Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36966 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36966 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata ad ALESSANDRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2024 della CORTE DI CASSAZIONE.
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore presente, avvocato NOME COGNOME, in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME del foro di Alessandria, difensore di COGNOME NOME, il quale si è riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto raccoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Per mezzo del proprio difensore, NOME COGNOME ha proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen., contro la sentenza della Terza Sezione penale di questa Corte di legittimità n. 42611/24, pronunciata il 24 ottobre e depositata il 21 novembre 2024.
Il ricorso straordinario si riferisce alla parte della sentenza con la qu respinto il ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Torino del novembre 2023, è stata confermata l’affermazione della penale responsabilità della COGNOME per il reato di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen. (già art. 260 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152).
La ricorrente sostiene che, nella sentenza n. 42611/24, la Terza sezione penale sarebbe incorsa in errore percettivo riguardo al contenuto dell’imputazione. Avrebbe erroneamente ritenuto, infatti, che alla COGNOME COGNOME ascritto il concors nelle diverse condotte di traffico illecito di rifiuti contestate al capo A) trascur che questo capo di imputazione è «suddiviso in trenta sottocapi contestati di volt in volta, oltre che all’imputato principale (NOME COGNOMECOGNOME, anche a sogget differenti a seconda della loro partecipazione o meno alle singole operazioni d gestione (asseritamente illecite) dei rifiuti in oggetto». La difesa osserva: che COGNOME è stata contestata la partecipazione a quattro attività, consistenti n redazione di certificati di analisi asseritamente falsi; che tali attività sono og dei «sottocapi» A2), A6), A17), A24) e i giudici di merito hanno escluso il dirett coinvolgimento della COGNOME nella redazione dei certificati di cui ai capi A2) e A6) Sostiene, dunque, che l’affermazione della penale responsabilità sarebbe limitat ai fatti di cui ai capi A17) e A24) e il concorso della COGNOME al traffico ill oggetto di imputazione si sarebbe esaurito con la redazione dei certificati di anal ivi indicati.
Secondo la difesa, l’errata percezione dei confini dell’imputazione formulata nei confronti della COGNOME, che «non era chiamata a rispondere dell’intero capo A), e cioè di tutte le condotte in esso indicate ma unicamente di quat condotte concorsuali, per due delle quali è stata assolta» (così, testualmen pag. 12 dell’atto di ricorso), sarebbe resa evidente dal fatto che, nel respinge ricorso, la Terza Sezione penale ha sviluppato argomentazioni di diritto sostanzial sulla individuazione della condotta concorsuale ma ha del tutto ignorato la doglianza processuale inerente ai confini dell’imputazione e, quindi, non ha risposto ai motivi di ricorso con i quali era stato dedotto il difetto di correla tra imputazione e sentenza.
Sotto diverso profilo, la difesa osserva che la Terza Sezione penale ha dato per presupposto che nell’istruttoria dibattimentale si COGNOME accertato che la COGNOME aveva compilato certificati di analisi di rifiuti in epoca successiva a quella dell’effettivo smaltimento nella consapevolezza che tali certificati sarebbero stati utilizzati da COGNOME «a copertura amministrativa degli illeciti pregressi». In tesi difensiva, nel giudizio di merito tale accertamento non sarebbe neppure stato compiuto sicché, anche per questa parte, la Terza Sezione sarebbe incorsa in errore omettendo di dare risposta alle doglianze formulate con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sulla base dei quali il ricorso straordinario è stato proposto sono manifestamente infondati. Il vizio prospettato, infatti, non è riconducibile alla nozione di errore di fatto rilevante ai sensi della norma evocata.
Si deve premettere che il rimedio di cui all’art. 625 bis non rappresenta un quarto grado di giudizio e non consente di instaurare “un giudizio di legittimità dea sentenza di legittimità”. Non è possibile quindi che, attraverso tale strumento processuale, ci si dolga di vizi che, ove riscontrati, sarebbero in realtà vizi motivazionali del provvedimento impugnato. La storia, la natura e la ratio del rimedio, in uno con il dato letterale della disposizione che lo istituì, rendono evidente che l’errore di fatto può dare luogo all’annullamento di una sentenza della Corte di cassazione ex art. 625 bis cod. proc. pen. solo se è costituito da sviste o errori di percezione nella lettura degli atti del giudizio di legittimità che abbiano influito sulla decisione adottata dalla Corte regolatrice.
In più occasioni le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625 bis cod. proc. pen.
Si è chiarito, in particolare, che l’errore di fatto censurabile, COGNOME il dettato dell’art. 625 bis cod. proc. pen. deve:
consistere in una inesatta percezione di risultanze direttamente ricavabili da atti relativi al giudizio di legittimità, e, per usare la terminologia dell’art. 395, n. cod. proc. civ. (cui si è implicitamente rifatto il legislatore nella introduzione dell’art. 625 bis cod. proc. pen.), nel supporre «la esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa», ovvero nel supporre «l’inesistenza di un fatto la
cui verità è positivamente stabilita» se (tanto nell’uno quanto nell’altro fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunzia
assumere «inderogabile carattere decisivo», tradursi cioè, necessariame «nell’erronea supposizione di’un fatto realmente influente sull’esito del pr con conseguente incidenza effettiva sul contenuto del provvedimento col quale è concluso il giudizio di legittimità»;
aver comportato un errore percettivo inerente al processo formativo d voiontà del giudice di legittimità;
non consistere in un errore già commesso, eventualmente, dai giudici merito, e che, in quanto tale, avrebbe dovuto essere tempestivamente denunci attraverso gli specifici mezzi di impugnazione proponibili avverso le rel decisioni.
Il vizio denunciabile, in altri termini, coincide con l’errore revoc COGNOME l’accezione che vede in esso il travisamento degli atti nelle due della «invenzione» o della «omissione» – in cui sia incorsa la stessa Co cassazione nella lettura degli atti dei suo giudizio (Sez. U, n. 16 27/03/2002, Rv. 221280; Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Rv. 263686).
Nel caso in esame, la doglianza proposta non appare inquadrabile ne schema dei rimedio giuridico invocato.
Nell’esaminare i motivi di ricorso proposti da NOME COGNOMECOGNOME la sente impugnata ha preliminarmente osservato (pag. 9) che, COGNOME quanto accertat dai giudici di merito, i certificati di analisi eseguiti dalla RAGIONE_SOCIALE – tra i i due certificati descritti nel capo di imputazione ai punti A17) e A24) – « sempre esiti compatibili con la tabella lA o 1B, oggettivamente favorendo s produttore, sia il trasportatore, sia il ricevente, anche quando esami svolt laboratori (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE) producevano risultati molto divers rilevando superamenti della tabella». Fra rilevato, inoltre, che – COGNOME riferito dai giudici di merito – due diversi sopralluoghi e una ispezione RAGIONE_SOCIALE h consentito di accertare che «il laboratorio non aveva i macchinari necessari svolgere tutti gli esami richiesti dai produttori, sicché i certificati ril RAGIONE_SOCIALE erano, almeno in parte, certamene falsi. In sintesi, COGNOME i giu merito, il laboratorio nel quale la RAGIONE_SOCIALE la propria att certificazione era, nella sostanza, inattivo e tutte le analisi rilevanti devono ritenersi «fintamente eseguite e prive di attendibilità». Queste pre non sono contestate néi ricorso straordinario oggetto del presente giud rispetto ad esse la COGNOME non ha dedotto alcun errore percettivo. Nessun e percettivo è stato dedotto, inoltre, con riferimento all’affermazione seco quale nel giudizio di merito sarebbe emerso, quale dato non controverso, ch
COGNOME manteneva contatti stabili con NOME e con «gli altri prin protagonisti della complessiva vicenda» e, tra questi, con NOME COGNOME COGNOME le dichiarazioni di una dipendente della RAGIONE_SOCIALE, aveva formalme richiesto di falsificare certificati di analisi e si recava spesso in labo parlare con la COGNOME.
Proprio muovendo da queste premesse, la Terza Sezione penale ha ritenut integrata la condotta contestata alla COGNOME COGNOME sussistente l’elemento psic dei reato. A pag. 9 delta sentenza impugnata si legge infatti: « a ppare superfluo sottolineare la decisiva rilevanza di tali condizioni, in cui la COGNOME si t emettere i certificati: condizioni rimaste prive di adeguata confutazione da difensiva».
3. Come emerge con chiarezza dalla lettura della sentenza impugnat l’ipotizzato errore percettivo sul contenuto del capo di imputazione non può ritenuto sussistente. La sentenza in esame ha sottolineato che i certificati a firma della COGNOME COGNOME riferiscono ad analisi che sarebbero state effettuat mesi dopo i conferimenti di rifiuti e che – come reso evidente dagli stabili intercorsi tra lei, COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME la COGNOME si mise a disposizi coimputati. Secondo la sentenza impugnata, dunque, l’emissione dei due certifi indicati sub A17)’e A24), altro non è che la manifestazione concreta di un accord funzionale allo svolgimento dell’attività organizzata finalizzata al traffico i rifiuti. In questa attività organizzata il laboratorio RAGIONE_SOCIALE era pienamente perché «asservito ai traffici degli imputati», e anche la COGNOME lo era emerso in giudizio che in concreto vi contribuì, predisponendo certificazioni i a far apparire regolari attività riguardanti il trasporto e conferimento d quantità di rifiuti.
Ponendosi in questa prospettiva – che tiene conto del conten dell’imputazione – la sentenza impugnata ha ritenuto (pag. 11) ehe la con della COGNOME COGNOME inserita in un contesto illecito del quale l’odierna r aveva piena consapevolezza e che tale condotta integrasse gli estremi del conc nel reato di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen. Ha sottolineato a tal fine che, con la propria condotta, l’imputati si inserì consapevolmente ih un contesto caratterizzato: dalla «pluralità di operazioni (circa trenta trasporti per il molteplici viaggi per il capo A24)»; dalla «organizzazione», dimostrata «connotazioni imprenditoriali sia dei siti di raccolta, sia del laborato certificati consentivano l’espletamento dell’attività illecita con apparente della normativa ambientale»; dall’ingente quantitativo di rifiuti (i certificat sub A17 e A24 si riferiscono a 1.200 tonnellate complessivi di conferimen dall’abusività della condotta e dall’ingiustizia del profitto «costituito d
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aumento del fatturato per i recuperatori e dai pagamenti ricevuti dalla RAGIONE_SOCIALE per le certificazioni compiacenti».
La sentenza impugnata ha ritenuto coerente, e conforme ai principi di diritto, l’impostazione dei giudici di merito, che «non hanno seguito la prospettiva “atomistica” comprensibilmente sostenuta dalla difesa» e, «tutt’altro che illogicamente», hanno inserito le condotte della COGNOME «nel più ampio contesto del traffico illecito di cui al capo A)» (così, testualmente, pag. 10 della senten impugnata).
In sintesi, nella sentenza n. 42611/24, la Terza sezione penale di questa Corte ha ritenuto che i fatti accertati in giudizio integrino un concorso nel reato di atti organizzata per il traffico illecito di rifiuti di cui al capo A) e ha individ condotta concorsuaie della Zambeiii nell’aver asservito ai traffici illeciti l’att svolta nel laboratorio RAGIONE_SOCIALE e nell’aver predisposto falsi certificati per da apparenza di liceità a più di trenta trasporti di ingenti quantità di rifiut ritenuto, inoltre, che dovesse essere disattesa la «prospettiva “atomistica”» sostenuta dalla difesa e che le specifiche condotte contestate alla COGNOME nei “sottocapi” A17) e A24) dovessero essere inserite «nel più ampio contesto del traffico illecito di cui al capo A)». Ha ritenuto, dunque, che vi COGNOME pie corrispondenza tra i fatti oggetto di imputazione e i fatti dei quali la COGNOME stata dichiarata responsabile.
4. Nessun errore percettivo può essere ipotizzato neppure per la ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Come si è chiarito, infatti, l sentenza impugnata ha valutato congrua la motivazione fornita dai giudici di merito, COGNOME i quali la COGNOME era consapevole di partecipare ad una attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti e, non illogicamente, tale consapevol era stata desunta: dai contatti «comprovati e pacifici» con NOME; dal fatto che COGNOME si recava spesso in laboratorio «per parlare con la COGNOME» e aveva chiesto alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE falsificare certificati di analisi; dai fatto che il laborator aveva i macchinari necessari ad eseguire gli esami funzionali al rilascio di regolari certificazioni. Sulla base di queste circostanze di fatto, la sentenza impugnata ha ritenuto congrue le argomentazioni sviluppate dai giudici di merito per sostenere che l’imputata era consapevoie delruso che sarebbe stato fatto dei certificati da lei sottoscritti (riguardanti rifiuti che erano già stati smaltiti quando i cer furono redatti), utilizzati a copertura amministrativa degli illeciti pregressi.
Nel proporre il presente ricorso straordinario, peraltro, la difesa non ha neppure ipotizzato che vi sia stato un errore percettivo con riferimento alle circostanze di fatto riportate nella sentenza impugnata al fine di illustrare per qua ragioni la motivazione fornita dai giudici di merito in ordine alla sussistenz
L dell’elemento psicologico del reato ELTT:9 ntenersi completa, coerente e non manifestamente illogica.
in sintesi, e conclusivamente: gli argomenti sviluppati dalla difesa n pongono in luce errori percettivi o di fatto, ma sono volti piuttosto a contestar tenuta logica della decisione. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso. disposizione di cui all’art. 625 bis cod. proc. pen., infatti, non può essere utilizzata per scrutinare ulteriormente la motivazione di una sentenza di legittimità che ritenga di non condividere.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente a pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono element per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione de causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 6 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cas delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell Ammende.
Così deciso il 9 ottobre 2025
Il Conipliee estensore
Il Presj,der t