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Errore di fatto: limiti del ricorso in Cassazione

Un imputato, condannato per pascolo abusivo, ha presentato un ricorso straordinario alla Corte di Cassazione lamentando un errore di fatto sulla competenza del giudice. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l’errore di fatto consiste in una svista percettiva e non in una errata valutazione giuridica, come quella contestata dal ricorrente. La sentenza ribadisce i confini di questo rimedio eccezionale.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di Fatto: Quando un Errore di Valutazione non Giustifica il Ricorso Straordinario

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22824 del 2024, torna a definire i confini del ricorso straordinario per errore di fatto, un istituto processuale tanto specifico quanto delicato. La pronuncia chiarisce in modo inequivocabile che una presunta errata valutazione giuridica da parte della stessa Corte non può essere confusa con un errore percettivo, l’unico in grado di attivare questo rimedio eccezionale. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

Il caso: dalla condanna per pascolo abusivo al ricorso straordinario

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di pascolo abusivo, confermata dalla Corte di Appello di Messina con una pena di due mesi di reclusione e 400 euro di multa. L’imputato, ritenendo la condanna ingiusta, propone un primo ricorso per cassazione, che viene però dichiarato inammissibile.

Non dandosi per vinto, l’imputato decide di avvalersi di uno strumento particolare: il ricorso straordinario per cassazione, previsto dall’art. 625-bis del codice di procedura penale. La sua tesi si fonda sull’idea che la Corte sia incorsa in un errore di fatto. Secondo il ricorrente, il reato contestato rientrava nella competenza del Giudice di Pace e prevedeva pene molto più miti. La Cassazione, a suo dire, avrebbe erroneamente basato la sua decisione sul presupposto, insussistente, che si trattasse di una fattispecie aggravata di competenza del Tribunale.

La distinzione cruciale: errore percettivo contro errore valutativo

Il cuore della questione risiede nella corretta interpretazione di cosa costituisca un errore di fatto ai fini processuali. Il ricorrente sostiene che la Corte abbia “visto male” la natura del reato, trattandolo come un caso di competenza del Tribunale. La difesa, quindi, qualifica questa svista come un errore materiale, percettivo, idoneo a giustificare il ricorso straordinario.

Le motivazioni della Corte di Cassazione: nessun errore di fatto

La Sesta Sezione Penale della Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, fornendo una lezione chiara sulla natura dell’errore di fatto.

I giudici hanno richiamato il consolidato orientamento delle Sezioni Unite, secondo cui l’errore di fatto consiste in un “errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui il giudice di legittimità sia incorso nella lettura degli atti interni al giudizio stesso”. Si tratta, in altre parole, di una svista materiale (es. leggere una data per un’altra, non vedere un documento presente nel fascicolo) che ha viziato il processo formativo della volontà del giudice, portandolo a una decisione che altrimenti non avrebbe preso.

Al contrario, la Corte ha specificato che non rientrano in questa nozione:

* Gli errori di valutazione e di giudizio: derivanti da una non corretta interpretazione degli atti processuali.
* Gli errori di diritto: conseguenti a un’inesatta ricostruzione del significato delle norme.
* Gli errori di natura valutativa: che si innestano su un dato fattuale correttamente percepito.

Nel caso specifico, la doglianza del ricorrente non riguardava una svista nella lettura degli atti, ma una presunta erronea valutazione giuridica sulla competenza a giudicare il reato. Questo, a prescindere dalla sua fondatezza, è un errore di giudizio, non un errore di fatto. Pertanto, non è censurabile con lo strumento del ricorso straordinario.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza in esame è di fondamentale importanza perché ribadisce la natura eccezionale del ricorso ex art. 625-bis c.p.p. Questo rimedio non è una terza istanza di giudizio o un modo per contestare le valutazioni giuridiche della Suprema Corte. Il suo campo di applicazione è strettamente limitato alla correzione di errori percettivi, materiali e immediatamente evidenti.

La decisione sottolinea che confondere un errore di valutazione con un errore di fatto significa snaturare la funzione del ricorso straordinario, trasformandolo in un improprio strumento per ridiscutere il merito della decisione della Cassazione. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Cos’è un “errore di fatto” secondo la Corte di Cassazione?
È un errore puramente percettivo, come una svista o un equivoco nella lettura degli atti processuali, che ha influenzato la decisione del giudice. Non è un errore di valutazione o di interpretazione giuridica.

Un’errata interpretazione della competenza del giudice può essere considerata un errore di fatto?
No. Secondo la sentenza, stabilire la competenza del giudice è un’attività di valutazione giuridica. Un eventuale errore in questa valutazione è un errore di giudizio, non un errore di fatto, e quindi non può essere corretto tramite il ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p.

Qual è stata la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Il ricorso è stato respinto e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. La decisione originaria è quindi diventata definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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