Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3661 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 3661  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2023
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
 COGNOME NOME, nato a Solesino il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Dolo il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 3882 emessa dalla Corte di Cassazione il 24/11/2022- dep. 2023;
visti gli atti ed esaminati i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
 COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso straordinario ex art. 625 bis cod. proc. pen. nei riguardi della sentenza n. 3882 del 24.11.2022 con cui la Seconda Sezione della Corte di cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dagli stessi odierni ricorrenti avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Venezi aveva confermato la loro condanna per una serie di fatti di ricettazione.
Sono stati articolati due motivi.
2.1. Con il primo si deduce errore di fatto decisivo relativo alla lettura degli a alla mancata declaratoria della estinzione dei reati per prescrizione.
Si sostiene che:
i fatti contestati risalirebbero ad un periodo di tempo collocabile tra il febbraio luglio del 2011, così come evincibile dalla imputazione;
il termine di prescrizione sarebbe quindi decorrente da111.2.2011;
il reato di ricettazione è punibile con la pena da due a otto anni di reclusione dunque il termine di prescrizione è complessivamente quello di dieci anni, decorso 1’1.2.2021, già prima della udienza di discussione tenuta in Corte di appello il 15.3.2021
la Corte di cassazione avrebbe erroneamente ritenuto che i reati non fossero prescritti in ragione della sospensione del termine per 102 giorni (dal 22.11.2016 al 3.3.2017) derivante dall’impedimento di un difensore, AVV_NOTAIO, per contestuale impegno professionale e che, dunque, il termine sarebbe perento il 14.5.2021, dopo la pronuncia della sentenza da parte della Corte di appello, intervenuta il 15.3.2021>
Sostengono invece i ricorrenti, da una parte, che, in ragione della richiesta di rinv presentata dall’AVV_NOTAIO, la prescrizione si sarebbe verificata comunque il 3.4.2021, prima della pronuncia della sentenza e che la sospensione del termine non poteva valere anche per il coimputato che non avesse chiesto il rinvio della udienza, e, dall’altra, che, pur volendo ragionare con la Corte di cassazione, questa non avrebbe dovuto emettere una sentenza di inammissibilità dei ricorsi, ma di rigetto nel merito, con conseguente pronuncia di estinzione del reato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta l’errore percettivo in c:ui sarebbe incorsa la stessa Corte di cassazione quanto alla valutazione di inammissibilità dei ricorsi per essere state dedotte censure in punto di fatto.
Si assume, valorizzando il primo motivo di ricorso, che, diversamente dagli assunti della Corte, nella specie fosse stato devoluto il vizio di “assenza’ di motivazione pe essersi la Corte di appello limitata a reiterare la sentenza di primo grado, senza tenere conto delle censure a questa mosse.
Dunque la Corte di cassazione avrebbe errato, per un errore di percezione, nel ritenere aspecifico il motivo di impugnazione, ovvero che con lo stesso fossero state dedotte mere censure in punto di fatto.
Considerazioni analoghe vengono compiute anche in relazione agli altri motivi di ricorso che erano stati devoluti alla Corte di cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, i cui motivi possono essere valutati congiuntamente, sono inammissibili.
È utile fare riferimento alla nozione di errore di fatto che legittima la proposizio del ricorso ex art. 625 bis cod. proc. pen.
Si tratta di una nozione delineata dalle Sezioni Unite in più occasioni.
Si è affermato che tale vizio consiste «in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti inte al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso» (Sez. Un, n. 16103 del 27/3/2002, Basile P., Rv. 22128C); Sez. Un., n. 37505 del 14/7/2011, COGNOME, Rv. 250527; Sez. Un., n. 18651 del 26/3/2015, COGNOME, Rv.265248; nello stesso senso, fra le tante, Sez. 4, n. 17178 del 8/4/2015, COGNOME, Rv. 26:3443; Sez. 5, n. 7469 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259531; Sez. 1, n. 17362 del 15/4/2009, COGNOME, Rv. 244067; Sez. 4, n. 15137 del 8/3/2006, COGNOME, Rv. 233963).
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che:
deve essere esclusa ogni possibilità di dedurre, attraverso l’art. 625 bis cod. proc. pen., errori valutativi o di giudizio;
sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazion norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia inc giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamen del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie;
l’operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle decisioni relat all’accertamento dei fatti processuali, non risultando giustificata una simile restrizio dall’effettiva portata della norma, atteso che l’errore percettivo può cadere su qualsias dato fattuale;
l’errore di fatto censurabile secondo il dettato dell’art. 625 bis cod. proc. pen. de consistere in una inesatta percezione di risultanze direttamente ricavabili da atti relat al giudizio di cassazione;
l’errore di fatto può consistere anche nell’omissione dell’esame di uno o più motivi del ricorso per cassazione, sempre che risulti dipeso “da una vera e propria svista materiale, ossia da una disattenzione di ordine meramente percettivo, che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura”, ovverossia che l’omesso esplicito esame lasci presupporre la mancata lettura del motivo di ricorso e da tale mancata lettura discenda, secondo “un rapporto di derivazione causale necessaria”, una decisione che può ritenersi incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata a seguito della considerazione del motivo;
 l’errore di fatto deve rivestire “inderogabile carattere decisivo”;
In tale contesto i motivi di ricorso rivelano la loro strutturale inammissibilità.
La Corte di cassazione, dopo aver puntualmente descritto i motivi di ricorso a lei devoluti, aveva ritenuto gli stessi inammissibili:
quanto al primo, relativo al decorso del termine di prescrizione prima della pronuncia della sentenza della Corte di appello, ovvero, in ragione della regolare instaurazione del rapporto processuale, comunque prima della sentenza di legittimità, la Corte di cassazione aveva chiarito, come rispetto al termine del 1.2.2021, dovesse aggiungersi l’ulteriore periodo di centodue giorni di sospensione per legittimo impedimento dell’AVV_NOTAIO, e che pertanto i reati si erano estinti dopo la pronuncia della sentenza emessa dalla Corte di appello;
b) quanto agli altri motivi, relativi alla omessa motivazione, che, diversamente dagli assunti difensivi, la Corte di appello avesse correttamente motivato.
In ragione della inammissibilità dei motivi dei ricorsi, la Corte di cassazione aveva inoltre ritenuto che non potesse essere dichiarata la sopravvenuta prescrizione.
 In tale contesto, non è chiaro in cosa sarebbe consistito l’errore percettivo decisivo in cui sarebbe incorsa la Corte.
Nella specie non si verte in una ipotesi di errore di fatto, atteso che non si tratta una svista o di un equivoco derivante dalla lettura degli atti interni, ma, si contesta, più, un errore valutativo, cioè un errore sulla esatta portata dei rinvio per legitt impedimento del difensore ovvero sull’applicazione dell’art. 161, comma 1, cod. pen. cioè della operatività della causa di sospensione del termine di prescrizione.
Un errore, al più, sulla interpretazione e sulla portata di norme giuridiche, sostanzia o processuali, ma non un errore percettivo nel senso delineato dalla Corte di cassazione.
A non diverse conclusioni deve giungersi anche per quel che concerne il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce l’errore in cui la Corte sarebbe incorsa nel ritener inammissibili e non infondati i residui motivi di ricorso; ciò che si contesta è valutazione dei singoli motivi di ricorso da parte della Corte di cassazione, ma ciò non consente affatto di configurare un errore percettivo di fatto.
 All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2023.