Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22523 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22523 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a Roma il 14/09/1974
avverso la sentenza n. 31172 del 18/06/2024 della Corte di cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME il quale ha chiesto che il ricorso venga accolto;
udito l’Avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME CarloCOGNOME il quale si è riportato al motivo di ricorso e ha chiesto l’annullamento dell’impugnata sentenza della Sesta sezione penale della Corte di cassazione e l’annullamento senza rinvio della sentenza del 02/05/2023 della Corte d’appello di Perugia.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza n. 31172 del 18/06/2024, la Corte di cassazione, Sesta sezione penale, decideva il ricorso che era stato proposto da NOME COGNOME contro la sentenza del 02/05/2023 con la quale la Corte d’appello di Perugia, in riforma della sentenza di condanna che era stata emessa dal Tribunale di Perugia, esclusa la recidiva, aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti del COGNOME in ordine ai fatti di cui al capo A) dell’imputazione (artt. 640 e 61, n. 7, cod. pen. in relazione alle condotte dalla n. 1 alla n. 18, per intervenuta prescrizione e, per
l’effetto, aveva ridotto a due anni e sei mesi di reclusione ed € 200,00 di multa la pena inflitta all’imputato, revocando l’interdizione dai pubblici uffici confermando, nel resto, la sentenza impugnata. Conferma che era quindi relativa alla condanna dell’imputato: 1) per il reato di truffa aggravata di cui al capo A) dell’imputazione in relazione alle condotte contestate ai numeri da 19 a 21 di tale capo A); 2) per la condotta di traffico di influenze illecite di cui al capo dell’imputazione.
La Sesta sezione penale, dopo avere precisato che il ricorrente aveva specificato che i motivi di ricorso erano «volti a ottenere l’annullamento della sentenza in relazione alle condotte contestate ai numeri da 19 a 21 del capo A) e in relazione alla condotta di traffico di influenze illecite di cui al capo B», enunciav i seguenti tre motivi di ricorso: 1) «nullità della sentenza per violazione degli art 545-bis e 598 cod. proc. pen. nonché dell’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022 in relazione all’omesso avviso all’imputato della possibilità di sostituzione della pena detentiva» (primo motivo); 2) «carenza assoluta di motivazione in relazione al giudizio di responsabilità in ordine al reato di cui al capo B dell’imputazione dal quale con l’atto di appello il ricorrente aveva chiesto di essere assolto» (secondo motivo); 3) «erronea applicazione degli artt. 346, comma secondo, 346-bis e 640 cod. pen., in relazione alla ritenuta continuità normativa del delitto di millantat credito corruttivo con quello di traffico di influenze illecite asserite, e non con quell di truffa. Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale ha erroneamente riqualificato la condotta ascritta al capo B nel reato di traffico di influenze illec e non in quello di truffa, trattandosi di millanteria di relazioni inesistenti».
La Sesta sezione reputava che l’ordine logico imponesse di esaminare prima le questioni che erano state poste con il secondo e con il terzo motivo di ricorso, «in quanto la fondatezza di tale ultimo motivo ha una valenza assorbente rispetto all’esame del primo motivo».
La Sesta sezione riteneva quindi: a) inammissibile il secondo motivo perché privo del requisito della specificità e, sotto un altro profilo, per difetto di intere «in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio»; b) fondato il terzo motivo, perché, «ulla base delle coordinate ermeneutiche tracciate dalle Sezioni unite , nonché della ricostruzione fattuale contenuta nelle due sentenze di merito e della descrizione della condotta contenuta al capo B) dell’imputazione, ritiene il Collegio che, poiché dalle due sentenze di merito non emerge alcun elemento sintomatico della effettiva esistenza di tale influenza ovvero delle sue concrete possibilità di sviluppo, la condotta in esame deve essere riqualificata nel reato di truffa, rispetto al quale va, tuttavia rilevato il decorso dei termini di prescrizione», con la
conseguenza che «va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo B), riqualificato nel reato di truffa».
Non potendo rideterminare la pena in quanto la violazione più grave era stata individuata nel reato di cui al capo B) dell’imputazione, la Sesta sezione disponeva «il rinvio alla Corte di appello di Firenze per la sola rideterminazione della pena» (evidentemente, per i reati di cui al capo A in relazione alle condotte contestate ai numeri da 19 a 21 di tale capo).
Il dispositivo della sentenza n. 31172 del 18/06/2024 era il seguente: «Riqualificato il fatto di cui al capo B) nel reato di cui all’art. 640 cod. pen., annul senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente a detto capo perché estinto per prescrizione. Rinvia alla Corte di appello di Firenze per la rideterminazione della pena».
2. Avverso tale sentenza n. 31172 del 18/06/2024 della Corte di cassazione, Sesta sezione penale, ha proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME, NOME COGNOME affidato a un unico motivo, con il quale deduce: «messa statuizione, conseguente ad omesso esame, su un motivo di ricorso decisivo, dovuta ad errore di fatto».
Il COGNOME lamenta la mancanza di qualsiasi valutazione e statuizione in ordine al primo motivo di ricorso e deduce che ciò sarebbe il frutto di un errore percettivo sul fatto dell’«impugnazione, con il primo motivo di ricorso, della sentenza nel suo complesso ed in particolare, del capo a) di imputazione, in relazione ai fatti-reato “sopravvissuti” alla decisione della corte territoriale , in punto di omessa sostituzione della pena detentiva».
Dopo avere premesso la tempestività del ricorso straordinario, in quanto il relativo termine di presentazione è anch’esso soggetto alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, e la propria legittimazione a proporlo, in quanto essa si deve ritenere spettare anche alla persona condannata nei confronti della quale sia stata pronunciata sentenza di annullamento con rinvio limitatamente a profili che attengono alla determinazione del trattamento sanzionatorio, il Di NOME rappresenta che: 1) il fatto erroneamente percepito è che «è stato impugnato, con il primo motivo di ricorso (anche) il capo a)»; 2) la Sesta sezione «ha evidentemente escluso tale fatto, non avendo proprio statuito sulla doglianza dedotta con il motivo de quo», «evidentemente dimenticato»; 3) «tale esclusione è espressione di un errore percettivo», in quanto «era (ed è) ravvisabile ictu °culi che il primo motivo di ricorso investisse anche il capo a)»; 4) tale motivo «non può considerarsi implicitamente disatteso»; 5) lo stesso motivo «non può considerarsi assorbito dal terzo» perché «quest’ultimo investiva solo un capo della
decisione mentre il primo tutti , e l’affermazione della Sesta sezione secondo cui la fondatezza del terzo motivo «ha una valenza assorbente rispetto all’esame del primo motivo» (così la sentenza impugnata) «non è espressione di un errore di valutazione ma percettivo», in quanto « talmente illogico, per non dire impossibile, e lo è in modo assolutamente manifesto, che un motivo di impugnazione relativo a un solo capo di una sentenza possa concerne altro che li investe tutti – icasticamente: che una parte possa comprendere l’intero – che una asserzione in tal senso può spiegarsi solo come conseguenza di una autentica svista. Ossia di una errata lettura (rectius: della erronea negazione) del suo presupposto in fatto: la avvenuta impugnazione di tutti i capi della sentenza con il primo motivo di ricorso»; 6) l’indicato errore «è decisivo», in quanto «se il primo motivo di ricorso fosse stato ritenuto fondato o anche (solo) non manifestamente infondato la Corte Suprema avrebbe annullato senza rinvio la sentenza di merito per estinzione dei reati per intervenuta prescrizione anche in relazione al capo a)».
Secondo il ricorrente, anche qualora si adottasse la prospettiva che la Sesta sezione ha ritenuto che, con il terzo motivo, fosse stato «impugnato anche il capo a)», «la sentenza di legittimità si sostanzia comunque in un provvedimento che non ha esaminato una censura decisiva – né sulla stessa ha statuito – in conseguenza di un errore di percezione». Dalla semplice lettura del ricorso risulterebbe infatti come «con il terzo motivo dell’atto sia stato impugnato solo il capo b)», con la conseguenza che, anche ad adottare la suddetta prospettiva, l’affermazione dell’assorbimento dell’esame del primo motivo in ragione dell’accoglimento del terzo motivo «è fallace e dovuta ad una errata lettura dell’atto di gravame che prescinde da qualsiasi valutazione logico-giuridica ed è immediatamente rilevabile».
Il Di COGNOME ribadisce infine la non manifesta infondatezza della doglianza che aveva prospettato con il non esaminato primo motivo, con la conseguenza che, poiché il rapporto processuale si doveva ritenere validamente instaurato con riguardo ai fatti-reato di cui al capo A) dell’imputazione, in relazione ai numeri da 19 a 21, e poiché alla data della celebrazione del giudizio davanti alla Sesta sezione era già maturato il termine di prescrizione degli stessi fatti-reato, in assenza del denunciato errore la Sesta sezione avrebbe annullato senza rinvio la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per aspecificità perché, ancorché la Corte di cassazione, Sesta sezione penale, sia effettivamente incorsa nell’errore di fatto
denunciato, il ricorrente non ha però congruamente specificato, come era suo onere fare, la decisività dello stesso errore.
Preliminarmente, è opportuno rammentare che, come è stato chiarito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza COGNOME, la legittimazione alla proposizione del ricorso straordinario per cassazione a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen. spetta anche alla persona condannata nei confronti della quale sia stata pronunciata sentenza di annullamento con rinvio limitatamente a profili che attengono alla determinazione del trattamento sanzionatorio (Sez. U, n. 28717 del 21/06/2012, COGNOME, Rv. 252935-01).
Rammentato tale principio, si deve ritenere che, nel caso di specie, si sia in presenza di un errore di fatto effettivamente contenuto nella sentenza n. 31172 del 18/06/2024 della Corte di cassazione, Sesta sezione penale.
Si deve in proposito rilevare che: a) il primo motivo del ricorso “originario” del COGNOME, anche in quanto, con esso, era stata dedotta una questione processuale, era pertanto, in tutta evidenza, relativo non solo al reato di cui al capo B) dell’imputazione ma anche al reato di cui al capo A) dell’imputazione (in relazione alle condotte contestate ai numeri da 19 a 21 di tale capo A); b) il terzo motivo dello stesso ricorso “originario”, in quanto, con esso, era stata dedotta una questione di qualificazione del fatto di cui al capo B) dell’imputazione, era relativo soltanto al reato di cui a tale capo B).
Ne discende che, col ritenere che «la fondatezza di tale ultimo motivo», cioè del terzo motivo, «ha una valenza assorbente rispetto all’esame del primo motivo», la Sesta sezione penale è incorsa in una svista nella lettura di tale primo motivo di ricorso, consistita nell’averlo letto come relativo soltanto al reato di cu al capo B) dell’imputazione (e non anche al reato di cui al capo A dell’imputazione), o, comunque, nella svista di avere considerato superflua la decisione sul medesimo primo motivo, laddove il ricorrente aveva invece interesse a tale decisione, atteso che, nel caso in cui tale motivo fosse risultato anche solo non manifestamente infondato, la Corte di cassazione, Sesta sezione penale, avrebbe dovuto rilevare l’intervenuta prescrizione (anche) del reato di cui al capo A).
Accertato, pertanto, che la Sesta sezione penale è incorsa nell’appena evidenziato errore di fatto, si deve rammentare che, alla luce dei canoni interpretativi che sono stati sviluppati dalla Corte di cassazione e che sono divenuti ormai dei principi consolidati (per tutte: Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280-01 e Rv. 221383-01), l’errore di fatto rilevabile in sede di ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen, è solo quello che sia decisivo, nel senso di avere condotto a una decisione incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata se lo stesso errore non fosse stato commesso (Sez. 4, n. 13525 del 21/01/2020, COGNOME, Rv. 279004-01).
Ne discende che è onere del ricorrente, che proponga ricorso straordinario per errore di fatto ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., dimostrare la decisivit dell’errore commesso dalla Corte di cassazione (Sez. 1, n. 391 del 09/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285553-01; Sez. 6, n. 16287 del 10/02/2015, COGNOME, Rv. 263113-01; Sez. 5, n. 20520 del 20/03/2007, COGNOME, Rv. 236731-01).
Nel caso di specie, il ricorrente non ha assolto tale onere, che gravava su di lui, in quanto non ha specificato se il giudizio di appello che si era concluso con la sentenza del 02/05/2023 della Corte d’appello di Perugia fosse stato celebrato: a) con il rito “cartolare”, nel quale caso egli avrebbe senz’altro potuto proporre ricorso per cassazione (impugnando congiuntamente anche la sentenza) dolendosi del silenzio della Corte d’appello in ordine all’esperibilità del subprocedimento di sostituzione della pena detentiva che è previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4772 del 05/10/2023, dep. 2024, A., Rv. 285996-01); b) “in presenza”, nel quale caso l’omesso avviso, da parte della Corte d’appello, della possibilità di sostituire la pena detentiva con una pena sostitutiva doveva essere da lui eccepito immediatamente dopo la lettura del dispositivo e, in mancanza, egli non se ne sarebbe potuto dolere con il ricorso per cassazione (Sez. 2, n. 43848 del 29/09/2023, D., Rv. 285412-02).
Di tutto ciò il ricorrente straordinario non fa neppure menzione, con la conseguenza che egli non si può ritenere avere dimostrato l’asserita decisività dell’errore commesso dalla Sesta sezione penale, in mancanza dell’indicazione del rito con il quale era stato celebrato il giudizio di appello e delle evidenziate vicende rilevanti di tale giudizio, atteso che da tali elementi dipendeva la possibilità stessa di dolersi, con l’originario” ricorso per cassazione, del silenzio della Corte d’appello di Perugia in ordine alla possibilità di sostituzione della pena detentiva e, quindi, anche solo la non manifesta infondatezza, o no, del non esaminato primo motivo del medesimo ricorso “originario”.
Si deve peraltro rilevare che, dall’esame degli atti, risulta che il giudizio d appello si era svolto “in presenza” e che, alla lettura del dispositivo, non era stato eccepito l’omesso avviso della possibilità di sostituzione della pena detentiva, con la conseguenza che, come si è detto, il Di COGNOME non si poteva in realtà dolere della mancanza dello stesso avviso con il motivo di ricorso per cassazione che non è stato esaminato dalla Sesta sezione penale in quanto erroneamente ritenuto assorbito dall’accoglimento del terzo motivo.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di C 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 24/04/2025.