Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33639 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 2   Num. 33639  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 18/09/2025
R.G.N. 20522/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. proposto da: COGNOME NOME, nata a Terracina il giorno DATA_NASCITA rappresentata ed assistita dall’AVV_NOTAIO avverso la sentenza in data 22 ottobre 2024 RAGIONE_SOCIALE Sesta Sezione penale RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che Ł stata richiesta la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore RAGIONE_SOCIALE‘imputata, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 22 ottobre 2024 la Sesta Sezione penale RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, per la parte che in questa sede interessa, dichiarava inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in data 10 gennaio 2024 RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Roma che aveva ritenuto la stessa responsabile, in veste di intermediaria, di un episodio di corruzione attiva propria commesso da tale NOME COGNOME, medico psichiatra in servizio presso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, volto a far conseguire al soggetto interessato (NOME COGNOME) un falso certificato psichiatrico al prezzo di 100,00 euro (artt. 110, 319, 321, 479, 61 n. 2 cod. pen. – capo 23 RAGIONE_SOCIALE rubrica RAGIONE_SOCIALEe imputazioni) e del concorso nel rilascio di piø certificati falsi da parte del COGNOME in favore di un altro beneficiario (artt. 110, 479, 61 n. 2, cod. pen. – capo 24), con riduzione RAGIONE_SOCIALE pena riportata in primo grado per effetto RAGIONE_SOCIALE‘assoluzione intervenuta con riguardo ad altro reato (capo 25).
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore RAGIONE_SOCIALE‘imputata, deducendo:
2.1. Errore ex art. 625-bis cod. proc. pen. in ordine all’impedimento alle parti di comparire, discutere ed illustrare nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2024 le ragioni addotte a sostegno del motivo di impugnazione con conseguente compromissione del diritto alla difesa.
Rappresenta, al riguardo, la difesa RAGIONE_SOCIALE ricorrente che in vista RAGIONE_SOCIALE‘udienza del 24
ottobre 2024 innanzi alla Corte di cassazione era stato notificato ad esso difensore un avviso dal testuale contenuto: ‘ avverso sentenza in data 10/1/2024 RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Roma Ł fissata udienza di pubblica udienza collegio 1 del giorno 22/10/2024 alle ore 10.00 ‘.
Detta formulazione RAGIONE_SOCIALE‘avviso, unitamente al fatto che l’art. 611 cod. proc. pen. prevede la possibilità per la Corte di disporre anche d’ufficio (ex art. 611, comma 1-quater, cod. proc. pen.) la trattazione RAGIONE_SOCIALE causa in udienza pubblica partecipata, aveva portato il difensore a ritenere che fosse già stata fissata la ‘pubblica udienza’ e che, di conseguenza, non fosse necessaria la presentazione da parte RAGIONE_SOCIALEo stesso difensore di una autonoma istanza di udienza pubblica.
La situazione sopra descritta avrebbe quindi determinato una incolpevole decadenza RAGIONE_SOCIALE difesa a richiedere la trattazione del procedimento in forma partecipata e imporrebbe, pertanto, l’annullamento con rinvio RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata.
2.2. Errore di fatto nel dichiarare l’inammissibilità di entrambi i motivi dedotti nel ricorso per cassazione.
Osserva, al riguardo, la difesa RAGIONE_SOCIALE ricorrente che sarebbe incorsa in errore la Corte di cassazione allorquando ha testualmente affermato che «Entrambi i motivi dedotti da detta ricorrente risultano geneticamente inammissibili, da un lato perchØ, pur astrattamente evocando RAGIONE_SOCIALEe violazioni di legge, non erano stati previamente dedotti con l’atto di appello (v. pag. 25-26 sent.) in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 3, cod. proc. pen., dall’altro perchØ risultano comunque preclusi – atteso il relativo contenuto concernente una pretesa incompletezza del compendio probatorio – dalla scelta del rito abbreviato nel primo grado del giudizio (art. 438, comma 6-bis, cod. proc. pen.)», ciò in quanto i motivi riguardanti i capi 23 e 24 erano stati dedotti nell’atto di appello (pagg. 6, 8, 13, 14, 15 e 16) oltre che essere stati richiamati anche nella sentenza di appello (pag. 26).
Aggiunge, poi, la difesa dalla ricorrente che la Corte di cassazione ha comunque errato nel ritenere che detti motivi vertenti sulla mancata acquisizione dei certificati ritenuti oggetto di falsificazione erano preclusi di deduzione per effetto RAGIONE_SOCIALE scelta del rito abbreviato.
Inoltre, evidenzia parte ricorrente, di aver dedotto nell’atto di appello sia la diversa qualificazione del reato in contestazione al capo 24 in quanto la condotta ivi descritta doveva essere ricondotta nell’alveo di cui all’art. 481 cod. pen., sia il fatto RAGIONE_SOCIALE‘omessa visione RAGIONE_SOCIALEe intercettazioni (audio-video) che riproducono per intero l’intercettazione del 14 aprile 2018 intercorsa tra le parti e che avrebbe dovuto portare ad una diversa ricostruzione dei fatti.
Infine, evidenzia parte ricorrente che sarebbe caduta in errore la Corte di cassazione allorquando ha ritenuto che la difesa abbia eccepito l’incompletezza del compendio probatorio, ciò in quanto la doglianza verteva sui contrasti tra le trascrizioni operate dalla P.G. ed il dato reale emergente dalle registrazioni RAGIONE_SOCIALEe conversazioni intercettate, contrasti la cui esistenza non può ritenersi preclusa dalla scelta del rito abbreviato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso non Ł fondato.
L’art. 610 cod. proc. pen. al comma 5 stabilisce nella versione attuale che «Almeno trenta giorni prima RAGIONE_SOCIALE data RAGIONE_SOCIALE‘udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando che il ricorso sarà deciso in camera di consiglio, senza la presenza RAGIONE_SOCIALEe parti, salvo il disposto RAGIONE_SOCIALE‘articolo 611. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127 il termine Ł ridotto ad almeno venti giorni prima RAGIONE_SOCIALE‘udienza».
Peraltro tale disposizione si applica solo ai ricorsi proposti dopo il 30 giugno 2024 dato che tale comma Ł stato modificato dal d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con
modificazioni dalla L. 8 agosto 2024, n. 120 in quanto il testo previgente, applicabile al caso qui in esame poichØ relativo ad un ricorso datato 21 maggio 2024, così recitava: «Almeno trenta giorni prima RAGIONE_SOCIALE data RAGIONE_SOCIALE‘udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando se il ricorso sarà deciso a seguito di udienza pubblica ovvero in camera di consiglio».
Tale norma deve essere letta in combinato disposto con il successivo art. 611 cod. proc. pen. che, dopo aver dettato al comma primo i principi generali in forza dei quali «La corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio … Se non Ł diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori», al comma 1-bis così si esprime: «Nei procedimenti per la decisione sui ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 442 il procuratore generale e i difensori possono chiedere la trattazione in pubblica udienza».
Analoga possibilità Ł contenuta nel medesimo comma con riguardo ai procedimenti in camera di consiglio in relazione ad alcuni casi specificamente indicati nei quali le parti possono chiedere la partecipazione alla discussione in camera di consiglio.
Il successivo comma 1-ter stabilisce, poi, che: «Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate alla cancelleria dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma RAGIONE_SOCIALE‘articolo 613 entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima RAGIONE_SOCIALE‘udienza ovvero di quindici giorni liberi prima RAGIONE_SOCIALE‘udienza nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127 …».
Infine, il comma 1-quater, dispone che «Negli stessi casi di cui al comma 1-bis, la corte può disporre d’ufficio la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori per la rilevanza RAGIONE_SOCIALEe questioni sottoposte al suo esame, dandone comunicazione alle parti mediante l’avviso di fissazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza».
Nel caso in esame non risulta che sia stato comunicato espressamente alle parti che la trattazione del ricorso in pubblica udienza Ł avvenuta a seguito di provvedimento adottato ai sensi del comma 5-bis RAGIONE_SOCIALE‘art. 611 cod. proc. pen.
Ne consegue che il richiamo al concetto di ‘pubblica udienza’ contenuto nell’avviso notificato alle parti Ł da ritenersi frutto solo di una distinzione formale che consente di tenere distinta tale udienza da quella camerale.
Pertanto, l’avviso di cancelleria al difensore con il quale gli si comunica che si procederà con trattazione in pubblica udienza non significa affatto che si procederà in presenza di parti chiamate a discutere: significa solo che, se allo stesso seguirà rituale e tempestiva richiesta di trattazione orale (da parte del difensore o del Procuratore generale), si procederà in udienza con la partecipazione RAGIONE_SOCIALEe parti (l’inerzia non trasforma mai il rito, salva l’ipotesi di cui si Ł detto in cui la Corte ritenga – d’ufficio – di fissare la trattazione orale per rilevanza RAGIONE_SOCIALEe questioni sottoposte al suo esame).
Sul piano concreto, infatti, rimane fermo il principio generale secondo il quale la ‘pubblica udienza’ non richiede la partecipazione necessaria RAGIONE_SOCIALEe parti, le quali avranno tuttavia la possibilità, qualora lo ritengano, di richiedere nel termine perentorio di legge che si proceda con la trattazione orale così trasformando la pubblica udienza in una udienza ‘partecipata’.
A ciò si deve aggiungere che non si può neppure ritenere che dal contenuto RAGIONE_SOCIALE‘avviso notificatogli il difensore sia stato in qualche modo indotto in errore in ordine
all’assenza di necessità di richiedere la trattazione orale del procedimento dato che allo stesso venne successivamente comunicato il contenuto RAGIONE_SOCIALE requisitoria scritta del Procuratore generale – alla quale la difesa fece seguire il deposito di una memoria requisitoria nella cui intestazione era dato testualmente leggere che detto atto era da «Intendersi come memoria in caso di discussione orale», elemento anche questo che rendeva evidente che nessuna trattazione orale era allo stato prevista se non in caso di espressa richiesta RAGIONE_SOCIALE difesa.
Ne consegue che nessuna violazione di legge processuale Ł ravvisabile nel caso in esame con riguardo alle modalità di celebrazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza del 22 ottobre 2024 innanzi alla Corte di cassazione.
Non fondato Ł, poi, anche il secondo motivo di ricorso.
Nella sentenza avverso la quale Ł stato presentato il ricorso qui in esame sono stati dapprima riassunti i motivi di ricorso come segue:
erronea applicazione degli artt. 319, 321 e 479 cod. pen. e omessa applicazione degli artt. 235 e 253 cod. proc. pen. in relazione alla ribadita condanna per il reato di cui al capo 23 (concorso in corruzione), riguardo al quale la falsa certificazione psichiatrica relativa al paziente NOME COGNOME, figlio RAGIONE_SOCIALE beneficiaria indicata in contestazione, non Ł stata in realtà mai acquisita agli atti, pur costituendo corpo del reato, dal momento che la prova del fatto Ł stata ricavata esclusivamente dal contenuto RAGIONE_SOCIALEe conversazioni intercettate, tra l’altro non integralmente riportate nella sentenza di primo grado;
b) erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 479 cod. pen. e omessa applicazione degli artt. 235 e 253 cod. proc. pen. in relazione alla ribadita condanna per il reato di cui al capo 24 (concorso in falsità ideologica continuata); anche in questo caso le false certificazioni non sono state acquisite agli atti, benchØ costituenti corpo del distinto reato di cui all’art. 481 cod. pen., che oltre tutto non consente l’esecuzione di intercettazioni e rende inutilizzabili quelle effettuate.
Indi la Corte ha sinteticamente rilevato che «Entrambi i motivi dedotti da detta ricorrente risultano geneticamente inammissibili, da un lato perchØ, pur astrattamente evocando RAGIONE_SOCIALEe violazioni di legge, non erano stati previamente dedotti con l’atto di appello (v. pag. 25-26 sent.) in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 3, cod. proc. pen., dall’altro perchØ risultano comunque preclusi – atteso il relativo contenuto concernente una pretesa incompletezza del compendio probatorio – dalla scelta del rito abbreviato nel primo grado del giudizio (art. 438, comma 6-bis, cod. proc. pen.)».
Rileva l’odierno Collegio che il riassunto dei motivi RAGIONE_SOCIALE‘originario ricorso per cassazione si presenta del tutto corretto avendo la difesa RAGIONE_SOCIALE‘imputata dedotto in relazione al capo 23:
la mancata acquisizione RAGIONE_SOCIALE falsa certificazione (pag. 5 del ricorso);
la non corretta interpretazione da parte dei giudici di merito RAGIONE_SOCIALEe conversazioni intercettate e l’omissione di trascrizione di elementi da ritenersi rilevanti (pagg. da 6 a 15 del ricorso);
la non fondatezza del reato di falso in atto pubblico ex art. 479 cod. pen. alla luce sempre del contenuto RAGIONE_SOCIALEe conversazioni intercettate avendo il dr. COGNOME redatto la certificazione non sulla base RAGIONE_SOCIALEe indicazioni fornite dalla COGNOME ma sulla base di test certificati oltre da un colloquio effettuato con il paziente da altro specialista (il dr. COGNOME).
Con riguardo al capo 24 RAGIONE_SOCIALE rubrica RAGIONE_SOCIALEe imputazioni, nell’originario ricorso per cassazione la difesa RAGIONE_SOCIALE ricorrente aveva dedotto:
l’assenza RAGIONE_SOCIALE qualità di Pubblico Ufficiale del dr. COGNOME e quindi di atto
pubblico RAGIONE_SOCIALE‘atto incriminato avendo il predetto medico agito come privato, il tutto con gli effetti relativi alla non corretta qualificazione RAGIONE_SOCIALE violazione di cui all’art. 479 cod. pen., condotta che, pertanto, al piø potrebbe essere ricondotta nell’alveo di cui all’art. 481 cod. pen.;
l’assenza di utilizzo dei certificati ritenuti falsi;
che se il reato ravvisabile Ł quello di cui all’art. 481 cod. pen. l’intercettazione ambientale del 14 aprile 2018 sulla quale in principalità di fonda l’impianto accusatorio diviene inutilizzabile alla luce del superamento dei limiti di cui all’art. 266 cod. proc. pen. e di quanto Ł stato stabilito nella sentenza RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite ‘Cavallo’.
Al fine di verificare se la Corte di cassazione sia incorsa in un errore di fatto rilevante ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 625-bis cod. proc. pen. occorre a questo punto doverosamente verificare se le questioni proposte in sede di legittimità erano state proposte nei termini di legge in sede di appello.
Dalla lettura del relativo atto di gravame datato 1 luglio 2021 risultano formalmente dedotte, per la parte qui di interesse, le seguenti questioni (pag. 4 e seguenti):
generali vizi di carenza di motivazione in relazione alla ricostruzione RAGIONE_SOCIALEe condotte contestate sia con riguardo alle condotte contestate che con riguardo alle richieste formulate dalla difesa;
impossibilità di validare l’assunto accusatorio circa la falsità del certificato medico relativo al capo 23 RAGIONE_SOCIALE rubrica RAGIONE_SOCIALEe imputazioni;
ricostruzione diversa RAGIONE_SOCIALEe vicende alla luce RAGIONE_SOCIALE corretta interpretazione del contenuto RAGIONE_SOCIALEe conversazioni intercettate;
d) omessa acquisizione dei certificati che si assumono falsi con riguardo al capo 24.
Risulta, altresì, dalla lettura RAGIONE_SOCIALE‘atto di appello (pag. 13 e segg.) che Ł stata genericamente dedotta anche l’erronea qualificazione in relazione al capo 24 RAGIONE_SOCIALE condotta come violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 479 cod. pen. alla luce del fatto che il medico avrebbe operato come privato, con conseguente riqualificazione RAGIONE_SOCIALE condotta nell’alveo di cui all’art. 481 cod. proc. pen.
Si rende solo necessario aggiungere che nell’atto di appello (pag. 4) si fa menzione RAGIONE_SOCIALE questione RAGIONE_SOCIALE‘inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALEe intercettazioni in caso di derubricazione del reato di cui all’art. 494 cod. pen. in quello di cui all’art. 481 cod. pen. e si dice che la questione era stata sollevata ‘durante la discussione’ (all’evidenza innanzi al G.u.p.) ma la stessa non risulta formalmente riproposta come specifico motivo di gravame innanzi alla Corte di appello.
Alla luce di quanto fin qui esposto si deve quindi, innanzitutto, rilevare nel raffronto tra i motivi di appello e quelli dedotti con il ricorso innanzi alla Corte di cassazione che la questione RAGIONE_SOCIALE mancata acquisizione dei certificati era stata dedotta sia in sede di appello che in sede di legittimità e che la Corte di cassazione nella sentenza qui impugnata l’ha esaminata e vi ha dato risposta richiamando il fatto che trattandosi di giudizio allo stato degli atti scelto dall’interessata. Nessun errore di fatto deducibile ex art. 625-bis cod. proc. pen. risulta quindi ravvisabile sul punto da parte RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione.
Del  resto,  come  Ł  stato  chiarito  anche  dai  Giudici  di  merito,  la  falsità  RAGIONE_SOCIALEe certificazioni Ł emersa con palese evidenza dal contenuto RAGIONE_SOCIALEe conversazioni intercettate al punto da non rendere necessaria l’acquisizione dei relativi documenti.
Altrettanto Ł a dirsi RAGIONE_SOCIALE questione relativa alla inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE‘intercettazione in relazione ai reati di falso che la Sesta Sezione penale RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione ha correttamente rilevato non essere stata dedotta in sede di appello con la conseguente
inammissibilità del ricorso per cassazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen.
Non fondata e, poi, anche la doglianza difensiva relativa alla questione RAGIONE_SOCIALE erronea omessa valutazione RAGIONE_SOCIALE richiesta di derubricazione del contestato reato di cui all’art. 479 cod. pen. in quello di cui all’art. 481 cod. pen.
Si Ł già sopra accennato che la questione non era stata devoluta nell’atto di appello con la dovuta specificità, il che già di per sØ avrebbe dovuto portare alla sua declaratoria di inammissibilità.
A ciò si aggiunge che se Ł ben vero che la Corte di cassazione nella sentenza impugnata non ha prodotto motivazione in ordine a tale punto, Ł altrettanto vero che nel ricorso originario innanzi ai Giudici di legittimità la difesa ha sostanzialmente cercato di ricondurre l’errore sulla corretta qualificazione giuridica del fatto oggetto di contestazione al capo 24 RAGIONE_SOCIALE rubrica RAGIONE_SOCIALEe imputazioni a vizi di motivazione legati ad elementi circostanziali in quanto non si sarebbe tenuto conto che il medico in occasione del rilascio RAGIONE_SOCIALEe certificazioni operava come un soggetto privato indipendentemente dal fatto che si trovava fisicamente presso una struttura pubblica.
In proposito va ricordato che «In tema di ricorso per cassazione, i vizi di motivazione indicati dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non sono mai denunciabili con riferimento alle questioni di diritto, non solo quando la soluzione adottata dal giudice sia giuridicamente corretta, ma anche nel caso contrario, essendo, in tale ipotesi, necessario dedurre come motivo di ricorso l’intervenuta violazione di legge» (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 – 05).
In ogni caso nessun errore di diritto Ł ravvisabile nella qualificazione giuridica RAGIONE_SOCIALE condotta in esame.
Occorre prendere le mosse dal fatto che la Corte di appello aveva dato atto (pag. 26) che nei motivi di gravame la difesa RAGIONE_SOCIALE‘imputata aveva dedotto che non Ł dato sapere a quale titolo ed in quale veste il COGNOME aveva formato i certificati ed aveva sostenuto che semmai la condotta addebitata poteva integrare il reato di cui all’art. 481 cod. pen. e che, nella motivazione RAGIONE_SOCIALE relativa sentenza (pag. 32 e seguenti), si Ł chiarito (pag. 36) che la COGNOME era consapevole RAGIONE_SOCIALE‘inquadramento reale del NOME COGNOME all’interno RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE tanto Ł vero che i suoi clienti pagavano dopo la visita il ticket sanitario, come Ł normale dopo una prestazione in una struttura pubblica.
Risulta, poi, pacificamente quanto incontestatamente dalla conforme sentenza del G.u.p. che il dr. COGNOME era all’epoca dei fatti un medico psichiatra in servizio presso il RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e che la vicenda processuale ha avuto origine da un’indagine svolta da personale del RAGIONE_SOCIALE sulla corretta erogazione di visite ambulatoriali in forza al predetto RAGIONE_SOCIALE.
Lo stesso G.u.p. aveva poi chiarito che non può essere posta in dubbio la qualifica professionale del dr. COGNOME, dirigente medico e dipendente a tempo indeterminato dall’RAGIONE_SOCIALE, in servizio presso il RAGIONE_SOCIALE come Pubblico Ufficiale, trattandosi di soggetto che svolgeva la propria attività per mezzo di poteri pubblicistici di certificazione che si estrinsecavano nella diagnosi e nella correlativa prescrizione di esami e prestazioni alla cui erogazione il cittadino ha diritto presso strutture pubbliche.
Ha correttamente evidenziato il G.u.p. che le certificazioni psichiatriche rilasciate dal COGNOME rappresentano un atto pubblico avente fede privilegiata, perchØ dotate di rilevanza giuridica esterna. Le diagnosi in esse indicate hanno, infatti, rilievo giuridico esterno e
rappresentano il risultato di un’apprensione diretta da parte del medico che attesta lo stato di salute del paziente.
Ritiene, pertanto, il Collegio che alla luce degli elementi sopra descritti correttamente sia configurabile nel caso in esame il reato di cui all’art. 479 cod. pen. essendo il dr. COGNOME un medico operante in una struttura del RAGIONE_SOCIALE, che ivi riceveva i propri pazienti e che rilasciava false certificazioni psichiatriche sulla base RAGIONE_SOCIALEe indicazioni fornite e concordate con l’odierna ricorrente (come emerso in forma palese dalle conversazioni intercettate riportate o richiamate nelle sentenze di merito) e addirittura senza neppure procedere a visitare il paziente (v. capo 24 RAGIONE_SOCIALE rubrica RAGIONE_SOCIALEe imputazioni).
Il mancato accoglimento RAGIONE_SOCIALE richiesta derubricazione RAGIONE_SOCIALE contestazione dei fatti di cui al capo 24 nella violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 481 cod. pen. determina la piena ammissibilità ed utilizzabilità processuale RAGIONE_SOCIALEe conversazioni intercettate e rende, di conseguenza, non fondata la relativa questione, peraltro e come detto, neppure espressamente dedotta nei motivi di appello e non consente di affermare che anche in ordine a tale conseguente profilo la Corte di cassazione sia incorsa in un errore di fatto rilevabile ex art. 625-bis cod. proc. pen.
Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali. Così Ł deciso, 18/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME