Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27205 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27205 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LOCRI il 03/02/1973
avverso la sentenza del 15/11/2023 della CORTE DI CASSAZIONE ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; sentito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione, Sesta sezione penale, ha rigettato il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria, emessa il 15 novembre 2023, che lo aveva condannato alla pena di anni diciotto di reclusione in relazione al reato di partecipazione, con funzioni organizzative, ad una associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ed a numerosi reati fine.
Avverso la citata sentenza NOME COGNOME propone ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. Deduce:
in relazione al reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90 di cui al capo P, la sentenza non avrebbe tenuto conto della assoluzione – pronunciata da altra sentenza prodotta agli atti ed indicata in una memoria depositata a suo tempo – del correo COGNOME Sebastiano, avente efficacia determinante nella decifrazione del fatto a carico del ricorrente, essendo stato chiarito a cosa ci si intendesse riferire, nella conversazione intercettata, con l’utilizzo del termine “blocchetti” e, cioè, al pagamento di un affitto e non a proventi illeciti e tenuto conto che COGNOME NOME, padre del ricorrente, aveva agito, secondo l’accusa, in concorso con il figlio odierno ricorrente (e con il di lui fratello NOME), sicché la sua assoluzione non potrebbe che riverberare i suoi effetti sulla posizione del medesimo ricorrente, determinando a suo carico un errore di fatto che giustificherebbe l’odierna impugnazione per violazione dell’art. 649 cod. proc. pen.;
2) in relazione ai reati ex art. 73 D.P.R. 309/90 di cui ai capi Al e A6, la Corte di cassazione sarebbe caduta in un errore di fatto, non avendo preso in considerazione che in altro contesto processuale, come da sentenze prodotte emessa dalla Corte di appello di Catania, COGNOME NOME era stato assolto, sia pure con statuizione non definitiva, da un reato con il quale gli si contestavano gli stessi fatti posti a base della condanna intervenuta nel presente processo e ad analogo giudizio assolutorio, questa volta definitivo, si era pervenuti in relazione a COGNOME NOME, fratello del ricorrente.
Ne sarebbe conseguita la violazione del principio del ne bis in idem di cui all’art. 649 cod. proc. pen. dovuta ad errore di fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto con motivi complessivamente infondati, deve essere rigettato.
Deve premettersi che, come viene pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio, in tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME; Sez. 6, n. 28424 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283667).
2.
Ciò posto, nel caso in esame ed in relazione ad entrambi i motivi di ricorso, deve rilevarsi che la Corte di cassazione, ai fgg. 46, 48, 51 e 54 della
sentenza impugnata, ha valutato, con argomenti che hanno tenuto conto anche delle censure difensive, gli elementi posti alla base del giudizio di
responsabilità del ricorrente per i reati di cui ai capi P, Al e A6 formulato dalla Corte di appello, ritenendoli privi di vizi sia in punto di fatto che di
diritto, così da giustificare il rigetto del ricorso ordinario.
La dedotta circostanza che tali argomentazioni non avrebbero tenuto conto degli accertamenti contenuti in sentenze emesse in altri procedimenti, ai fini
della verifica di un eventuale contrasto di giudicati o di una doppia statuizione sullo stesso fatto, in violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. (per di più,
quanto al reato di cui al capo P, con riguardo non al ricorrente ma al di lui padre e, con riguardo agli altri reati, attraverso sentenza non definitiva
emessa a carico del ricorrente), non consente di ritenere che si tratti di errori di fatto sindacabili attraverso il ricorso straordinario ma, semmai, di
emergenze idonee a supportare, per contrasto di giudicati, un eventuale giudizio di revisione ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., ovvero un incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 669 cod. proc. pen. in presenza dei necessari presupposti.
Al fine di evitare l’eventualità di un giudizio di revisione era diretta, peraltro, la sollecitazione contenuta nella memoria datata 30 settembre 2024, allegata al ricorso e da esso richiamata, depositata nel giudizio di cassazione ordinario dall’Avv. NOME COGNOME nell’interesse dei coimputati COGNOME NOME e COGNOME NOME (fg. 7 di essa).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso, il 26/06/2025.