Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31126 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31126 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. proposto da COGNOME, nato a Roma, il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/06/2023 della Corte di cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore e AVV_NOTAIO speciale, propone ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza della Quarta sezione di questa Corte emessa in data 21/06/2023 che ha rigettato il ricorso dell’odierno ricorrente avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che lo aveva condannato, alla pena di anni sei di reclusione ed euro 30.000,00 di multa, in relazione ai reati di cui agli artt. 73, co. 4 e 6, e 80, co. 2 del d.P.R. n. 309 del 1990.
A sostegno dell’impugnazione, il difensore deduce quattro motivi di gravame con cui si censura la sentenza per errore di fatto ai sensi dell’art. 625bis cod. proc. pen.
2.1. Con un primo motivo, la difesa censura l’erronea percezione della consistenza del primo motivo dell’atto di ricorso principale ed in particolare l’omessa motivazione in ordine alla mancata applicazione dei princìpi europei affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza C140/2020 del 05/04/2022 nonché in ordine alla compatibilità della prova atipica RAGIONE_SOCIALE videoriprese e della geolocalizzazione elettronica.
Dopo un corposo excursus sulla genesi e sul perimetro applicativo dell’istituto di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen., così come interpretato nella giurisprudenza di legittimità, e dopo aver ripercorso la sequenza processuale dell’odierno procedimento, la difesa rileva come la Quarta sezione di questa Corte sarebbe incorsa nell’errore percettivo che la censura difensiva rassegnata nel primo motivo dell’atto di ricorso principale fosse limitata alla sola legittimità dei tabulati telefonici e non anche degli ulteriori risultati investigativi nonché come lo stesso Collegio non si sarebbe avveduto della sopravvenienza costituita dalla sentenza C140/2020 della Corte di Giustizia.
2.2. Con un secondo motivo, si censura l’erronea percezione dell’essenza del secondo motivo dell’atto di ricorso principale ed in particolare l’omessa valutazione della doglianza difensiva in ordine alla mancata autorizzazione dell’inserimento di un’ulteriore e successiva microspia nel luogo di privata dimora nonché in ordine all’assenza motivazionale dei decreti autorizzativi dell’apposizione di due microspie nel luogo di privata dimora.
A parere della difesa, la IV sezione di questa Corte avrebbe erroneamente inteso il contenuto della censura difensiva con la quale, lungi dal venir contestate irregolarità nella gestione esecutiva, veniva in realtà contestata l’assenza di un provvedimento autorizzativo nell’apposizione di un nuovo supporto tecnico da parte della polizia giudiziaria. La Corte avrebbe dovuto affrontare, pertanto, la questione della legittimità dell’operato della polizia giudiziaria che, apponendo una seconda microspia, avrebbe travalicato le modalità esecutive contenute nel provvedimento autorizzativo.
2.3. Con un terzo motivo, la difesa lamenta l’omessa motivazione sulla violazione degli artt. 178 e 455 e segg. cod. proc. pen. in ordine alla ritenuta circostanza aggravante di cui all’art. 80, co. 2, d.P.R. n. 309 del 1990.
Ad avviso del difensore, il motivo di gravame sarebbe stato erroneamente inteso come veicolante una diversa valutazione nel merito, laddove invece lo stesso avrebbe investito una questione di nullità della sentenza per violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui agli artt. 178 e 455 e segg. cod. proc. pen.
2.4. Infine, con l’ultimo motivo, la difesa censura l’erronea percezione del testo RAGIONE_SOCIALE intercettazioni ambientali nonché l’omessa motivazione in ordine
all’identificazione del ricorrente quale interlocutore dei dialoghi e in ordine agli elementi costitutivi della trattativa di cessione di sostanza illecita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– Rileva la Corte che il proposto ricorso straordinario è inammissibile per manifesta infondatezza.
Il ricorrente muove dalle corrette coordinate interpretative in tema di rescissione della sentenza per errore di fatto ex art. 625 bis cod.proc.pen., ma poi, nel caso concreto, prospetta RAGIONE_SOCIALE omissioni alle risposte ai motivi che non integrano l’errore percettivo rilevante, secondo gli arresti di legittimità, ai sensi dell’art.625 bis cod.proc.pen.
In linea AVV_NOTAIO va perimetrato il vizio denunciato con il ricorso £2.2straordinario, tenuto contovrerrore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità, e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625 bis cod.proc.pen., consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso, ovvero nella mancata risposta ai motivi proposti, situazione cui appartiene, secondo la deduzione del difensore, il caso in esame.
Ai fini della configurabilità dell’errore di fatto per omesso esame di un motivo, la giurisprudenza di legittimità, nella sua massima espressione, ha dato precise indicazioni. Secondo le Sezioni Unite, l’omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione non dà luogo ad errore di fatto rilevante a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen., né determina incompletezza della motivazione della sentenza allorché, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, ovvero quando l’omissione sia soltanto apparente, risultando le censure formulate con il relativo motivo assorbite dall’esame di altro motivo preso in considerazione, giacché, in tal caso, esse sono state comunque valutate, pur essendosene ritenuta superflua la trattazione per effetto della disamina del motivo ritenuto assorbente (così Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, COGNOME, Rv. 221283-01, e Sez. U, n. 16104 del 27/03/2002, COGNOME, non massimata’ nonché, più di recente, Sez. 2, n. 53657 del 17/11/2016, COGNOME, Rv. 268982-01). In tale ipotesi, si è ulteriormente precisato che è onere del ricorrente dimostrare che la doglianza era invece decisiva, per cui il suo omesso esame è conseguenza di un sicuro errore di
percezione (Sez. 6, n. 16287 del 10/02/2015. COGNOME, Rv. 263113 – 01; Sez. 5, n. 20520 del 20/03/2007, Rv. 236731, COGNOME).
Sempre secondo GLYPH l’orientamento GLYPH ampiamente consolidato della giurisprudenza, non è configurabile un errore di fatto, bensì un errore di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo (cfr., per tutte: Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 26368601; Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, Corsini’ Rv. 250527-01; Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, COGNOME, Rv. 221280-01).
L’omesso esame di un motivo di ricorso idoneo ad integrare l’errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen., è soltanto quello che si sostanzia in una svista materiale, ossia una disattenzione di ordine percettivo che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura, e che abbia il carattere della «decisività».
L’omesso esame di un motivo di ricorso non integra l’errore di fatto allorquando:
il motivo, pur non espressamente esaminato, debba considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura logicomotivazionale del provvedimento;
le censure contenute nel motivo non espressamente esaminato risultino assorbite dall’esame di altro motivo (c.d. omissione apparente);
il motivo pretermesso non abbia carattere decisivo, in quanto – laddove esaminato – la decisione sarebbe stata la stessa.
Così perimetrato l’errore di fatto che può dare luogo alla revoca della sentenza nel caso di omesso esame di un motivo, ritiene, il Collegio, che non sussista il denunciato errore percettivo.
L’errore di fatto denunciato consisterebbe nell’errata percezione del contenuto del primo motivo di ricorso che, secondo il ricorrente, sarebbe stato travisato nel suo contenuto e nella conseguente risposta della Corte di cassazione che integrerebbe così l’omessa risposta al motivo.
Non è integrato l’errore di fatto rilevante ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità a partire da Sez. Un. COGNOME, atteso che non si tratta di una svista materiale che si sostanzia nell’erronea supposizione dell’inesistenza del motivo sulla questione dell’utilizzazione dei dati esterni del traffico telefonico. La Quarta sezione ha preso atto dell’esistenza del motivo nella sua interezza e lo ha disatteso incentrando la propria attenzione sull’art. 132, co. 3, Codice privacy.
Invero, la Corte richiama integralmente il motivo di ricorso «quanto alla dedotta inutilizzabilità di videoriprese, pedinamenti elettronici e acquisizioni di
tabulati telefonici, si tratta di operazioni che rientrano nell’ambito dell’attivi investigativa di osservazione generica, legittimamente acquisiti e disposti dal Pubblico ministero», e qualche riga dopo afferma che «va rilevata la infondatezza del motivo oltre che la genericità e aspecificità» (pag. 63). Il ricorso che deduce l’errore percettivo della sentenza in parte non si confronta con la stessa sentenza della Corte di cassazione (di cui sbaglia anche il riferimento richiamando pag. 52), laddove non allega il carattere decisivo dell’errore, necessario al fine di integrare l’errore di fatto ex 625 bis cod.proc.pen. tenuto conto che la sentenza dà atto dell’esistenza di intercettazioni anche ambientali e di servizi di ocp.
Non vi è stata una svista nella percezione del contenuto del motivo di ricorso che ha causato una erronea individuazione della censura che avrebbe determinato una decisone incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata a seguito della considerazione del motivo (cfr. Cass. Sez. 5, n. 11058 del 10/12/2004, COGNOME).
Il secondo motivo è parimenti inammissibile. Anche in questo caso non vi è statq, svista nella percezione del motivo di ricorso tenuto ianchg conto che il disposto dell’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, secondo cui “nella sentenza della (Corte di RAGIONE_SOCIALEzione i motivi di ricorso sono enunciati nei limiti strettamente indispensabili per la motivazione”, non consente di presupporre che ogni argomento prospettato a sostegno RAGIONE_SOCIALE censure e non analiticamente riprodotte in sentenza sia stato non letto anziché implicitamente ritenuto non rilevante.
La difesa ha travisato la motivazione addotta dalla Corte, a pagg. 61-62. Quando la Corte afferma che «l’assunto difensivo riguarda anche la modifica RAGIONE_SOCIALE modalità esecutive che avrebbe dovuto essere oggetto, secondo la censura difensiva, di un nuovo autonomo provvedimento del GIP» (pag. 61) dimostra di aver correttamente inteso la censura difensiva che ha disatteso con motivazione che ora il ricorrente tenta di rimettere in discussione. La censura finisce per risolversi in una richiesta di rivalutazione della decisione passata in giudicato.
Il terzo terzo e quarto motivo di ricorso introducono censure che pongonoVil ricorso al di fuori dal perimetro dell’errore di fatto che non può mai riguardare la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, né la valutazione della motivazione posta base della sentenza passata in giudicato. Ove così non fosse, si aprirebbe la strada ad un nuovo grado di giudizio che non è esperibile con il ricorso straordinario per errore di fatto.
Così è per il terzo motivo, si tratta di una censura che contesta la valutazione operata dalla sentenza sul punto (cfr. pag. 75 della sentenza)
Il quarto motivo censura direttamente la decisione in punto affermazione della responsabilità rimettendo in discussione l’acquisizione del materiale probatorio e la sua valutazione (pagg. 74-75) che, se già non proponibili nel
giudizio di legittimità concluso con la sentenza della Quarta Sezione della Corte di cassazione, non può essere comunque rimesso in discussione in questa sede.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Così deciso il 25/06/2024