Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2601 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2601 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato a Francavilla Fontana il 25/12/1982 avverso la sentenza del 23/01/2024 della Corte di cassazione; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 gennaio 2024, depositata il 10 febbraio 2024, la Quarta Sezione penale della Corte di cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte di appello di Lecce del 13 febbraio 2023 – con la quale era stata parzialmente riformata la sentenza del Tribunale di Brindisi che aveva condannato l’imputato, per il reato di cui all’art. 116, comma 15, del d.lgs. n. 285 del 2002, per avere guidato un’autovettura senza patente, con l’aggravante della condotta
reiterata nel biennio (Ostuni il 13 ottobre 2017) – limitatamente alla sostituzione della pena della reclusione con quella della multa, statuizione che ha eliminato, disponendo la sostituzione della pena detentiva con euro 9000,00 di ammenda, e ha rigettato nel resto il ricorso.
L’imputato ha proposto ricorso straordinario, attraverso il difensore, denunciando l’errore di fatto decisivo in cui la Corte sarebbe incorsa nell’omessa valutazione del decorso del termine complessivo di prescrizione ex artt. 157 e 161 cod. pen., pari ad anni cinque, trattandosi di contravvenzione. Si sostiene che nella sentenza si sarebbe dovuto dichiarare estinto il reato, commesso il 13 ottobre 2017, rilevando d’ufficio la prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
3.1. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità, oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bi cod. proc. pen., consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, che abbia condotto ad una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002 – dep. 30/04/2002, Rv. 221280).
3.2. Merita inoltre ricordare che è inammissibile, perché carente del requisito della specificità dei motivi, il ricorso straordinario per cassazione, presentato ai sensi dell’art. 625-bis cit., che deduce l’omesso rilievo ex officio da parte del giudice di legittimità della prescrizione del reato, quando il ricorrente non fornisca compiuta rappresentazione della sequela procedimentale e non dimostri, alla luce della medesima, l’intervenuta maturazione del termine di legge (Sez. 5, n. 12093 del 20/01/2021, Rv. 280735, fattispecie in cui, in motivazione, la Corte ha precisato che l’accertamento della prescrizione non è frutto del mero computo aritmetico del relativo termine sul calendario, ma implica la risoluzione di plurime questioni di fatto e di diritto, la cui definizione deve presentarsi di chiara evidenza per configurare l’errore di percezione denunciato).
3.3. Merita infine ricordare che, ai fini del computo del termine di prescrizione non deve tenersi conto solamente del decorso del tempo dalla commissione del reato, ma anche delle eventuali cause di interruzione e di sospensione. Tra queste, in particolare quella introdotta dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, ovvero una ulteriore causa di sospensione del corso della prescrizione durante il tempo di
celebrazione del giudizio di appello e quello di cassazione, per un massimo di anni uno e mesi sei per fase, per i reati commessi dopo il 3 agosto 2017. Sul punto, le Sezioni Unite di questa Corte, all’udienza del 12 dicembre 2024 (RG. 22932/24), hanno statuito che la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continua ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, lettera a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019.
Tali principi trovano applicazione con riguardo al ricorso in esame, il quale non permette di valutare l’eventuale errore percettivo di questa Corte, in quanto non fornisce compiuta rappresentazione della sequela procedimentale e non dimostra, alla luce della medesima, l’intervenuta maturazione del termine di legge. Esso si limita a ritenere prescritto il reato sulla base di mero computo del termine di prescrizione senza prendere posizione sulle cause di sospensione e trascurando del tutto l’applicabilità del regime giuridico di cui alla legge 23 giugno 2017, n. 103. La mancanza di tali indicazioni rende il ricorso generico, in quanto privo di concreti riferimenti ad un eventuale errore percettivo di questa Corte nel computo della prescrizione.
Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2024.