Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14577 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14577 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 29/06/1959
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del Procuratore Generale, NOME COGNOME che, riportandosi alla requisitoria in atti, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricor
L’avvocato COGNOME nell’interesse del ricorrente, discute il motivo di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza n. 21126/2023 la Corte di cassazione – I sezione penale ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Napoli pronunciata in data 08/03/2023, con la quale, confermando la pronuncia della Corte di assise di Napoli, NOME COGNOME è stato riconosciuto colpevole unitamente a NOME COGNOME dell’omicidio di NOME COGNOME, avvenuto in Villaricca il 10 ottobre 2010.
2. NOME COGNOME propone ricorso straordinario, per il tramite dell’avvocato NOME COGNOME il quale si affida a un unico motivo, enunciato nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen., con cui denuncia l’errore materiale o di fatto in cui è incorso il Giudice di legittimità in relazione al primo e al secondo motivo del ricorso ordinario, con i quali si invocava l’annullamento della sentenza della Corte di assise di appello quanto alla ritenuta compartecipazione del ricorrente all’omicidio.
Posto che le Corti di merito avevano tratto la compartecipazione del COGNOME all’omicidio COGNOME dalle convergenti chiamate in correità dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME si sostiene che l’errore percettivo avrebbe riguardo alle dichiarazioni di COGNOME il quale, mentre aveva riferito che l’ordine di uccidere era stato impartito da NOME COGNOME alla presenza anche di COGNOME, aveva, invece, ricordato come quest’ultimo avesse chiesto che la vittima venisse prima ascoltata. In sostanza, secondo la ricostruzione proveniente dalle sentenze di merito, per COGNOME, l’uccisione del COGNOME, per quanto astrattamente presa in considerazione, abbisognava di un successivo atto di impulso, da assumere solo dopo avere ascoltato le sue rimostranze. La Corte di cassazione si è, dunque, falsamente rappresentata l’incondizionato consenso del COGNOME all’omicidio, a causa di una svista nella lettura degli atti interni al giudizio, giacchè, dalle sentenze di merito emerge che COGNOME aveva ordinato a COGNOME di andare a prendere il Malavita senza sapere che durante il tragitto sarebbe stato ucciso. Di qui, l’assenza di suitas della condotta omicidiaria, prima ancora del dolo di concorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.Come premesso, il ricorso si fonda sull’assunto che, per mera svista, la Corte di cassazione non avrebbe considerato che il consenso all’uccisione di NOME COGNOME da parte del COGNOME – previa audizione del
medesimo – avrebbe richiesto un ulteriore “atto d’impulso” da parte sua per procedere all’omicidio.
2.E’ opportuno, preliminarmente, delimitare il perimetro cognitivo della Corte adita, correlata all’esatta nozione dell’errore di fatto utilmente deducibile con il rimedio straordinario azionato.
2.1. Il ricorso ex art. 625bis cod. proc. pen. ha carattere di “straordinarietà” ed è strettamente finalizzato a consentire la sola correzione di errori “percettivi”, ed essenziali, in ordine ai presupposti sui quali è fondata la decisione di legittimità. E’, invece, escluso che esso possa, anche se sfruttando la “chiave” di effettivi errori che non siano di per sé determinanti, introdurre, in modo palesemente surrettizio e strumentalmente dilatorio, una sorta di pieno quarto grado del giudizio e secondo grado di legittimità (Sez. 6, Ord. n. 36066 del 28/06/2018 Rv. 273779).
2.2. Le Sezioni Unite sono più volte intervenute sul tema, e hanno chiarito che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. La giurisprudenza ha precisato che:
qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio (in tal senso, Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 250527; Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686);
sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie (in tema di errore di diritto, da ultimo Sez. 5, n. 21939 del 17/04/2018, COGNOME, Rv. 273062 e Sez. 5 n. 29240 del 01/06/2018, COGNOME, Rv. 273193);
2.3. Restano, dunque, esclusi dall’ambito d’operatività dell’istituto:
i vizi di motivazione della decisione della Corte di cassazione, in quanto il rimedio straordinario è ammesso per la correzione di errori di fatto, che si verificano quando la sentenza impugnata sia viziata per effetto di una falsa rappresentazione della realtà a causa di una inesatta percezione di essa risultante dalla stessa sentenza o dagli atti processuali riguardanti il giudizio di legittimità (Sez. 6, n. 18216 del 10/03/2003, Aragona, Rv. 225258);
l’errata valutazione di elementi probatori, dovendo escludersi dal parametro dell’errore di fatto ogni erroneo apprezzamento delle prove (Sez. 2, n. 45654 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 227486; n. 23417 del 23/05/2007, COGNOME e altri, Rv. 237161);
l’errore di fatto privo del carattere della decisività e della oggettiva immediata rilevabilità, nel senso che il controllo degli atti processuali deve far trasparire, in modo diretto ed evidente, che la decisione è stata condizionata dall’inesatta percezione e non dall’errata valutazione o dal non corretto apprezzamento di quegli atti, nel qual caso la qualificazione appropriata è quella corrispondente all’errore di giudizio (Sez. 4, n. 34156 del 21/06/2004, COGNOME, Rv. 229099).
quanto all’annesso esame di uno o più motivi del ricorso per cassazione, perché sia ravvisabile l’errore percettivo, è necessario che la pretermissione sia l’effetto “di una vera e propria svista materiale, ossia di una disattenzione di ordine meramente percettivo, che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura”, ovvero che l’omesso esplicito esame lasci presupporre la mancata lettura del motivo di ricorso e da tale mancata lettura discenda, secondo un rapporto di derivazione causale necessaria, una decisione incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata a seguito della considerazione del motivo.
2.4. Nel prendere in considerazione i criteri di selezione dell’errore emendabile ex art. 625-bis cod.proc.pen., deve darsi rilievo anche al disposto dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod.proc.pen., secondo cui “nella sentenza della Corte di Cassazione i motivi di ricorso sono enunziati nei limiti strettamente indispensabili per la motivazione”, sicché non è consentito supporre che ogni argomento prospettato a sostegno delle censure e non analiticamente riprodotto in sentenza non sia stato considerato piuttosto che implicitamente disatteso perché ritenuto non rilevante.
2.5. Queste connotazioni intrinseche del rimedio qui attivato richiedono che l’atto vada interpretato per verificare che si tratti effettivamente di una
impugnazione mirata alla data tipologia di errori e non, invece, di un ricorso “pieno” contro la “prima” decisione di cassazione.
2.6. Alla luce delle ricordate coordinate ermeneutiche, osserva il Collegio che, nel caso di specie, – per come emerge dalla lettura della sentenza della prima sezione penale di questa Corte, oggetto delle censure del ricorrente – il Giudice di legittimità si mostra consapevole della circostanza che l’omicidio venne eseguito durante il tragitto, per ordine di COGNOME, mentre l’imputato aveva chiesto che vi fosse una preliminare interlocuzione con la vittima designata. Dunque, la circostanza sulla quale si incentra il ricorso non risulta affatto ignorata dalla Corte che, quindi, non è incorsa in un errore di valutazione, tant’è che, anzi, la prende espressamente in considerazione, pur valorizzandola in modo distonico rispetto alla prospettazione difensiva, ai fini della configurazione del concorso. In particolare, il Giudice di legittimità, nel prendere in esame tale aspetto, ha ritenuto che il comportamento del COGNOME avesse rafforzato il proposito omicidiario di COGNOME, al quale aveva contribuito anche materialmente, organizzando la strategia dell’agguato, consentendo di individuare la vittima e farla uscire allo scoperto dal luogo, che pochi conoscevano, nel quale si era nascosto da latitante (cfr. p. 42).
2.7. Dunque, quella che viene surrettiziamente denunciata è, per un verso, una errata ricostruzione dei fatti, e, quindi, un errore valutativo che si innesta su un sostrato fattuale correttamente percepito, e, dall’altro, una violazione di legge nella interpretazione e applicazione delle norme sul concorso nel reato.
2.8. Entrambi tali errori non sono prospettabili in questa sede, giacchè, come si è già detto rimangono estranei all’area dell’errore di fatto denunciabile con il ricorso straordinario – e sono, quindi, inoppugnabili – gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali. Diversamente opinando, si consentirebbe di dedurre con lo strumento – straordinario – disciplinato dall’art. 625bis cod. proc. pen., pretesi vizi di manifesta illogicità della motivazione o errori di diritto nei quali siano incorse le sentenze della Corte di cassazione passate in giudicato, snaturando tale rimedio perché si pretende di piegarlo alla malcelata esigenza di ottenere un quarto grado di giudizio, deducendo vizi ex art. 606 cod. proc. pen., declinati specificamente per il solo ricorso ordinario per cassazione.
3. Infine, ricordato che l’errore materiale – indicato dall’art. 625-bis cod.
proc. pen., unitamente all’errore di fatto, come motivo di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della Corte di cassazione – consiste
nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica, deve, all’evidenza, escludersene la configurabilità
nel caso di specie.
4. L’esito della presente delibazione è che si tratti di un nuovo ricorso
“ordinario”, anche ampiamente caratterizzato da deduzioni di mero fatto, e che, pertanto, risulta palese come il ricorso straordinario sia stato
presentato per motivi non consentiti dall’art. 625-bis .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma,19 febbraio 2025
Il Con igliere est sore