Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2824 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2824 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PALERMO il 14/04/1964 avverso la sentenza del 28/02/2024 della CORTE DI CASSAZIONE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso; ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt.610, comma 5, e 611, comma 1 bis e seguenti, cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La difesa di NOME COGNOME ha proposto ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen. avverso la sentenza n. 13344 pronunciata dalla Sesta Sezione penale della Corte in data 28 Febbraio 2024, deducendo errore di fatto in ordine all’applicazione della circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen..
Per quanto ora interessa, la sentenza indicata ha dichiarato inammissibile il ricorso avendo ritenuto corretta l’applicazione da parte dei giudici di merito della recidiva (ex art. 99, quarto comma, cod. pen.) “poiché l’imputato … risultava attinto da numerosi precedenti per gravi e ripetuti delitti della stessa indole”.
Tuttavia, si ribadisce nel ricorso, nel pur variegato certificato del casellario giudiziale dell’imputato, non si rinvengono reati della stessa indole di quelli oggetto
della sentenza oggi contestata (artt. 73 e 74 d.p.r. 309/90). In particolare, tale circostanza è vera in relazione alle condanne ove è stata già applicata la recidiva, le quali hanno determinato i giudici nel presente procedimento ad applicare la medesima aggravante nella forma più grave (art. 99 quarto comma, cod. perì.).
L’applicazione della recidiva contestata ad NOME COGNOME è quindi frutto di un equivoco percettivo che può esser rimediato con la presente procedura ed il conseguente annullamento della condanna in relazione all’applicazione della menzionata aggravante.
2. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo.
L’errore dedotto, relativo alla valutazione dei presupposti per l’applicazione della recidiva, non può essere considerato di natura percettiva, così come richiesto dalla legge, nell’interpretazione datane da questa Corte. Infatti, ai fini dell’ammissibilità del ricorso straordinario per errore di fatto, è necessario che sia denunciata una disattenzione di ordine meramente ‘percettivo’, causata da una svista o da un equivoco, la cui presenza sia immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso, e che abbia la inevitabile conseguenza di determinare una decisione diversa da quella adottata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; allo stesso modo sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali processuali ovvero la supposta esistenza di norme o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se collegati ad orientamenti giurisprudenziali supposti per incuriam (ex pluris, Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015 Moroni Rv. 263686 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 28269 del 28/05/2013 Rv. 257031 – 01; Sez. 6, Ord. n. 2945 del 25/11/2008, Caso, Rv. 242689 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso specifico, nessuna delle ipotesi sopradescritte si è verificata non solo perché la allegata erronea rappresentazione ha carattere ampiamente valutativo, ma anche perché essa è basata sulle seguenti ulteriori erronee premesse:
a differenza di quanto affermato nel ricorso, ai fini della applicazione della recidiva reiterata, è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l’imputato risulti gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, senza la necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023,
COGNOME Rv. 284878 – 01). La ‘riduzione’ dell’elenco dei precedenti, operata a pg. 3 del ricorso, è pertanto errata;
errato e riduttivo è sostenere (pg. 3) che il “bene giuridico tutelato dalle norme incriminatrici del d.P.R. 309/1990” sia solamente “la salute, sia individuale che collettiva”. Al contrario, secondo l’interpretazione costante, i reati previsti dagli art. 73 e 74 del citato decreto in materia di sostanze stupefacenti possono essere motivati (ed in genere lo sono) anche da fine di lucro (ex multis, Sez. 6, n. 53590 del 20/11/2014, Genchi, Rv. 261869 – 01) che costituisce il denominatore comune pressoché di tutti i precedenti ascritti al COGNOME.
Per tali ragioni, il ricorso è inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025
Il C nsigliere relatore
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La Presidente