Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2643 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2643 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CAMPOBASSO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2022 RAGIONE_SOCIALE CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME, il quale conclude chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avvocato COGNOME, del foro di ROMA, in difesa di COGNOME NOME, che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 40323 del 12 luglio 2022, la Quinta sezione penale RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione ha, tra l’altro, rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso quella con cui la Corte di appello di Bologna, 1’11 ottobre 2021, lo ha condanNOME, in parziale riforma di quanto statuito dal Tribunale di Rimini in data 8 gennaio 2017, alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione, oltre sanzioni accessorie, per i reati di bancarotta fraudolenta contestatigli ai capi A) e Al) RAGIONE_SOCIALE rubrica.
NOME COGNOME propone, a mezzo del difensore e procuratore speciale AVV_NOTAIO, ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. affidato a tre motivi, con i quali, costantemente, deduce che il giudice di legittimità sarebbe incorso, nell’esame degli atti processuali, in errori percettivi, cagionati da sviste o equivoci, tali da incidere sul processo di formazione RAGIONE_SOCIALE volontà e da condurre all’adozione di una decisione che, altrimenti, sarebbe stata di segno diverso.
2.1. Con il primo motivo, ascrive, in specie, alla Corte di cassazione di avere assegNOME portata distrattiva all’alienazione del complesso immobiliare denomiNOME «La RAGIONE_SOCIALE Folk», omettendo di considerare che, in conseguenza di tale atto – risalente al 20 giugno 2008, cioè precedente di quasi un anno al fallimento RAGIONE_SOCIALE società «RAGIONE_SOCIALE» – la medesima società venditrice aveva acquisito l’intero controvalore.
La segnalata circostanza, rileva il ricorrente, porta ad escludere, da un canto, che l’operazione abbia prodotto un depauperamento del patrimonio dell’ente – che era, comunque, senz’altro sufficiente all’estinzione dell’unico debito esistente, ammontante ad euro 103.291,28 e vantato da tale COGNOME, precedente titolare del cespite, che aveva alieNOME nel 2002 – e, dall’altro, che l’atto di cessione abbia arrecato concreto ed effettivo pregiudizio al ceto creditorio.
COGNOME aggiunge, ancora: di essere rimasto estraneo alla prima fase RAGIONE_SOCIALE trattativa finalizzata all’alienazione di taluni beni alla società RAGIONE_SOCIALE suggellata dalla sottoscrizione, il 19 giugno 2007, di contratto preliminare, con corresponsione di una caparra dell’importo di 800.000 euro; che la Corte di cassazione è incorsa in errore percettivo per non avere considerato i rilievi, contrastanti con l’ipotesi di accusa, filo tempore espressi, rispettivamente, dal Tribunale del riesame e dallo stesso pubblico ministero nel disporre, rispettivamente, l’annullamento RAGIONE_SOCIALE misura cautelare emessa dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Rimini e la revoca del sequestro preventivo del complesso immobiliare.
2.2. Con il secondo motivo, COGNOME si duole del fatto che la Corte di cassazione abbia dichiarato l’inammissibilità del motivo di ricorso relativo alla circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità sul postulato, frutto di errore percettivo, che la questione non fosse stata posta in sede di merito ove, invece, era stata introdotta con i motivi nuovi depositati alla Corte di appello di Bologna il 22 settembre 2021.
2.3. Con il terzo ed ultimo motivo, il ricorrente eccepisce che la Corte di cassazione ha disatteso la doglianza relativa all’applicazione RAGIONE_SOCIALE continuazione speciale fallimentare trascurando che già il Tribunale, al riguardo, aveva escluso che, nel caso in esame, connotato dalla pluralità di condotte afferenti a diverse vicende fallimentari, potesse discutersi di più fatti di bancarotta ed applicato, quindi, la norma generale sul reato continuato.
Obietta, in proposito, che, per tale via, gli è stata applicata una pena illegale, che la Corte di appello ha parametrato su un quadro normativo erroneamente individuato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
È pacifico, in giurisprudenza, che «L’errore materiale e l’errore di fatto, indicati dall’art. 625-bis cod. proc. pen. come motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti RAGIONE_SOCIALE corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, i contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo, sicché rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto – e sono, quindi, inoppugnabili errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali» (Sez. 5, n. 29240 del 01/06/2018, COGNOME, Rv. 273193; Sez. 3, n. 47316 del 01/06/2017, COGNOME, Rv. 271145).
Nel caso in esame, il ricorrente, con il primo motivo, attribuisce la veste di errori percettivi a circostanze che, invece, la Corte di cassazione ha debitamente considerato nel vaglio dei motivi di ricorso da lui articolati.
Alle pagg. 13-21 del provvedimento impugNOME, il giudice di legittimità ha, infatti, dato compiutamente conto RAGIONE_SOCIALE ricostruzione RAGIONE_SOCIALE vicenda operata dalla Corte di appello, imperniata sull’unitaria considerazione del complesso di operazioni poste in essere sotto l’impulso di COGNOME il quale aveva, peraltro, beneficiato di parte dei proventi dell’azione distrattiva.
Scrive, in particolare, la Corte di cassazione che «Oggetto RAGIONE_SOCIALE distrazione, frutto di un disegno unitario, erano stati, dunque, sia gli immobili siti in Coriano alla INDIRIZZO, sia le somme di denaro, dirottate dal COGNOME verso il COGNOME, provenienti dalla provvista creata grazie alla descritta operazione, ideata ed eseguita dal ricorrente insieme con il COGNOME (circostanza evidenziata dalla corte territoriale nel rigettare il rilievo difensivo, acriticamente reiterato in que sede, RAGIONE_SOCIALE mancata considerazione RAGIONE_SOCIALE decisione del tribunale del riesame, resa, osserva il giudice di secondo grado con logico argomentare, con riferimento alla sola distrazione delle somme di denaro e non anche dei beni immobili: cfr. p. 4)».
Tale operazione, si legge nella sentenza impugnata, era «chiaramente finalizzata a schermare la vendita del compendio immobiliare RAGIONE_SOCIALE fallita ai terzi – dunque, in primis al venditore degli anzidetti beni immobili, l’COGNOME, titolare un credito di oltre centomila euro, non essendogli stato versato l’integrale prezzo RAGIONE_SOCIALE vendita e la cui istanza attivò la procedura conclusasi con la dichiarazione di fallimento RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, ma anche al promissario acquirente COGNOME, che, come acutamente osservato dal giudice di primo grado, pagò lo stesso immobile due volte (cfr. p. 59 RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado) – al fine di sottrarre il patrimonio RAGIONE_SOCIALE società alla garanzia dei creditori che, all’atto RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di fallimento non avrebbero rinvenuto né gli immobili, venduti, né il corrispettivo distratto, mentre per esercitare la revocatoria sarebbe stato necessario dimostrare la mala fede del terzo acquirente».
Posto, allora, che «come dichiarato dal curatore fallimentare, nel patrimonio societario non vennero rinvenuti “né il compendio immobiliare sito in Coriano alla INDIRIZZO, né il denaro incassato per la vendita di tale compendio, né altro denaro risultante di spettanza RAGIONE_SOCIALE società fallita” (cfr. p. 5 RAGIONE_SOCIALE sentenza d appello)», i giudici di legittimità hanno qualificato come «frutto di una lettura alternativa parcellizzata la pretesa difensiva di separare la vendita degli immobili di cui si discute dallo svuotamento delle casse RAGIONE_SOCIALE società realizzato con la fuoriuscita per scopi diversi da quelli sociali del ricavato RAGIONE_SOCIALE vendita, laddove l’interpretazione delle risultanze processuali fatta propria dai giudici di merito ne evidenzia, in maniera affatto contraddittoria o manifestamente illogica, l’intima connessione, trattandosi di un’unica operazione, il cui obiettivo finale, lo si
ripete, era quello di svuotare il patrimonio sociale, con pregiudizio per le ragioni del ceto creditorio».
Rebus sic stantibus, è del tutto evidente che si è al cospetto di valutazioni orientate dalla considerazione delle evidenze disponibili – anziché, come sostenuto dal ricorrente, da errori percettivi – ivi comprese la vendita sottoscritta nel 2008 e l’incasso del relativo prezzo, pure avvenuto in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento: è per questa ragione, del resto, che la Corte di cassazione non ha mancato di precisare che «I fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza (cfr. Cass., Sez. U. n. 22474 del 31/03/2016, Rv. 266804)» e che è pacifico, del resto, che «la bancarotta per distrazione possa essere realizzata anche con un negozio a titolo oneroso, se posto in essere con la volontà e la consapevolezza di sottrarre il bene o il ricavato RAGIONE_SOCIALE vendita alla garanzia dei creditori (cfr. Cass., Sez. 5, n 8607 del 28/05/1982, Rv. 155366)».
La Corte di cassazione ha, analogamente, indicato, alle pagg. 17-19, gli elementi dimostrativi RAGIONE_SOCIALE consapevole e fattiva partecipazione di COGNOME all’intera strategia distrattiva, e, quindi, anche al programmato trasferimento di beni in favore RAGIONE_SOCIALE società rappresentata da NOME COGNOME, onde del tutto impropria appare l’evocazione, in proposito, di errori percettivi che, va conclusivamente rilevato sul punto, non possono attenere al tenore di precedenti, e non vincolanti, pronunzie giurisdizionali ad una delle quali, peraltro, la Corte di cassazione ha fatto, come sopra indicato, espressamente cenno.
Risulta, dunque, preclusa in radice, sotto questo aspetto, l’enucleazione di un errore di fatto che abbia inciso sulle valutazioni operate dal giudice di legittimità.
Con riferimento al secondo motivo, vertente sulla declaratoria di inammissibilità, da parte RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, del quarto motivo di ricorso – relativo alla contestazione RAGIONE_SOCIALE circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità – e, specificamente, sull’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di appello, a cui dire l’imputato non aveva proposto, al riguardo, specifico gravame, occorre notare come la doglianza articolata con il ricorso straordinario, pur discendente da un presupposto di fatto correttamente esposto, non giovi, a ben vedere, alla causa di COGNOME.
Se è vero, infatti, che la censura de qua agitur era stata introdotta con i motivi nuovi di appello depositati il 22 settembre 2021, sicché sia la Corte di appello che la Corte di cassazione avrebbero dovuto darne conto, non è meno
vero, per converso, che quello specifico punto RAGIONE_SOCIALE decisione di primo grado non era stato oggetto dei motivi di appello originariamente proposti, sicché i predetti motivi nuovi avrebbero dovuto essere dichiarati, comunque, inammissibili.
Tanto, in ossequio al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui «I motivi nuovi proposti a sostegno dell’impugnazione devono avere ad oggetto i capi o i punti RAGIONE_SOCIALE decisione enunciati nell’originario atto impugnazione a norma dell’art. 581, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., dovendosi ritenere afferente a distinte statuizioni il motivo relativo all’affermazione RAGIONE_SOCIALE responsabilità dell’imputato, investita dall’appello originario, e quello inerente la configurabilità di un’aggravante, con conseguente inammissibilità di quest’ultimo» (Sez. 6, n. 5447 del 06/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280783 – 01; Sez. 5, n. 4184 del 20/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262180 – 01).
Ne discende, per quanto qui interessa, che l’errore percettivo è rimasto privo di incidenza sul contenuto RAGIONE_SOCIALE decisione qui impugnata, ciò che preclude il sollecitato intervento caducatorio ex art. 625-bis cod. proc. pen. (al riguardo, cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 47316 del 01/06/2017, COGNOME, Rv. 271145 – 01).
Parimenti infondato è l’ultimo motivo di ricorso, che involge valutazioni di diritto piuttosto che fallaci percezioni di fatto.
La Corte di cassazione, alla pag. 8 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, ha, invero, esposto che COGNOME, con il sesto motivo dell’originario ricorso per cassazione, aveva lamentato che la Corte di appello, in violazione del divieto di reformatio in peius, avesse aumentato la pena, nella misura di sei mesi di reclusione, a titolo di continuazione fallimentare ex art. 219, secondo comma, n. 1, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, istituto che, però, era stato già escluso dal Tribunale, che aveva invece applicato la continuazione ordinaria, prevista dall’art. 81 cod. pen., sul rilievo che i fatti di bancarotta non erano stati commessi nell’ambito del medesimo fallimento.
Ciò dimostra, a dispetto di quanto qui obiettato dal ricorrente, che il giudice di legittimità ha avuto precisa contezza delle determinazioni rispettivamente adottate dai giudici di merito, che lo hanno indotto a rigettare, anche sotto questo versante, l’impugnazione sulla base di argomentazioni che attengono all’ammissibilità dell’implicita contestazione dell’aggravante prevista dalla legge fallimentare.
Ne discende che la Corte di cassazione ha stimato la legittimità dell’applicazione, da parte RAGIONE_SOCIALE Corte di appello, dell’aumento per la circostanza aggravante prevista dalla legge fallimentare, in tal modo esprimendo, anche in
ordine alla legalità RAGIONE_SOCIALE pena, una valutazione di ordine giuridico, non influenzata dal ventilato, ed insussistente, errore percettivo.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 22/09/2023.