Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26943 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26943 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Lecce il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/09/2023 emessa dalla Corte di Cassazione visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento parziale del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Cassazione, con la sentenza resa da Sez.2, n.41151 del 28/9/2023, dichiarava l’estinzione per prescrizione del reato di minacce (capo B), confermando la condanna per il reato di appropriazione indebita.
Avverso tale sentenza, il ricorrente ha proposto ricorso straordinario per errore di fatto, formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, censura l’errore materiale in cui la Corte di
Cassazione è incorsa nel procedere all’eliminazione della pena applicata in aumento, relativamente al reato dichiarato prescritto, sottraendo dalla pena. complessiva quella di 1 mese di reclusione e omettendo di eliminare l’ulteriore aumento disposto sulla multa.
Rappresenta il ricorrente che, come analiticamente indicato nella sentenza della Corte di appello oggetto di parziale riforma, l’aumento a titolo di continuazione era stato pari a mesi uno di reclusione ed €200,00 di multa, sicchè anche quest’ultima porzione di pena doveva essere detratta, per effetto della dichiarata estinzione per prescrizione.
2.2. Con il secondo motivo, censura l’errore percettivo derivante dall’omessa valutazione della missiva datata 21 luglio 2015, dalla quale emergeva che a quella data il reato di appropriazione indebita si era definitivamente consumato e non alla successiva epoca del 6 ottobre 2015. Per effetto della retrodatazione del tempus commissi delicti, la Corte di Cassazione avrebbe dovuto dichiarare l’intervenuta prescrizione del reato di appropriazione indebita.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato.
In relazione al primo motivo, deve ritenersi che la sentenza impugnata sia effettivamente incorsa in un errore percettivo, lì dove ha indicato che l’aumento disposto a titolo di continuazione relativamente al reato di cui al capo B) era pari a un mese di reclusione. Invero, dalla mera lettura delle sentenze di merito, risulta che l’aumento era stato pari a un mese di reclusione ed euro 200,00 di multa, per effetto del quale la pena complessiva veniva determinata in 3 mesi di reclusione ed €1.000,00 di multa.
Nel caso di specie, deve ritenersi che la Cassazione sia incorsa in un errore percettivo, posto che l’omessa riduzione della pena pecuniaria non è collegata ad alcuna valutazione giuridica, bensì al mero errore compiuto nell’indicazione del quantum di pena applicato a titolo di continuazione.
Ne consegue che all’errore di fatto può esser posto rimedio disponendo la riduzione della pena pecuniaria inflitta nella misura di €200,00, da detrarre a quella complessiva di €1.000,00.
Ne consegue che la pena pecuniaria residua va correttamente determinata in €800,00 di multa.
Il secondo motivo è infondato. Con il ricorso straordinario, infatti, si tende a introdurre una non consentita rivalutazione nel merito del ricorso deciso con l’impugnata sentenza. Il ricorrente ipotizza, invero, che la Cassazione sarebbe incorsa in un mero errore percettivo non’ considerando la rilevanza dirimente del documento, datato 21 luglio 20215, attestante l’avvenuta consumazione del reato di appropriazione indebita.
Invero, tale punto della decisione è stato oggetto di specifica valutazione da parte della Cassazione che, con giudizio non sindacabile sotto il profilo dell’errore materiale, ha giudicato che la questione concernente l’epoca di commissione del reato non poteva essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità, comportando un accertamento in punto di fatto.
In ogni caso, la Corte ha ritenuto che fosse decisivo il «differente momento in cui il NOME manifestò la volontà di non restituire i beni altrui».
Quanto detto, consente di affermare che, nel caso di specie, l’omessa rilevazione della prescrizione del reato nel corso del processo di cassazione non deriva da un errore percettivo dell’organo giudicante, in quanto emerge chiaramente che la valutazione operata dal predetto organo è frutto di un autonomo percorso decisorio che coinvolge specifiche valutazioni giuridiche, la cui dedotta erroneità è insindacabile in questa sede (Sez.3, n. 10417 del 25/2/2020, Tullio, Rv. 279065).
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere parzialmente accolto con riguardo alla sola rideterminazione della pena, non occorrendo a tal fine l’ulteriore rinnovazione del giudizio.
A tal riguardo, deve applicarsi il principio secondo cui, in tema di ricorso straordinario per errore di fatto, disponendo l’art. 625-bis, comma 4, cod. proc. pen. che la Corte di cassazione, se accoglie .la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l’errore, la definizione della procedura non deve necessariamente articolarsi nelle due distinte fasi dell’immediata caducazione del provvedimento viziato e della successiva udienza per la celebrazione del rinnovato giudizio sul precedente ricorso per cassazione, potendosi adottare un’immediata pronuncia della decisione, che, se di accoglimento del ricorso, sostituisce la precedente (Sez.2, n. 48327 del 24/10/2023, COGNOME, Rv. 285586).
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, revoca la sentenza n. 41151 emessa dalla Corte di Cassazione il 28/09/2023 nei confronti di NOME NOME limitatamente alla pena, che ridetermina in mesi due di reclusione ed euro 800,00 di multa.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 16 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente