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Errore di fatto: IMEI non è un IP per la Cassazione

Un individuo, condannato per reati legati agli stupefacenti, ha presentato un ricorso straordinario per errore di fatto contro una precedente decisione della Corte di Cassazione. Il ricorso contestava la legittimità dell’acquisizione del codice IMEI di un telefono senza autorizzazione giudiziaria e la validità di alcune intercettazioni. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo la netta distinzione tra il codice IMEI, che identifica solo il dispositivo, e l’indirizzo IP, che richiede maggiori tutele. La Corte ha concluso che non vi è stato alcun errore di fatto, ma un tentativo di ridiscutere una valutazione giuridica già definita.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di Fatto in Cassazione: il Caso del Codice IMEI

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13544 del 2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale che interseca privacy, tecnologia e indagini penali. Al centro della controversia vi è il ricorso straordinario per errore di fatto, uno strumento eccezionale per contestare le decisioni della Suprema Corte. Il caso offre spunti fondamentali sulla distinzione tra l’acquisizione di un codice IMEI e quella di un indirizzo IP, e sui rigidi requisiti per l’ammissibilità di un ricorso di questo tipo.

I Fatti di Causa: Un Ricorso Contro la Suprema Corte

Un soggetto, già condannato in appello per reati in materia di stupefacenti e trasferimento fraudolento di valori, aveva precedentemente presentato ricorso in Cassazione. Tale ricorso era stato rigettato. Non rassegnato, l’imputato ha proposto un ulteriore e straordinario ricorso, sostenendo che la Suprema Corte fosse incorsa in un errore di fatto, ovvero in una svista percettiva nella lettura degli atti processuali.

I motivi del ricorso straordinario erano due:
1. La presunta illegittimità dell’acquisizione del codice IMEI del suo telefono, avvenuta senza autorizzazione del giudice tramite un ‘IMEI catcher’.
2. La presunta inutilizzabilità delle intercettazioni, basate su un’unica conversazione ambientale la cui trascrizione, a dire della difesa, era errata.

La Questione del Codice IMEI: un Errore di Fatto?

Il primo e più rilevante motivo di ricorso si basava su un presunto errore di fatto percettivo. La difesa sosteneva che la Cassazione avesse erroneamente distinto tra codice IMEI e indirizzo IP. Secondo il ricorrente, entrambi i dati dovrebbero essere considerati personali e la loro acquisizione dovrebbe richiedere le stesse garanzie, citando una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

La Distinzione tra IMEI e Indirizzo IP

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il motivo, ha chiarito che non si trattava di un errore di fatto, ma di un tentativo di ridiscutere una valutazione giuridica. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato:

* Il Codice IMEI identifica univocamente il dispositivo telefonico, non l’utente né il contenuto delle sue comunicazioni. La sua acquisizione è un’attività prodromica all’eventuale intercettazione e non richiede un’autorizzazione giudiziaria preventiva.
* L’Indirizzo IP, specialmente quello dinamico, è diverso. Per risalire all’identità dell’abbonato tramite l’IP è necessario esaminare i dati di connessione, un’operazione che costituisce un’intrusione più significativa nella privacy e che, secondo la CEDU, richiede una supervisione indipendente.

In sostanza, per la Cassazione, l’acquisizione dell’IMEI riguarda l’oggetto (il telefono), mentre quella dell’IP può portare direttamente alla persona e alle sue attività online.

Il Secondo Motivo: l’Inutilizzabilità delle Intercettazioni

Con il secondo motivo, il ricorrente lamentava che la Cassazione avesse commesso un errore di fatto non considerando un’ordinanza, prodotta dalla difesa, che rigettava la richiesta di una nuova perizia sulla conversazione ambientale da cui erano scaturite le indagini. Questo, secondo la difesa, avrebbe dimostrato la contraddittorietà della motivazione della Corte d’Appello.

L’Errore di Fatto Deve Essere Decisivo

Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha rilevato che, in primo luogo, non c’era stata alcuna omissione, poiché la memoria difensiva che menzionava tale ordinanza era stata regolarmente esaminata. In secondo luogo, e in modo dirimente, ha sottolineato che l’eventuale errore non sarebbe stato ‘decisivo’. Il ricorso originario era stato dichiarato inammissibile per una pluralità di ragioni autonome (tra cui la genericità e la natura meramente ripetitiva dei motivi). Di conseguenza, anche se la Corte avesse ‘svisto’ quell’atto, la decisione finale di inammissibilità non sarebbe cambiata.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte fonda la sua decisione su principi procedurali molto solidi. L’errore di fatto che giustifica il ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p. deve essere un errore percettivo su un atto del processo (es. leggere ‘sì’ dove era scritto ‘no’), non un errore di valutazione o interpretazione giuridica. Nel caso di specie, il ricorrente non contestava una svista materiale, ma la correttezza giuridica della distinzione tra IMEI e IP, argomento già ampiamente vagliato e respinto.
Inoltre, la Corte ribadisce che per annullare una decisione, l’errore denunciato deve essere ‘decisivo’, cioè tale da aver determinato da solo una decisione che altrimenti sarebbe stata diversa. Quando una sentenza si fonda su più ragioni autonome e indipendenti (le cosiddette ‘rationes decidendi’), l’eventuale errore su una sola di esse non è sufficiente a invalidare la decisione complessiva.

Le Conclusioni

La sentenza in esame conferma la rigidità dei presupposti per l’ammissibilità del ricorso straordinario per errore di fatto, uno strumento che non può essere utilizzato come un ‘terzo grado’ di giudizio di legittimità per ridiscutere questioni giuridiche. Sul piano sostanziale, consolida un principio importante per le attività investigative moderne: l’acquisizione del codice IMEI di un dispositivo è considerata un’attività meno invasiva rispetto al tracciamento di un indirizzo IP, e pertanto non soggetta alla medesima necessità di autorizzazione giudiziaria. La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È necessaria l’autorizzazione del giudice per acquisire il codice IMEI di un telefono?
No. Secondo la sentenza della Cassazione, l’acquisizione del codice IMEI non richiede un’autorizzazione giudiziaria preventiva. Questo perché l’IMEI identifica unicamente l’apparecchio fisico e non le comunicazioni o l’identità dell’utilizzatore, a differenza dell’indirizzo IP, che può portare a dati più sensibili sulla persona e sulle sue attività online.

Cos’è un errore di fatto che può giustificare un ricorso straordinario in Cassazione?
Un errore di fatto è una svista puramente percettiva da parte della Corte di Cassazione nella lettura di un atto processuale. Deve trattarsi di un errore materiale (es. leggere un dato per un altro) che ha influenzato in modo decisivo la volontà del giudice, portandolo a una conclusione che non avrebbe raggiunto se avesse percepito correttamente il dato. Non costituisce errore di fatto una diversa interpretazione giuridica o una valutazione di merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile nonostante la difesa avesse segnalato un presunto errore?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per più ragioni. Primo, la Corte ha stabilito che non vi era alcun errore di fatto, ma un tentativo di ridiscutere valutazioni giuridiche. Secondo, anche se un errore fosse stato commesso riguardo a un documento, non sarebbe stato ‘decisivo’. La decisione originale di inammissibilità si basava su molteplici motivazioni autonome e indipendenti, come la genericità e la ripetitività dei motivi d’appello. Pertanto, la correzione di un singolo punto non avrebbe comunque cambiato l’esito finale del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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