Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8639 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8639 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
SENTENZA
sul ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen. proposto da NOME COGNOME nato a Palermo il 21/10/1948
avverso la sentenza n. 9424/2024 emessa il 25/6/2024 dalla Seconda Sezione penale di questa Corte;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME c concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha dichiarato inammissibile il ricor medesimo proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, emessa il 3 marzo 2023.
2. Il ricorrente ha dedotto che la Seconda Sezione penale di questa Corte ha errato, poiché non ha esteso nei suoi confronti l’annullamento con rinvio, pronunciato – con riferimento alla sussistenza delle aggravanti di cui all’art. 416bis.1 cod. pen. e all’art. 628, terzo comma n. 3, cod. pen. – in favore del coimputato NOME COGNOME Di contro, l’estensione è stata operata con riguardo a NOME COGNOME nonostante l’identità della posizione di quest’ultimo e di quella del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Giova premettere che l’errore materiale e l’errore di fatto, indicati dall’art. 625-bis cod. proc. pen. come motivi del ricorso straordinario avverso provvedimenti della Corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo, nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo, in una svista o in un equivoco, incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo.
L’errore GLYPH di GLYPH fatto, GLYPH deducibile GLYPH con GLYPH ricorso GLYPH straordinario, GLYPH postula inderogabilmente che lo sviamento della volontà del giudice sia non solo decisivo ma anche di oggettiva immediata rilevabilità, nel senso che il controllo degli atti processuali deve far trasparire, in modo diretto ed evidente, che la decisione è stata condizionata dall’inesatta percezione e non dall’errata valutazione o dal non corretto apprezzamento di quegli atti.
Rimangono, invece, del tutto estranei all’area dell’errore di fatto – restando fermo, quindi, con riguardo ad essi, il principio di inoppugnabilità dei provvedimenti della Corte di cassazione – gli errori di valutazione e di giudizio, dovuti a una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali (cfr. Sez. U, n. 16103 del 27/3/2002, Basile, Rv. 221280 – 01; conformi, ex multis, Sez. 5, n. 29240 dell’1/6/2018, COGNOME, Rv. 273193 – 01; Sez. 4, n. 3367 del 4/10/2016, COGNOME, Rv. 268953 -01).
In tale ottica si è altresì puntualizzato (Sez. 2, n. 29450 dell’8/05/2018, COGNOME, Rv. 273060 – 01; Sez. 3, n. 26635 del 26/04/2013, COGNOME, Rv. 256293 – 01) che il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto avverso i provvedimenti della Corte di cassazione può avere ad oggetto l’omessa considerazione di una prova esistente, ma non il travisamento della stessa.
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che il ricorrente ha dedotto non errori materiali o di fatto ma un errore di valutazione. Il che rende il ricorso inammissibile.
Fermo restando quanto precede, può aggiungersi che l’errore lamentato non sussiste.
Nella sentenza impugnata è stata ben spiegata la diversità di posizione rivestita dal ricorrente rispetto agi altri due imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME meri esecutori materiali dell’estorsione, intervenuti in un periodo anteriore rispetto alla “comparsa sulla scena” di NOME COGNOME appartenente, secondo le indicazioni fornite dai collaboratori di giustizia (cfr. pag. 46 della sentenza), alla famiglia di Misilmeri con la qualifica di uomo d’onore. In particolare, si è rimarcato che era stato proprio l’odierno ricorrente a incaricare COGNOME di attivarsi per la riscossione del credito da lui vantato nei confronti della persona offesa, così che doveva, evidentemente, ritenersi che egli non solo fosse a conoscenza dell’appartenenza di COGNOME alla citata cosca mafiosa, ma che ne avesse scientemente chiesto l’intervento per avvalersi del metodo che connota l’azione illecita dei suoi membri. Al contrario – come sottolineato nella sentenza impugnata – per i coimputati COGNOME e COGNOME non vi era la prova certa della conoscenza dell’utilizzo del metodo mafioso da parte di COGNOME, né emergeva una – eventuale – condizione di ignoranza di tale impiego per colpa o errore, determinato da colpa.
E’ evidente, quindi, che la sentenza rescindente ha escluso che la posizione del ricorrente fosse analoga a quella di D’COGNOME e di Meli.
TLa declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero – della sanzione pecuniaria di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 febbraio 2025
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