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Errore di fatto: i limiti del ricorso in Cassazione

Un’azienda, sanzionata per responsabilità amministrativa a seguito di un infortunio sul lavoro, ha presentato ricorso straordinario per ‘errore di fatto’ dopo l’assoluzione penale di due suoi dirigenti. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l’errore di fatto revocatorio è solo un errore percettivo (una svista nella lettura degli atti) e non un errore di giudizio. Inoltre, ha chiarito che l’assoluzione dei dirigenti, motivata dalla mancanza di una loro specifica posizione di garanzia, non nega l’esistenza del reato presupposto e non crea un conflitto insanabile con la condanna dell’ente, la cui responsabilità organizzativa può comunque sussistere.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore di fatto: la Cassazione traccia i confini per l’impugnazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso straordinario per errore di fatto, specialmente in contesti complessi che vedono coinvolta la responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001) accanto a quella penale delle persone fisiche. Il caso analizzato riguarda un’azienda che, dopo aver patteggiato una sanzione per un infortunio sul lavoro, ha cercato di rimettere in discussione la propria posizione a seguito dell’assoluzione dei suoi dirigenti.

Il caso: un infortunio, due processi

I fatti traggono origine da un grave infortunio occorso a un dipendente all’interno di uno stabilimento aziendale. La vicenda ha dato vita a due procedimenti giudiziari paralleli e distinti:

1. Procedimento contro l’ente: La società è stata chiamata a rispondere per responsabilità amministrativa ai sensi del D.Lgs. 231/2001, in relazione al reato di lesioni colpose gravi commesso in violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Questo procedimento si è concluso con una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento).
2. Procedimento contro le persone fisiche: Il direttore dello stabilimento e un altro responsabile sono stati processati penalmente per lo stesso evento. Il loro giudizio si è concluso, tuttavia, con una sentenza di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Proprio questa apparente contraddizione ha spinto l’azienda a chiedere la revisione della propria condanna, sostenendo l’esistenza di un contrasto insanabile tra i due giudicati. Dopo il rigetto della richiesta, la società ha presentato un ricorso straordinario alla Corte di Cassazione, lamentando un errore di fatto nella decisione precedente.

L’errore di fatto e la sua corretta interpretazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire la natura specifica del vizio deducibile con il ricorso straordinario. L’errore di fatto che consente la revocazione di una decisione non è un errore di valutazione o di interpretazione giuridica, bensì un errore puramente percettivo.

In altre parole, si tratta di una svista materiale, un abbaglio dei sensi in cui il giudice incorre nella lettura degli atti processuali (es. leggere una data per un’altra, non vedere un documento presente nel fascicolo). Nel caso di specie, la Corte ha stabilito che la precedente decisione non era incorsa in alcun travisamento, ma aveva compiuto una valutazione giuridica e un’analisi argomentata delle sentenze, concludendo per l’assenza di un reale conflitto.

Motivazione vs. Dispositivo: perché l’assoluzione non è bastata

Il punto cruciale della decisione della Cassazione risiede nell’analisi approfondita della sentenza di assoluzione dei dirigenti. La Corte ha spiegato che per comprendere la portata di un giudicato non basta fermarsi alla formula assolutoria contenuta nel dispositivo (“il fatto non sussiste”), ma è necessario esaminare la motivazione che la sorregge.

Dall’analisi della sentenza di merito emergeva che i due imputati erano stati assolti non perché l’incidente non fosse avvenuto o perché non vi fosse stata una violazione delle norme di sicurezza, ma perché il giudice non aveva ravvisato in capo a loro una specifica “posizione di garanzia”. La motivazione, anzi, confermava l’esistenza di una situazione di pericolo nell’organizzazione aziendale, legata a un portone non correttamente assicurato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha concluso che non sussisteva alcuna inconciliabilità tra le due decisioni. La sentenza di assoluzione delle persone fisiche non negava il “fatto storico” (l’infortunio causato da una negligenza), ma si limitava a escludere la responsabilità penale personale dei due specifici imputati. La sentenza di patteggiamento dell’ente, d’altro canto, si fondava proprio sull’esistenza di quel reato presupposto, sorto all’interno del contesto organizzativo dell’azienda.

I fatti posti a base delle due decisioni erano identici; a divergere era solo la valutazione giuridica sulla responsabilità dei singoli soggetti. Questa divergenza, tuttavia, non integra un “contrasto tra giudicati” ai fini della revisione, né tantomeno un errore di fatto della Corte nel valutarne la portata. La responsabilità dell’ente può sussistere anche quando non si riesca a identificare o a condannare l’autore materiale del reato, purché sia provato che il reato stesso sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’azienda.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale: l’assoluzione di un manager o di un dipendente non comporta automaticamente l’estinzione della responsabilità amministrativa dell’azienda. Le imprese devono essere consapevoli che la loro responsabilità, ai sensi del D.Lgs. 231/2001, è autonoma e si fonda su un deficit organizzativo che ha reso possibile la commissione del reato presupposto. Per evitare sanzioni, non è sufficiente che i propri dipendenti vengano assolti, ma è necessario dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Cos’è un ‘errore di fatto’ che giustifica un ricorso straordinario alla Corte di Cassazione?
È un errore puramente percettivo, come una svista o un equivoco nella lettura degli atti di un processo, che ha portato la Corte a prendere una decisione che altrimenti non avrebbe adottato. Non include errori di valutazione, di interpretazione delle norme o di giudizio.

L’assoluzione di un dipendente per un reato commesso sul lavoro annulla automaticamente la responsabilità amministrativa dell’azienda (D.Lgs. 231/2001)?
No. Come chiarito dalla sentenza, l’assoluzione della persona fisica non cancella automaticamente la responsabilità dell’ente. È necessario analizzare la motivazione della sentenza di assoluzione: se questa esclude la responsabilità personale dell’imputato (ad esempio per mancanza di una posizione di garanzia) ma non nega l’esistenza del fatto illecito in sé, la responsabilità dell’azienda per deficit organizzativo può comunque sussistere.

Quando due sentenze sono considerate ‘inconciliabili’ ai fini della revisione di un processo?
Due sentenze sono inconciliabili quando l’accertamento dei fatti storici su cui si fondano è oggettivamente incompatibile. Non si ha inconciliabilità se i fatti sono ricostruiti in modo identico e la divergenza riguarda solo la loro valutazione giuridica o le conclusioni sulla responsabilità dei singoli, specialmente se i processi hanno seguito riti diversi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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