fossero effettivamente da lui gestiti e riferibili alla sua persona e che tali presunti quantitativi (mai accertati nØ sequestrati) superassero la soglia di rilevanza penale richiesta dall’art. 80 D.P.R. n. 309/90 malgrado l’inesistenza di qualsiasi elemento oggettivo, visto che non erano
stati eseguiti sequestri, nessun quantitativo di sostanza stupefacente era stato rinvenuto, pesato, analizzato o attribuito al ricorrente, nØ era stata accertata la tipologia, la purezza, il principio attivo o il numero di dosi; in sintesi gli errori percettivi compiuti da questa Corte consistevano: nell’identificazione arbitraria per soprannome del ricorrente, nella presunta esistenza di riscontri oggettivi e nell’attribuzione dell’aggravante dell’ingente quantità in assenza di qualsiasi dato oggettivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
1.1. Preliminarmente, si deve ribadire il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686 – 01), secondo il quale ‘in tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non Ł configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625bis cod. proc. pen.’.
Ciò premesso, per valutare se vi siano stati o meno errori di fatto nella sentenza impugnata, si deve partire dall’analisi di questa (e solo di questa, non essendo rilevanti le considerazioni delle sentenze emesse nei precedenti casi di giudizio); quanto al primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata ha motivato espressamente sul perchØ la ritrattazione di COGNOME non potesse essere credibile, in quanto egli aveva persino negato di conoscere il ricorrente, in palese contrasto con il contenuto di altre intercettazioni; era stato ritenuto particolarmente attendibile COGNOME alla luce delle ‘indicazioni fattuali quanto alla specifica operazione illecita realizzata, alla cadenza temporale ed all’ausilio prestato dallo stesso COGNOME nella individuazione del luogo di scarico della merce’ (pag. 73 sentenza impugnata); sul punto, pertanto, ciò che viene denunciato non Ł un errore di fatto, ma semmai una errata valutazione delle risultanze processuali, censura inammissibile nella presente sede.
1.2 Relativamente alla sussistenza dell’aggravante, il motivo di ricorso non si confronta in alcun modo con l’affermazione della Sesta sezione di questa Corte secondo la quale la ”aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990, non era stata ‘tempestivamente investita da motivi di appello e prospettata, oltre tutto in termini di mero fatto, per la prima volta in sede di legittimità’ (pag.73 sentenza impugnata), per cui a maggior ragione non può essere riproposta con il ricorso in esame.
1.3 Quanto alla memoria presentata contenente motivi nuovi, si deve ribadire che l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i  motivi originari per l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione.
Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 16/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME